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Evil West, la recensione su Xbox Series X

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Vampiri, banditi e altre strane aberrazioni vi accoglieranno in Evil West, il titolo della nostra recensione della versione per console Xbox Series X. Abbiamo già apprezzato, in passato, il lavoro svolto dalla software house polacca di Flying Wild Hog’s. Sono loro quelli dietro alla trilogia di Shadow Warrior, che ha saputo guardare negli occhi un colosso come Doom e trovare il modo per non essere etichettato come doomslike.

Questa volta, però, non si tratta di un FPS ma un action RPG in terza persona, ambientato in un selvaggio west dominato da vampiri e da altre creature infernali. Il tutto con una fortissima carica di humour e della sanissima violenza gratuita che sfocia, talvolta, nel gore. Abituati alle avventure dell’eccentrico Lo Wang, vestire i panni di Jesse Rentier non ci spaventa affatto.

Evil West storia

Ad attenderci ci saranno numerose ondate di nemici, che culminano con la presenza di una boss fight caratterizzata da un discreto grado di difficoltà. La progressione del personaggio è guidata dallo scorrere degli eventi, con una facoltà di esplorazione che rasenta lo zero. L’assenza delle secondarie si sente, con un gameplay guidato dalla sola presenza della storia principale, interrotta dalla sola possibilità di trovare manoscritti e dollari.

A rendere l’atmosfera assolutamente unica ci pensano le colonne sonore e livello di definizione grafica che forse è tra i migliori proposti sinora dalla software house polacca. Ogni livello è una libera interpretazione di alcuni momenti importanti della storia americana, con città e luoghi che rievocano le atmosfere del vecchio e selvaggio west. Senza proseguire con la nostra “solita” premessa vi lasciamo alla recensione di Evil West, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console Xbox Series X.

Dal selvaggio west con furore

Non sono tanti i titoli che dichiarano le regole del gameplay “tutte e subito”, ed Evil West rientra in questa eccezione. La formula magica viene svelata nel corso del primo livello, che funge come grande tutorial. I “richiami” avvengono solo in occasione dell’arrivo di nuove armi e/o mostri, ma nulla di trascendentale. Sebbene la carne al fuoco sia tanta, non si ha mai l’idea di essere sommersi da nozioni. Il focus è sempre sul gameplay e rendere l’esperienza scorrevole e mai pesante. Scelta che abbiamo apprezzato oltremodo.

L’anima RPG del gioco non si svela sin da subito. Il “timido” skill tree propone uno sviluppo del personaggio che interessa la resistenza ai danni, il livello di salute e la potenza delle armi. Il concetto di “abilità” gira attorno alla capacità di generare danni rispetto all’arsenale del cowboy ammazzamostri. La possibilità di alternare attacchi fisici e “da sparo” poteva essere una bella idea, che non è stata però resa nel migliore dei modi. Complice un sistema di controlli che, seppur reattivo, non integra al meglio le “catene” tra le due tipologie di attacco, prestando il fianco a dei momenti in cui si va “a vuoto” e si resta alla mercè del mostro di turno.

Evil West mostri

Ogni livello viaggia, più o meno, nello stesso modo. C’è una componente esplorativa che si limita a veicolare il protagonista in direzione obbligate, lasciando piccoli spazi a deviazioni che non portano ad alcuna missione secondaria. Solo monete e qualche manoscritto. I combattimenti seguono una logica “a ondate”, simile in quella vista in Outriders. La zona si chiude con delle pareti invisibili e si combatte sino all’eliminazione dell’ultimo nemico.

La storia c’è ma non è nulla di eccezionale. Clichè già scontati presi in prestito dal mondo del cinema, dove l’unica nota positiva arriva da un comparto artistico che offre delle libere interpretazioni della storia. Con quegli ultimi cowboy che proteggono l’ascesa degli Stati Uniti d’America dalla minaccia di un gruppo di vampiri guidati dal temibile Peter d’Abano.

Creatività da vendere, ma non basta

Evil West è un action RPG dai ritmi piuttosto intensi, con momenti di violenza gratuita accompagnati da uno stile che, tutto sommato, è piuttosto funzionale al contesto di gioco. Le colonne sonore, a metà tra Django e Dal Tramonto all’Alba, aiutano a (ri)trovare sempre quella verve che si perde sin dai primi momenti di gioco. Il fattore ripetitiva, purtroppo, non lascia scampo. È inevitabile, visto e considerato che, tolte le ambientazioni e le diverse missioni, la logica del wave system fisiologicamente comporta l’insorgere di questo annoso problema.

La possibilità di giocare in co-op è un buon pretesto per evitare di finire dentro l’apatia e rinnovare l’interesse per il gioco, anche se ci rendiamo conto che si tratta solo di una mera illusione che svanisce già dopo le prime partite. Il vero dilemma è l’assenza di attività secondarie, utili per uscire dalla gabbia delle “principali”. Con uno sviluppo del personaggio piuttosto obbligato, il mordente arriva dall’evoluzione dell’outfit di Jesse. Pura “ignoranza” in salsa western.

Evil West gameplay

Dobbiamo, invece, elevare agli onori della cronaca tutto il comparto artistico di Evil West. Il lavoro di ricerca e sviluppo, in tale ambito, è decisamente servito a costruire un contesto credibile e assolutamente originale. Due aspetti che, oggi giorno, si faticano a trovare in un videogioco degno di questo nome. Per quanto la formula di gameplay sia diventata scontata ancor prima di giungere alla metà dell’esperienza, vi confessiamo che non vediamo l’ora di rituffarci in un futuro secondo capitolo del gioco.

La prova generale non è stata superata a pieni voti, ma siamo sicuri che quelli di Flying Wild Hog’s faranno tesoro da questa uscita sul campo. Il talento, allo studio polacco, non manca. La trilogia di Shadow’s Warrior ha avuto “gli attributi” per sfidare nientepopodimeno che un mostro sacro come Doom, e non è uscita con le ossa rotte. Questi ragazze e ragazzi sanno il fatto loro e non fanno mai il passo più lungo della gamba. E noi lo apprezziamo e non vediamo l’ora di rituffarci nel vecchio e selvaggio west.

Evil West armi

In conclusione

Evil West è la prova che dimostra, ancora una volta, come una bella idea – se sviluppata in maniera corretta – ha il potenziale per costruire una serie. A nostro avviso quelli di Flying Wild Hog’s ci sono riusciti, anche se la prima uscita sul campo ha qualcosa da rivedere. Le dinamiche di gameplay non lasciano scampo all’insorgere della ripetitività, arginata da un comparto artistico degno di nota. Il wave system e lo sviluppo “essenziale” del personaggio non forniscono, purtroppo, dei validi stimoli per evitare l’apatia da “more of the same”. 

Nonostante questo il contesto creato è originale, e fornisce più di un pretesto per guardare oltre. La storia poteva, forse, contenere qualche colpo di scena in più. I personaggi, compreso l’imperturbabile Jesse Rentier, sono tutti azzeccatissimi e sono funzionali a creare quel link emozionale che ci spinge a desiderare un seconda avventura. Magari più “profonda” di questa, magari con un budget di sviluppo ben più alto di questo. Ad un passo dal TGA 2022 una nomination la poteva forse pure strappare. 

Football Manager 2023, la recensione su PC

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Ci accompagna da oltre 20 anni, e come di consueto arriva il momento di Football Manager 2023, il titolo di questa nostra recensione della versione PC. Un appuntamento fisso, una ricorrenza da segnare nel calendario, un evento da celebrare e che ci spinge a cancellare tutti i nostri impegni per qualche giorno (laddove possibile, si fa per dire). Sports Interactive ci presenta il suo gioiellino con le dovute e richieste novità. Sappiamo bene quanto la community “coccoli” il manageriale di calcio della software house inglese, forse tra i titoli che più annovera un seguito così nutrito a livello di fan.

Non vi aspettate, però, degli stravolgimenti epocali. Quelli non rientrano più nei piani triennali entro cui sembra muoversi lo sviluppo del titolo. Dopo l’edizione che propone il “big update”, le altre inseguono il percorso già tracciato con degli interventi utili ma non strutturali. Quest’anno, infatti, lo scossone arriva con l’inserimento delle licenze ufficiali delle competizioni europee. Finalmente la Champion’s League, l’Europa League e l’UEFA Europa Conference League regaleranno dei momenti unici nel corso della settimana calcistica di ogni allenatore. Un nuovo mordente per puntare alle competizioni “che contano”.

football manager 2023 licenze

Il mercato vede un miglioramento sensibile del ruolo dell’agente, che passa da parte passiva ad attiva nel corso di una trattativa. Sempre in ottica mercato, ma con uno sguardo anche alla gestione della rosa, si dimostra interessante la presenza della nuova feature dello Squad Planner, un’area in cui è possibile analizzare il potenziale dei giocatori e vedere come si “sposano” all’interno di una o più tattiche. Un occhio di riguardo è stato riservato anche al ruolo della tifoseria, che mette il manager di turno tra l’incudine e il martello. La temibile scure non è più nelle mani della sola dirigenza, anche il pubblico reclamerà la nostra testa se la squadra non gira.

Bene, il tempo per le consuete premesse sembra essere arrivato al termine. Senza dilungarci oltre, vi lasciamo alla nostra recensione di Football Manager 2023, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per PC (Steam).

Un futuro da pianificare

In Football Manager 2023 non vestiamo solo i panni di un allenatore “all’italiana”, ma siamo dei veri e propri manager in stile Sir. Alex Fergusson. Gli aspetti da controllare sono molteplici, dal mercato al monte ingaggi, sino ad arrivare alla gestione della tattica e dello spogliatoio. Si passa dalla giacca e cravatta alla tuta in maniera continua e costante, il tutto tenendo a mente sempre i traguardi che la dirigenza ci ha imposto di raggiungere.

In questa baraonda è molto facile perdere la bussola e non sapere più il “perché” e il “per come” di alcune nostre scelte, anche in ottica mercato. La foga di correre ad acquistare è insita in ogni manager che ha fame di successi e vittorie, e talvolta può diventare controproducente nell’economia della stagione. La regola base è sempre la stessa: mai fare il passo più lungo della gamba.

football manager 2023 match grafica

Per evitare passi falsi Sports Interactive ha introdotto in Football Manager 2023 questa nuova feature dove e possibile fare delle proiezioni rispetto alla rosa e al modulo di gioco scelto. Appena approdiamo in un nuovo team veniamo bombardati di messaggi e rapporti che non consentono una visione d’insieme rispetto alla rosa da gestire. Sinora si è sempre ragionato sui singoli e mai in un contesto d’insieme. Adesso tutto questo è possibile, con tanto di proiezioni verso il futuro.

L’aspetto, però, che più ha destato il nostro interesse è la possibilità di riorganizzare la rosa secondo una matrice di esperienza e prospettive di crescita. Questo, a nostro modesto avviso, è il volano perfetto per la costruzione di un team che vede giocatori affermati prendere per mano i giovani e guidarne la loro crescita. Un aspetto molto a cuore alla community del manageriale di calcio e che gli sviluppatori non hanno mai abbandonato in questi anni, sino alla perfetta celebrazione del momento con l’introduzione di questo Squad Planner.

Non solo licenze ufficiali

Il sogno di ogni allenatore è quello di sentire la “musichetta” della Champion’s League non solamente dallo schermo, ma in campo respirando l’atmosfera delle gare che aspetti da una vita. Football Manager 2023 ci farà provare questa emozione, magari dopo una carriera iniziata con la Pro Vercelli e il caldissimo pubblico del Silvio Piola. Chi vi scrive pratica questo rituale da ormai più di vent’anni a questa parte, sognando sempre in grande.

Un sogno che adesso coincide con le competizioni europee. La presenza delle licenze ufficiali della Champion’s League, l’Europa League e l’UEFA Europa Conference League – oltre quelle di alcuni grandi club italiani ed europei in genere – arricchisce ulteriormente l’offerta contenutistica di questo nuovo capitolo del manageriale di calcio edito da Sports Interactive. Sin dal fatidico giorno del sorteggio, il contesto delle Coppe si tinge di nomi e colori ufficiali, senza le fisiologiche omissioni di questi ultimi anni.

football manager 2023 squad planner

In tutto questo ben di Dio, c’è un piccolo fattore che quest’anno definire determinante è un eufemismo. Si tratta della tifoseria, da sempre una presenza costante in ogni Football Manager ma che non ha mai avuto un ruolo attivo ai fini dell’esperienza finale. Quest’anno la musica cambia di parecchio. Siamo, infatti, costretti ad ascoltare gli umori dei sostenitori del club, che non sempre coincidono con quello che si aspetta la dirigenza dal nostro operato. Una situazione che ci mette nella scomoda posizione tra l’incudine e il martello.

Una tifoseria che assume delle connotazioni diverse a seconda della categoria in cui vi trovate. Torniamo sempre alla nostra amata Pro Vercelli e alle 5.500 persone che animano il giorno partita e non solo. È importante conoscere il calore di questa tifoseria, anche per capire che tipo di allenatore dobbiamo essere. Lo stadio è un grande teatro dove noi siamo i registi dello spettacolo. Chiedetelo a Jose Mourinho, Jurgen Klopp e Pep Guardiola, che vanno oltre il ruolo del manager diventando dei veri e propri trascinatori.

Piccoli update e grandi esclusi

Come ogni anno non possiamo dire di essere pienamente soddisfatti. Football Manager 2023 propone degli update che investono alcune aree del titolo più di altre, tralasciando alcuni aspetti che meritano, a nostro avviso, un intervento già da qualche anno a questa parte. Tutto il marketing e il business legato alla gestione del team vengono subiti passivamente in fase di gioco. Non abbiamo alcuna voce in capitolo sulla costruzione di un eventuale campus per far crescere i campioni del futuro, veicolare le vendite del merchandising e la possibilità di gestire un team esports. Sono solo esempi di quello che non possiamo fare, aspetti che non sembrano minimamente interessare agli sviluppatori.

Graficamente non siamo ancora ai livelli prestazionali grafici che si potrebbero idealmente raggiungere con le potenzialità delle attuali schede grafiche. Non vogliamo un qualcosa in stile FIFA 23 ed eFootball 2023, ma qualcosina di più si potrebbe fare. Le animazioni sono migliorate, così come l’AI e i movimenti in genere. Purtroppo, succedono ancora delle cose inspiegabili, con portieri che compiono dei movimenti scellerati a prescindere dalle loro stats. E poi c’è ancora il solito momentum del post campionato d’inverno, con l’immancabile serie di risultati negativi che veicolano la nostra frustrazione in direzione poco rassicuranti.

football manager 2023 recensione pc

Interessante, invece, il rinnovato ruolo dell’agente del giocatore, con cui imbastire delle vere e proprie guerre fredde per ottenerne il cartellino. Si deve passare da lui per tentare di portare a casa la stella del futuro o il campione del momento, uno sbarramento fatto di strategie e concessioni. Non si ottiene nulla per nulla, ma non è detto che usciremo sconfitti dalla battaglia, non se pendiamo troppo dalle labbra dall’aspirante Raiola (pace all’anima tua buon Mino).

E poi un giusto riconoscimento al “mazzo” che ci siamo fatti nel corso della stagione – e della nostra carriera in genere – arriva dalla Timeline del Manager. Un momento in cui analizzare, a bocce ferme, quanto sinora costruito, ricordando gli alti ma anche i bassi, le difficoltà, le sfide e comprendere come tutto è cominciato. Utile alla fine della stagione, ma anche quando la fortuna sembra averci voltato definitivamente le spalle. Il mestiere del manager non è cosa facile, indi per cui un bello specchio è sempre utile.

football manager 2023 visione societaria

In conclusione

Contenti o delusi? Come sempre ogni edizione ci lascia soddisfatti a metà, con novità che interessano alcune aree specifiche del gameplay, lasciando inesplorati settori che meritano già da qualche anno interventi importanti. Football Manager 2023 si concentra sul ruolo dell’agente e sulla riorganizzazione della costruzione della rosa nel breve-medio-lungo termine. La presenza, inoltre, delle licenze ufficiali delle competizioni UEFA arricchisce ulteriormente l’offerta contenutistica, con contesti e situazioni che assumono delle connotazioni reali. 

Gotham Knights: arrivano due nuove modalità, Attacco eroico e Scontro

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Warner Bros. Games e DC hanno annunciato l’arrivo di due nuove modalità per Gotham Knights, Attacco eroico e Scontro, che sono già disponibili come aggiornamento gratuito per chiunque possieda il gioco.

Attacco eroico è una modalità cooperativa online che permette ai giocatori di unire le forze in squadre da quattro e avventurarsi nei sotterranei di Gotham City per affrontare i nemici e completare sfide in 30 piani ricchi di azione. Questa modalità presenta una nuova minaccia che è all’origine del caos: la forma di vita aliena super avanzata nota come Starro il Conquistatore, nonché lo straordinario ibrido metà uomo-metà pipistrello Man-Bat, che è sotto il controllo di Starro.

Scontro è una modalità cooperativa online per due giocatori in cui si possono affrontare le versioni potenziate dei supercriminali DC principali del gioco, come Mr. Freeze, Harley Quinn, Clayface e Talia al Ghul. Sconfiggendo questi boss nella modalità Scontro i giocatori otterranno nuovi progetti per l’equipaggiamento leggendario e colorazioni uniche per costumi e Batmoto per ogni nemico sconfitto.

Attacco eroico e Scontro sono modalità cooperative online indipendenti accessibili come aggiornamento gratuito per tutti i possessori di Gotham Knights. La modalità Attacco eroico diventa disponibile una volta raggiunto il Case File 05 nella campagna principale, mentre la modalità Scontro si sblocca una volta che i giocatori sconfiggono il boss nei Case File di ciascun criminale principale. Per ulteriori dettagli sulle nuove modalità, visita la pagina dedicata alle domande frequenti.

Sviluppato da Warner Bros. Games Montréal, Gotham Knights è disponibile per PlayStation 5 (PS5™), Xbox Series X|S e PC e include i personaggi della Bat-famiglia: Batgirl, Nightwing, Cappuccio Rosso e Robin. Una nuova generazione di supereroi DC altamente addestrati che dovranno dimostrarsi all’altezza del ruolo di protettori di una Gotham City sempre più vulnerabile in seguito alla morte di Batman. I giocatori dovranno risolvere i misteri che collegano i capitoli più oscuri della storia della città, cimentandosi in epici scontri con famigerati supercriminali e affrontando una serie di sfide mentre sviluppano la loro personale versione del Cavaliere Oscuro.

Il trailer di Gotham Knights – Attacco eroico e Scontro

The Devil in Me, la recensione su PS5

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La serie di The Dark Pictures Anthology si arricchisce con un nuovo capitolo, The Devil in Me, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Rispetto alle nove avventure promesse da SuperMassive Games siamo a quota 4, portando a termine la prima stagione e in attesa di una seconda che, al momento, non è ancora inserita in calendario. I questi 4 capitoli, il papà di Until Dawn – salvo una brevissima parentesi con The Quarry – ha sviluppato una storia episodica dove l’unico filo conduttore è stata la presenza del Curatore.

Ogni capitolo vive e muore, con un tema a farne da padrone e una storia che lambisce fatti reali ma liberamente interpretati. Man of Medan ci ha portato a bordo della SS Ourang Medan, Little Hope ci proietta ai tempi della caccia alle streghe, House of Ashes, infine, disvela nelle viscere della terra l’esistenza della mitologica Babilonia. Il pretesto “storico” è un modo intelligente per coinvolgere il giocatore in qualcosa che conosce e che appartiene alla realtà.

the devil in me trama

The Devil in Me, al pari dei precedenti 3 capitoli, ci vuole raccontare una storia, quella del primo serial Killer americano. 27 omicidi a lui imputati, anche se si ritengono molti di più, quasi tutti commessi all’interno del suo castello degli orrori, il World’s Fair Hotel. Il gioco inizia, come di consueto, con un prologo di matrice storica che ci ricongiunge ai giorni nostri. Solo un modo per introdurci nel contesto degli eventi di questo quarto capitolo della serie The Dark Pictures Anthology.

Concludiamo, quindi, questa Season 1 esplorando una nuova dimensione della paura. Come sempre, ogni nostra scelta porterà a delle conseguenze, che, sommate tra loro, condurrano ad uno dei diversi finali previsti. Senza perdere ulteriore tempo, vi lasciamo alla nostra recensione di The Devil in Me, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.

Prime impressioni: Un escape game mortale

È passato poco più di anno dall’ultima avventura di House of Ashes. Il terzo capitolo della saga The Dark Pictures Anthology, con un biglietto di sola andata verso le profondità della terra, aveva toccato il genere sci-fi/horror, aprendo la strada verso il cruento. La trama apparve “scontata” sin dalle prime battute, con quei mutaforma che all’inizio sembravano degli strani vampiri ma che poi si sono rivelati tutt’altro.

Ora il nemico è un “solo” uomo, o meglio il remake di un altro realmente esistito. Non andiamo oltre su quest’aspetto, onde evitare sgradevoli spoiler, ma l’idea di avere a che fare con un serial killer all’interno di un escape game è molto allettante. Il ricordo è andato al mitico SAW L’enigmista, anche se la componente psicologica non è così preponderante come la pellicola di James Wan.

Qui è tutto molto più semplice. Fai delle scelte e beccati le conseguenze. L’ansia da prestazione viene enfatizzata da alcuni graditi ritorni come il controllo del battito cardiaco e le sequenze in cui non si deve far rumore per attirare l’attenzione del carnefice. L’aggiunta di peso è data dai momenti stealth, dove ci si deve nascondere per evitare sguardi che possono decretare la nostra fine anzitempo.

the devil in me HH Holmes

La prima parte del gioco, quella in esterna, ha attirato tutta la nostra attenzione sotto il profilo artistico. La cura dei dettagli, e la fotografia degli scenari in genere, è tra le migliori dei 4 capitoli. Fuori concorso, se la gioca sicuramente con The Quarry. Quello che ci è piaciuto forse meno sono stati i movimenti dei protagonisti, troppo legnosi e talvolta poco verosimili. Ed è qui che si è compreso come questa Season 1 sia arrivata “stanca” al suo capitolo finale.

Contesto di gioco: Le forme della paura

The Devil in Me ci fa rivivere, in chiave assolutamente moderna, quelle che accadde all’interno del World’s Fair Hotel. Un tale di nome Granthem Du’Met, all’apparenza presentatosi come un misterioso benefattore, invita tutta la crew della Lonnit Entertainment nella sua residenza sita su un’isola vicino alle coste del lago Michigan. Il sig. Du’Met è un collezionista di artefatti e cimeli appartenenti al noto serial killer H.H. Holmes, e l’idea di poter girare un episodio della loro serie dedicata ai famosi omicidi alletta quasi tutto lo staff.

Forse più per denaro che per puro spirito di avventura, il gruppo capitanato dall’introverso Charlie Lonnit si imbarca verso quella che potrebbe essere la fine anticipata del loro programma televisivo. È chiaro sin da subito che qualcosa non torna. Il sig. Du’Met sembra nascondere qualcosa e il contesto dell’isola è tutto fuorché idilliaco. La più sveglia del gruppo, la reporter Kate Wilder, capisce subito che c’è molto di più di quello che sembra.

The devil in me dimensione artistica

La formula del survival horror, in questa occasione, viene somministrata in formato escape game. Sinora si era rimasti in un qualcosa che era legato alla parte esplorativa. Volendo trovare delle similitudini con qualcosa che conosciamo molto bene, il contesto è simile a quello di Resident Evil, meno la componente fantastica dei diabolici enigmi. Il tutto va pesato nell’economia della stagione 1, ricordando quanto visto nei primi 3 episodi.

Supermassive Games si è limitata a non stravolgere mai le dinamiche di gameplay ma solo ad effettuare dei piccoli fix tra un capitolo e l’altro. Di contro si è spesa oltremodo per realizzare sempre una storia convincente quanto credibile, con personaggi in grado di rendere al meglio. Tolto Man of Medan, Little Hope e House of Ashes, hanno evidenziato un breve declino della componente creativa. The Devil in Me interrompe questo trend negativo ma senza grossi scossoni. Non vi aspettate gli stessi scary moment vissuti all’interno della SS Ourang Medan.

Gameplay: Alcune novità sì, ma non troppe

The Devil in Me, al pari dei suoi predecessori, propone un gameplay basato sulle dinamiche del causa-effetto. Ad ogni nostra azione corrisponde una conseguenza, che può manifestare i suoi effetti nell’immediato ma anche nel lungo termine. Vi sono diversi fattori da tener presente prima di capire se una scelta fatta ci porta all’effetto desiderato, ma non esiste mai una “scelta giusta”. Si prende una decisione e si attende l’esito, bello o brutto che sia.

Non vale nemmeno il discorso legato al personaggio principale, visto che morto un papa se ne fa un altro. È quasi impossibile non simpatizzare per uno piuttosto che un altro, come anche individuarne qualcuno non necessario per lo svolgersi degli eventi. Resta il fatto che le relazioni e i connotati caratteriali giocano un ruolo fondamentale per l’interazione tra i vari protagonisti della storia. Non siamo ancora ai livelli di un’intelligenza artificiale in grado di interpretare i comportamenti, magari nella season 2 qualcosa cambia.

the devil in me grafica

I Quick Time Event tornano più in forma che mai. In alcuni momenti verrà richiesto uno sforzo ai nostri riflessi affinché si raggiunga un determinato obiettivo. Non è detto che però la nostra bravura venga premiata con un qualcosa di non doloroso. A volte, infatti, è meglio perdere che trovare. Lasciando da parte modi di dire e luoghi comuni, è interessante la presenza dei momenti stealth, un qualcosa di già visto in House of Ashes e a tratti in The Quarry.

Tra le assolute novità troviamo la possibilità di evitare gli sguardi indiscreti, nascondendosi o celando la propria presenza. Può sembrare, passateci il termine, una “fesseria” ma il tutto diventa coerente quando c’è la propria vita in gioco. Sicuramente, nelle sessioni in esterna assume una connotazione diversa rispetto ai momenti claustrofobici del tremendo escape game che ci attende dentro la residenza del sig. Du’Met.

Dimensione Artistica: Bene, ma non benissimo

Un crescendo sotto il profilo grafico, ma per il resto vi sono ancora alcuni grandi interrogativi che necessitano una risposta rapida. The Devil in Me ci porta a fare questa considerazione, al netto delle tre precedenti esperienze. La nuova generazione di console è servita, senza ombra di dubbio, ad enfatizzare le doti realizzative di Supermassive Games. I comparti grafico e sonoro dell’intera saga sono ineccepibili, e sappiamo tutti quanto queste componenti incidano in un survival degno di questo nome.

Se da una parte il “progresso” è servito ad allietare il palato del gamer esigente, da una altra vi sono degli aspetti che inspiegabilmente sono rimasti tali senza interventi correttivi. Le animazioni, in primis, appaiono piuttosto datate e talvolta anche poco verosimili. Stesso discorso vale per la mimica facciale e gli sguardi, che non sembrano minimamente far trasparire l’enfasi del momento. La sequenza iniziale, sotto questo aspetto, ci regala dei momenti piuttosto dubbi.

The devil in me finali gioco

Arrivati al termine della stagione, e senza essere intervenuti su questi aspetti (elementi già noti in Man of Medan), fa capire come la saga sia arrivata “stanca”, o quanto meno con la voglia guardare oltre. Lo abbiamo visto in Life is Strange: True Colors come questo dettaglio serva a concretizzare al meglio il fattore immersione e vivere ogni momento di gioco. Un survival non può non tener conto di questo aspetto e la Season 2 deve, senza ombra di dubbio, intervenire nel migliore dei modi.

Le sequenze in esterno regalano degli scenari che ci hanno fatto tornare in mente quanto visto in The Quarry, seppur il titolo non appartenesse alla saga di The Dark Pictures Anthology. Quell’isola con il faro è stato è un bel tributo alla terrificante esperienza vissuta nel campeggio estivo di Hackett’s Quarry. Una cura dei dettagli sopra le righe, d’altronde sotto questo aspetto, Supermassive Games non ci ha mai deluso.

The devil in me gameplay

In conclusione

Giunge il momento di tirare le somme rispetto alla nuova esperienza con il quarto capitolo della saga The Dark Pictures Anthology. The Devil in Me, come i suoi predecessori, si affida alla storia per raccontare una storia. Questa volta al primo serial killer americano, che ritorna ai giorni nostri con un efferatezza che lascia basiti. Quell’ondata cruenta che aveva toccato le coste di The House of Ashes, diventa una marea in questo nuovo episodio. Scelta che ci sembra giusta, anche rispetto alla tematica trattata. 

Ma non basta affidarsi, solo, al gore ed alla violenza per stimolare l’interesse del pubblico. Gli scary moment mancano già da qualche capitolo a questa parte, e la cosa non è un bene per un survival horror. Bene il gameplay che introduce alcune nuove dinamiche dall’aspetto molto interessante. Un po’ meno le animazioni dei personaggi, che richiedono un intervento di restyle non indifferente. Dimensione artistica, invece, sempre al top della forma. 

Crash Bandicoot 4: It’s About Time sbarca su console nex-gen

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Il marsupiale arancione più amato del mondo è sbarcato su PlayStation 5, Xbox Series X|S e Nintendo Switch grazie alla nuova versione next-gen di Crash Bandicoot 4: It’s About. E non è tutto: il 26 marzo arriverà infatti anche la versione PC su Battle.net!

In occasione del lancio di Crash Bandicoot 4: It’s About Time sulle nuove piattaforme, Activision Blizzard, Inc. (NASDAQ: ATVI) sta preparando un evento speciale per il 25° anniversario di Crash! Nella prima di molte celebrazioni per festeggiare questo speciale compleanno i giocatori potranno accedere gratuitamente alle skin Bare Bones per Crash e Coco, disponibili al completamento del secondo livello del gioco.

I giocatori di PlayStation 5 e Xbox Series X|S si troveranno di fronte a iN.credibili immagini in qualità 4K a 60FPS, per ammirare ogni dettaglio del mondo popolato da Crash  coi suoi amici e nemici. I possessori di console next-gen godranno di tempi di caricamento più rapidi, inoltre grazie all’audio 3D potranno immergersi completamente nel gioco, saltando direttamente nell’atmosfera frenetica dei livelli di gioco. Chi possiede, in particolare, una PlayStation 5 potrà divertirsi grazie ai controller DualSense ed i suoi sensibilissimi pulsanti trigger per un gameplay ancora più immersivo. Inoltre, la funzione Activity Card per PS5 permetterà ai giocatori di analizzare i propri progressi in ogni livello, fornendo una guida specifica per raggiungere obiettivi e molto altro. Xbox Series X|S utilizzerà invece la modalità Smart Delivery, la quale consente agli utenti di giocare la versione appropriata di Crash a seconda della console utilizzata. Il divertimento, inoltre, non si ferma qui! La festa arriva infatti anche su Switch, permettendo ai fan di giocare a Crash Bandicoot 4: It’s About Time ovunque essi vogliano.

realme sarà protagonista della Milan Games Week 2022

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realme, il brand di smartphone in più rapida crescita in Europa, sarà protagonista della Milan Games Week 2022 dal 25 al 27 Novembre 2022 a Rho Fiera Milano grazie alla collaborazione con il team di e-sport PSC. Durante l’intera durata della fiera sarà possibile provare, giocando anche online ad alcuni popolari mobile games, alcuni dei dispositivi di punta targati realme come realme GT 2 Pro, realme 9 Pro+, realme GT Neo 3 150W, realme 10 e molti altri all’interno dello stand PSC, Padiglione 20 – G28.

Inoltre, in occasione della partecipazione alla popolare fiera e grazie alla partnership con PSC, realme lancia la realme Cup, torneo che vedrà gli utenti sfidarsi al famoso gioco online Call of Duty in versione mobile, che inizierà ufficialmente in occasione della Milan Games Week e darà la possibilità ai vincitori di aggiudicarsi fantastici prodotti e gadget griffati realme.

La realme Cup

La piattaforma protagonista della realme Cup sarà COD Mobile in modalità Battle Royal Duo, uno dei giochi più popolari e avvincenti del momento. Le iscrizioni al torneo, completamente gratuito, saranno aperte a partire dal 25 novembre alle ore 20 sul sito www.pscesports.org/realmecup e sull’app ufficiale di PSC e si chiuderanno il 3 dicembre alle ore 20.

Il torneo prevede una prima fase di qualifiche aperta a tutti i player iscritti che si terranno dalle 21 alle 22:30 nei giorni 5 e 7 dicembre, mentre le tappe ufficiali della disfida saranno in data 12, 14, 19 e 21 dicembre, nella medesima fascia di orario. Tutte le sessioni saranno trasmesse in live streaming su Facebook al seguente link: https://www.facebook.com/gaming/GS991tv.

I vincitori del torneo e anche un fortunato spettatore, verranno premiati con numerosi prodotti realme come il nuovo smartphone lanciato dall’azienda, realme 10, e le nuove cuffie realme Buds Air 3, oltre a gadget personalizzati.

IIDEA annuncia gli appuntamenti alla Milan Games Week & Cartoomics 

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IIDEA, l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, annuncia oggi gli appuntamenti che la vedranno presente in prima persona alla prossima edizione di Milan Games Week & Cartoomics che quest’anno animeranno i padiglioni di Fiera Milano Rho dal 25 al 27 novembre.

Anche quest’anno IIDEA sarà presente all’evento per supportare gli studi di sviluppo indipendenti italiani, che potranno esporre i loro lavori all’interno di Indie Dungeon, lo spazio in cui i portabandiera del game development tricolore potranno far scoprire agli appassionati di videogiochi e addetti ai lavori il frutto delle loro fatiche creative. Nell’area all’interno del padiglione 20, in particolare, saranno presenti anche gli studi di sviluppo selezionati tramite il Bando Indie 2022BR Digital con IMAGO: Beyond the NightmaresOne O One Games con Fury Roads SurvivorMiddle Finger Entertainment con Eraze That!Open Lab con Roller DramaFantastico Studio con Circle Of FootballOrbital Games con Basket PartyOperaludica con Dragonero – L’ascesa di DraquirTrinity Team con Bud Spencer & Terence Hill – Slaps And Beans 2 e Tiny Bull Studios con Omen Exitio: 1927.

Visitando Indie Dungeon si potranno inoltre vedere dal vivo le ultime creazioni di numerosi altri studi: Crystalia Games con Music Store SimulatorRovida Games con VERSEZEROSeaRing Team con SeaRingThe Fox Software con Active Soccer 2023Glasshouse Studios con GlasshouseGiulychu Game Developer con Project: A.R.M.Commodore Industries con Steel Saviour Reloaded, Kid Onion Studio con  River Tails: Stronger Together, Panik Arcade con Yellow Taxi Goes Vroom, A Few Rounds Games con Umbral Core, Dark Tower Interactive con Ascent Project e Jollypunch Games con RoboDunk. Sarà possibile scoprire anche i 5 videogiochi finalisti del Red Bull Indie Forge, il progetto dedicato agli studi di sviluppo indipendenti italiani realizzato da Red Bull in collaborazione con IIDEA per sostenere concretamente l’ecosistema dello sviluppo di videogiochi in Italia e dare linfa vitale all’industry e visibilità ai talenti che operano nel nostro paese. Saranno presenti quindi Safe Place Game Studio con Venice 2089, CINIC Games con Extra Coin, Bad Seed con Crime ‘O Clock, Yonder con Caracoles e Green Flamingo con Spanky’s Battle Swing.

Indie Dungeon sarà anche uno show quotidiano sul Main Stage di Milan Games Week & Cartoomics: durante i giorni della manifestazione sarà infatti possibile assistere ai talk di alcuni dei principali studi di sviluppo italiani, che racconteranno la loro esperienza e incontreranno gli appassionati. Gli appuntamenti, che si terranno al padiglione 16, saranno con Ubisoft Milan che venerdì 25 alle ore 12.15 racconterà le storie dietro a Mario + Rabbids Sparks of Hope, con RaceWard Studio che venerdì 25 alle 13.45 parlerà di un titolo non ancora annunciato, con Reply Game Studios che sabato 26 alle ore 10.45 parlerà di Soulstice,  con Jyamma Games che sabato 26 alle ore 11.30 dirà la sua su Enotria The Last Song e con Stormind Games che domenica 27 alle ore 10.45 porterà l’esperienza nella realizzazione di Batora: Lost Haven. Inoltre, venerdì 25 alle 14.45 sullo Stage eBay nel padiglione 12 interverrà Operaludica per raccontare il videogioco Dragonero – L’ascesa di Draquir insieme ai creatori della serie a fumetti Dragonero, Stefano Vietti e Luca Enoch.

Call of Duty: Warzone 2.0 protagonista alla Milan Games Week  

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Fin dalla sua uscita Call of Duty: Warzone è diventato un’icona della cultura pop, appassionando milioni di giocatori – i fan della saga ma anche chi si avvicinava per la prima volta all’universo di Call of Duty. Poco più di due anni e mezzo dopo, è arrivato il secondo e attesissimo capitolo: il 16 novembre, infatti, Warzone 2.0 è approdato sugli schermi dei videogiocatori di tutto il mondo in una veste completamente rinnovata e sempre free-to-play.

Sfida eroica alla Milan Games Week

Per quello che si preannuncia come uno dei lanci più importanti dell’anno, Activision e Sony Interactive Entertainment Italia sono orgogliose di presentare: Heroes of Warzone 2.0 presented by PlayStation, un grande appuntamento dedicato alla community che si terrà venerdì 25 novembre sul main stage della Milan Games Week, all’insegna del PLAY HAS NO LIMITS.

Presentato da Fabio Rovazzi, lo spettacolo vedrà sulla scena i tre streamer Moonryde, Velox e HontasG, che saranno i capitani di altrettante squadre, ognuna formata da quattro player, che avranno così l’opportunità di essere allenati dai loro eroi e andranno a sfidarsi giocando nella nuovissima mappa Al Mazrah su PlayStation®5 (PS5™), con l’obiettivo di diventare i prossimi top streamer di Warzone 2.0. La squadra vincitrice sarà chiamata ad affrontare una battaglia finale insieme ai tre capitani e a Fabio Rovazzi.

Oltre che a Rho Fiera Milano, sede della Milan Games Week, sarà possibile seguire l’evento a partire dalle 14:30 del 25 novembre sui canali Twitch di PlayStation Italia, Moonryde, Velox  e HontasG. Anche la community avrà l’opportunità di partecipare a questo momento unico, entrando in prima persona nella storyline dell’evento. Tutto quello che bisognerà fare è inviare la propria miglior giocata in Warzone 2.0, effettuata su su piattaforma PlayStation, PS4 o PS5, con l’hashtag #HeroesofWarzone2.

Livestream per la formazione dei team il 21 novembre   

L’evento della Milan Games Week sarà anticipato da un momento fondamentale: quello della formazione delle squadre. Il 21 novembre dalle 21:30, infatti, sul canale ufficiale Twitch di PlayStation Italia, andrà in onda una livestream in cui Moonryde, Velox e Hontas, accompagnati da Rovazzi, sceglieranno i membri del proprio team tra gli streamer che sono stati invitati a candidarsi inviando le loro migliori giocate effettuate nel nuovissimo Warzone 2.0, rigorosamente su piattaforma PlayStation®. I capitani saranno chiamati a formare il proprio team rispettando una particolare condizione: la selezione dei giocatori sarà basata esclusivamente sul gameplay che verrà mostrato il 21, senza conoscere l’identità dell’autore di ogni singola giocata.

È quindi tutto pronto per rendere il lancio di Warzone 2.0 davvero memorabile. Appuntamento al 21 novembre per scoprire i membri dei team di Moonryde, Velox e Hontas, che si sfideranno poi nell’imperdibile evento del 25 novembre alla Milan Games Week.

Street Fighter 6 in anteprima in Italia Milan Games Week & Cartoomics

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Capcom e il partner distributivo PLAION, sono lieti di annunciare che i giocatori potranno provare per la prima volta in anteprima in Italia Street Fighter 6, su console PlayStation 5 (PS5), in occasione di Milan Games Week & Cartoomics dal 25 al 27 novembre. 

Presso l’area PlayStation, all’interno del Padiglione 16 dedicato all’intrattenimento videoludico nell’ambito della Gaming Zone powered by Gamestop, i partecipanti della manifestazione avranno l’opportunità di mettere le loro mani su Street Fighter™ 6, su PS5.  La demo supporterà il multiplayer locale e due giocatori potranno sfidarsi in real-time scegliendo tra otto personaggi tra cui Luke, Jamie, Ryu, Chun-Li, Ken, Guile, Kimberly e Juri.

Street Fighter 6 arriverà in tutto il mondo nel 2023 e rappresenta la prossima evoluzione della serie Street Fighter che ha venduto oltre 47 milioni di unità dal suo debutto 35 anni fa. Alimentato dal RE ENGINE proprietario di Capcom, Street Fighter 6 abbraccia tre modalità di gioco distinte, tra cui Fighting Ground, World Tour e Battle Hub. L’esperienza include anche nuove funzionalità di gioco innovative, oltre a una grafica migliorata per ogni aspetto del gioco. Con più modalità che mai per giocare, Street Fighter 6 ha qualcosa per tutti, nuovi e vecchi fan allo stesso modo, e sarà pronto per affrontare tutti i contendenti quando sarà disponibile su PlayStation 5 (PS5), PlayStation 4 (PS4), Xbox Series X|S e PC.

Sonic Frontiers, la recensione su PS5

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Il celebre riccio di casa SEGA sfreccia in un mondo aperto in Sonic Frontiers, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Il colosso giapponese tenta di dare una nuova luce alla sua famosa star, scegliendo un approccio più in linea con le tendenze attuali. Un action RPG di matrice open world, precisamente, con tanto di skill tree e stats potenziabili del personaggio. Insomma, una vera e propria novità per il franchise.

La prima impressione è quella di un ritorno al passato, quanto a modelli di fruizione del titolo. La scelta, infatti, è quella di costruire due momenti separati – quello open world e dei livelli – un po’ come succedeva in Sonic Adventure. Parliamo di un qualcosa visto oltre 20 anni fa, per cui la scelta è parsa un tantino superata. E si dimostra tale anche in fase di gameplay, con questa separazione che non fa molto bene al fattore immersione.

SONIC FRONTIERS sage

La storia non è delle migliori (anzi, è forse tra le peggiori sinora incontrate) e i personaggi si dimostrano inconsistenti e privi di una giusta collocazione. La scelta di costruire due realtà, quella dei 5 mondi e della controparte digitale, è un buon pretesto per far convivere le due anime del titolo. Sage sembra uscita direttamente da Naruto: Shippuden, e precisamnte come membro onorario dell’ehi fu Akatsuki. Un bel personaggio sì, ma non troppo originale.

La dimensione artistica non ci ha lasciato stupiti. Come open world si poteva decisamente fare molto meglio, anche se capiamo la voglia di non offuscare troppo la componente action del gioco. Sotto quest’ultimo aspetto si può stare tranquilli, Sonic torna in grandissima forma. Senza proseguire oltre, vi lasciamo alla nostra recensione di Sonic Frontiers, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.

Prime impressioni: due anime in gioco

Arriviamo al cospetto di Sonic Frontiers dopo le recenti esperienze di Sonic Colours e Sonic Forces, le ultime che vedono il famoso riccio impegnato in un contesto a 3 dimensioni. È importante fissare l’attenzione sulle ultime due uscite sul campo perché ritroviamo parecchi aspetti di queste passate esperienze, ma in un modo del tutto anomalo (e aggiungiamo anche privo di una giusta contestualizzazione).

Eravamo convinti di trovare un Sonic che scorrazzava in una nuova dimensione completamente open world, libero di fare quello che voleva, come voleva e quando voleva. E così è stato, sino al momento in cui ci siamo scontrati con quello che vi abbiamo raccontato pocanzi, che possiamo tranquillamente definire come “dimensione livellare”. Vi sono, infatti, dei momenti di gioco in cui il mondo aperto si chiude su se stesso in una sorta di dimensione digitale, a metà tra Sonic Colours e Sonic Forces.

SONIC FRONTIERS storia

Immaginate, quindi, di essere reduci da un combattimento frenetico con un’ondata di nemici agguerrita per poi ritrovarvi a collezionare monete e stelline, mentre correte e saltate su svariate piattaforme fisse e mobili. Ok, è il marchio di fabbrica del famoso riccio di casa SEGA, ma una netta separazione del genere non è “cosa buona” in chiave immersione. La separazione in “momenti di fruizione” è l’esatto opposto di quello che prevede il genere open world.

Il primo impatto è stato questo, ed è stato così sino alla fine del quinto mondo di gioco. Si, ok, gli ecosistemi cambiano così come i nemici di turno. Alla fine, però, tutto si riduce all’ossessivo compulsivo collezionare chiavi ed ingranaggi, per poter arrivare allo smeraldo del chaos. Unica nota di colore, la componente action – del solo lato open world – è ben realizzata, così come l’essenziale skill tree che potenzia il nostro Sonic.

Contesto di gioco: alla ricerca di Sonic

L’esperienza di Sonic Frontiers non può essere analizzata e, permetteteci di aggiungere anche “compresa”, se non si ricorda tutto quello che è stato. Il motivo è molto semplice: è la somma di tutte le esperienze passate, delle correzioni, degli umori della community e della voglia del famoso Team Sonic di dare un nuovo corso alla saga. Ritroviamo tutto questo nell’ultima uscita sul campo del famoso riccio blu di casa SEGA, anche se nella vita o si rischia tutto oppure ci si accontenta di un’ennesima occasione persa.

Correva l’anno 1998, quando approdava, sull’ehi fu Dreamcast, Sonic Adventure. La storia ci insegna molto in materia di videogiochi. Se si guarda, infatti, il gameplay di questo titolo ritroviamo moltissime dinamiche anche in Sonic Frontiers. Quella netta separazione tra Action Stages e Adventure Fields, una netta separazione tra dimensione livellare ed open world. La cosa simpatica è che poi nel 2001, con Sonic Adventure 2 si comprese che ci voleva un pizzico di sana novità per ravvivare la formula, inserendo nuovi personaggi giocabili e numerosi eventi in game extra-story.

SONIC FRONTIERS gameplay

Da lì in avanti siamo stati testimoni di una saga che faticava a ritrovare lo smalto di un tempo, quasi come se fosse uno specchio del declino del famoso colosso nipponico, che, dopo 18 anni di successi nel mondo delle console domestiche, lasciava ampio spazio alla concorrenza stoppando, sempre nel 2001, la produzione del Dreamcast. Coincidenze? Mah, ci crediamo veramente poco.

Negli anni che seguirono ci furono numerose sperimentazioni, ma nessuna aveva quella capacità di dire “Ohi, ma lo sai che sta cosa è proprio una novità?”. Sonic Frontiers ci prova, e vi dobbiamo dire che in parte ci riesce. La storia ospita i personaggi che abbiamo avuto modo di conoscere in questi ultimi 20 anni della serie, con numerosi contributi del mondo dell’animazione e del cinema. È, però, un’occasione persa di un team di sviluppo che è alla continua ricerca di una soluzione che è davanti ai loro occhi, ma che non vogliono cogliere per paura di “stravolgere” il credo di una saga. Conosciamo tutti il destino di chi non osa…

Gameplay: la parte action salva tutto

Piatto forte di Sonic Frontiers è senza alcun dubbio il gameplay. Il team Sonic ha puntato tutto questo aspetto, costruendo delle meccaniche di gioco basate su una progressione del personaggio non troppo complessa. Skill tree e stats del PG non viaggiano sullo stesso binario. Le cose da fare sono diverse, anche se entrambe obbligano il giocatore di turno ad esplorare la mappa in lungo e in largo.

Per invogliare nella scoperta le diverse zone della mappa appaiono come mascherate da un misterioso colore grigio. Solo dopo aver svolto alcuni incarichi minimali si ottiene come ricompensa il disvelamento di una porzione di mappa, con possibilità di individuare il POI con un segnalino. Un’operazione che dovrete ripetere in maniera sistematica onde evitare di girovagare senza meta sulla mappa.

SONIC FRONTIERS skill tree

L’obiettivo è quello di collezionare gli Emerald Chaos che ci permettono di affrontare il boss finale del mondo attraverso la trasformazione in Super Sonic (una versione Super Saiyan di Sonic, ndr). Per raggiungere questo traguardo servono essenzialmente due cose: chiavi ed ingranaggi. Gli ultimi vanno inseriti all’interno di altari che consentono il transito nella dimensione digitale, quella dedicata al classico stage in stile platform. Le nostre performance vengono valutate attraverso il rilascio di chiavi. Queste, a loro volta, trovano una giusta collocazione all’interno di un dispositivo che protegge l’Emerald Chaos. Ovviamente non finisce qui, ad attendervi ci sarà sempre un mini boss piuttosto arrabbiato.

La scelta di far crescere le potenzialità di Sonic all’interno di un sistema bifase – con skill tree e stats non direttamente connessi – invita spintaneamente il giocatore a fare quello che che si deve. Il problema è che questo loop delle meccaniche di gioco viene rifilato sempre e solo nello stesso modo, cambia solo lo scenario. Troppo poco per un titolo che si è presentato al pubblico come un action open world.

Dimensione Artistica: si poteva fare di meglio

Un aspetto che ha sempre influenzato marginalmente un titolo della serie Sonic è quello legato alla componente artistica. Sonic Frontiers sembra alzare il ditino per dirci che forse la musica è cambiata. Ad onor del vero, nel mezzo del cammin di avvicinamento all’uscita del titolo ci eravamo accorti che il celebre Team Sonic aveva riservato alla componente artistica un ruolo non marginale. Solo il fatto di avere a disposizione un’ambiente open world lascia intendere una caratterizzazione degli scenari diversa rispetta al passato.

Ed è cosi infatti, anche se non vi dovete aspettare lo stessa resa di Horizon Forbidden West, Ghost of Tsushima e God of War Ragnarok, giusto per citarne alcuni. Si difende bene, sicuramente, caratterizzando i 5 mondi a disposizione in maniera più che accettabile. Certo, la qualità generale delle texture e i dettagli di specie peccano di risoluzione e definizione. Tenendo fuori da questa considerazione i personaggi – sia essi principali che non – gli elementi di contesto non sono molto particolareggiati. Forse un’attenzione maggiore non sarebbe stata poi così malvagia.

SONIC FRONTIERS contesto gioco

Interessante il ciclo notte/giorno, in grado di caratterizzare i momenti più importanti del riccio contro le forze oscure guidate dall’imperturbabile Sage. Grindare alle prime luci dell’alba ha il suo perché, così come i temibili scontri per acciuffare il desiderato Emerald Chaos. L’inconsistenza narrativa della storia non ci ha permesso alcuna valutazione di natura immersiva: fattore catartico con la storia e i personaggi molto molto basso.

Sotto il profilo sonoro, il tutto è molto nella norma. Non vi è una colonna sonora – al netta della sola componente open world – che ci coinvolge nell’azione e nell’avventura. La musica, in tutti i sensi, cambia quando si transita nel mondo digitale. La sezione “a livelli” è aiutata da numerosi bpm di accompagnamento, che alimentano la nostra voglia di fare cose folli nei panni del celebre riccio supersonico. Alla fine, gira che ti rigira, certe cose non cambiano mai… oppure sono belle così, anche se non riescono a cambiare.