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Borderlands 4, la recensione su Xbox Series X

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L’universo videoludico è un cosmo in perenne espansione, un luogo dove le certezze sono poche e le rivoluzioni all’ordine del giorno. Eppure in questo turbinio di pixel e poligoni esistono delle costanti dei fari luminosi che da anni guidano le flotte di appassionati. Borderlands è, senza ombra di dubbio, uno tra questi. Un franchise che ha preso il concetto di sparatutto in prima persona e lo ha fuso con le meccaniche da gioco di ruolo, creando una formula esplosiva che ha ri-definito il concetto di looter-shooter. Dopo anni di attesa – e un terzo capitolo che ha diviso la critica e il pubblico – Gearbox Software torna alla carica con Borderlands 4, un titolo che si presenta con l’arduo compito di innovare senza stravolgere.

Il risultato è un’opera colossale, un’avventura che trabocca di contenuti, armi e carisma ma che allo stesso tempo mostra il fianco a qualche incertezza figlia di un passato glorioso ma ingombrante. Questa nuova epopea abbandona le sabbie riarse di Pandora per portarci sul pianeta Kairos, un mondo inedito oppresso dal giogo di un nuovo e carismatico antagonista il Crono-Custode. Al centro della scena troviamo quattro nuovi Cacciatori della Cripta pronti a tutto pur di liberare il pianeta e ovviamente arricchirsi. Borderlands 4 è un gioco di contrasti, un’esperienza che riesce a essere al tempo stesso familiare e sorprendentemente fresca. Il gunplay raggiunge vette di eccellenza mai toccate prima nella serie, grazie a un sistema di movimento incredibilmente fluido e a un arsenale sterminato che non smette mai di stupire.

La scrittura, d’altro canto, tenta la via della maturità, smorzando i toni eccessivamente sopra le righe del predecessore e riuscendo solo in parte nel suo intento. Il gioco brilla per la sua direzione artistica, con un cel-shading iconico ora più vibrante e dettagliato che mai. È un capitolo che vuole essere il punto di sintesi della saga, un’evoluzione che prende il meglio dai suoi predecessori ma limandone i difetti. Un’impresa titanica che riesce a metà, consegnandoci un gioco immenso divertente (e quasi infinito) ma che a tratti dà la sensazione di non volare osare “troppo”.

Storia e personaggi: un racconto di liberazione e follia temporale

La saga di Borderlands ha sempre puntato forte sulla sua narrativa scanzonata e sui suoi personaggi sopra le righe. Borderlands 4 non fa eccezione ma cerca di aggiustare il tiro rispetto all’umorismo a tratti forzato e memetico di Borderlands 3. L’avventura si svolge su Kairos, un pianeta mai visto prima tenuto sotto il tallone di ferro del Crono-Custode e della sua legione l’Ordine. Questo nuovo antagonista si discosta dal classico cattivo machiavellico alla Handsome Jack. Il Custode del Tempo è un tiranno enigmatico, un dittatore che controlla il flusso del tempo stesso presentandosi come un’entità quasi divina per i popoli oppressi di Kairos.

La sua influenza pervade ogni angolo del pianeta, una minaccia costante e tangibile che dona alla narrazione un’atmosfera più cupa e matura rispetto al passato. La trama principale ruota attorno alla liberazione di Kairos. I quattro nuovi Cacciatori della Cripta arrivano sul pianeta attirati dalle solite promesse di tesori e Cripte leggendarie ma si trovano ben presto invischiati in una vera e propria rivoluzione. Il loro compito sarà quello di unire le varie fazioni tribali del pianeta convincerle a combattere e guidarle contro le forze soverchianti dell’Ordine.

borderlands 4 recensione

Il ritmo della campagna è ben gestito, alternando missioni ad alto tasso di adrenalina a momenti più riflessivi in cui si approfondisce la lore di Kairos, un mondo che si rivela sorprendentemente complesso e stratificato. La scrittura fa un piccolo passo avanti. I dialoghi sono meno farciti di battute “forzate” e i personaggi secondari sono più sfaccettati e meno caricaturali. Ritornano anche alcune vecchie conoscenze, figure iconiche della saga che appaiono in ruoli di supporto donando un senso di continuità all’universo narrativo. Il vero cuore pulsante del gioco però sono i quattro nuovi protagonisti. Gli sviluppatori hanno svolto un lavoro eccellente nel creare un quartetto di eroi carismatico e diversificato. Ve li presentiamo, in sintesi:

  • Vex la Sirena: Una studiosa ossessionata dalle Cripte e dalla storia degli Eridiani. A differenza delle altre Sirene i suoi poteri non sono puramente offensivi ma le permettono di manipolare l’ambiente e creare anomalie spaziali. È la mente del gruppo un personaggio riflessivo ma capace di scatenare una furia devastante quando la situazione lo richiede;
  • Rafa l’Eso-Soldato: Un mercenario dal cuore d’oro, equipaggiato con un’armatura tecnologica avanzatissima. La sua specialità è il combattimento in prima linea, potendo schierare droni da combattimento e scudi energetici. Rafa rappresenta la forza bruta del team ma nasconde un passato travagliato e un forte senso di giustizia;
  • Amon il Cavaliere della Forgia: Un guerriero proveniente da una tribù nomade di Kairos. È un personaggio imponente, capace di evocare armi spettrali e di infondere i suoi attacchi con il potere elementale del pianeta. La sua storia personale è profondamente legata alla lotta di liberazione di Kairos rendendolo il fulcro emotivo della narrazione.
  • Harlowe la Gravitar: Una ladra agile e scattante i cui poteri le permettono di manipolare la gravità. Può sollevare i nemici in aria, creare piccoli buchi neri e muoversi sul campo di battaglia con una velocità disarmante. È la scheggia impazzita del gruppo, sempre pronta alla battuta e a cacciarsi nei guai.

L’interazione tra questi quattro personaggi è uno dei punti di forza del gioco. I loro dialoghi durante le missioni, le loro reazioni agli eventi e le loro storie personali si intrecciano in modo naturale creando un forte senso di cameratismo. La trama, seppur più solida e coerente rispetto al passato, non è esente da difetti. In alcuni frangenti la narrazione perde mordente affidandosi a cliché già visti nel genere. Il Crono-Custode, per quanto accattivante, non riesce a raggiungere il carisma iconico di Handsome Jack, rimanendo una figura un po’ troppo distante e misteriosa per tutto l’arco della storia. Nonostante queste piccole sbavature, il comparto narrativo di Borderlands 4 compie un deciso passo nella giusta direzione offrendo una storia godibile personaggi memorabili e un nuovo affascinante angolo dell’universo da esplorare.

Pro di storia e personaggi:

  • Un antagonista intrigante e un’ambientazione inedita;
  • I quattro nuovi Cacciatori sono eccezionali per design e caratterizzazione;
  • Tono narrativo più maturo e meno caotico;
  • Ottima gestione del ritmo della campagna principale.

Contro di storia e personaggi:

  • Il cattivo principale manca del carisma di Handsome Jack;
  • Alcuni snodi narrativi sono prevedibili;
  • Le missioni secondarie a volte mancano di mordente narrativo;
  • Il ritorno di alcuni vecchi personaggi sembra un po’ forzato.

Gameplay: la sinfonia della distruzione raggiunge la perfezione

Se c’è un aspetto in cui Borderlands 4 eccelle senza riserve è il gameplay. Gearbox Software ha preso la solida base del terzo capitolo e l’ha elevata a un livello superiore, creando il looter-shooter “per eccellenza”. Il feeling delle armi è semplicemente sublime. Ogni proiettile ha un peso, ogni esplosione è una gioia per gli occhi e le orecchie. Il sistema di generazione procedurale delle armi torna più in forma che mai, sfornando un numero letteralmente infinito di strumenti di morte. Si passa da pistole che sparano proiettili a ricerca a fucili a pompa che generano mini-singolarità gravitazionali, fino a lanciarazzi che suonano un’aria d’opera prima di scatenare l’inferno.

La varietà è sbalorditiva e la ricerca del “god roll” perfetto costringe il giocatore di turno a continuare a combattere e ad esplorare per ore e ore. La vera rivoluzione di questo quarto capitolo risiede però nel sistema di movimento. I Cacciatori della Cripta sono ora più agili che mai. Possono eseguire doppi salti, scivolate, scatti aerei e aggrapparsi alle sporgenze grazie a un rampino. Queste nuove abilità trasformano ogni scontro a fuoco in una danza mortale. Non si è più vincolati a un combattimento statico da dietro le coperture, ora è possibile attaccare dall’alto aggirare i nemici con una velocità fulminea e riposizionarsi costantemente sul campo di battaglia. Questa nuova libertà di movimento si sposa alla perfezione con il level design delle arene più verticali e complesse che in passato.

borderlands 4 recensione

Gli alberi delle abilità dei quattro protagonisti sono un altro fiore all’occhiello della produzione. Ognuno dei quattro Cacciatori ha a disposizione tre diversi rami di specializzazione, ognuno con una propria abilità d’azione unica e una serie di potenziamenti passivi. La profondità di personalizzazione è notevole, permettendo di creare build estremamente diverse e sinergiche. Vex può specializzarsi nel controllo del campo di battaglia bloccando i nemici con le sue anomalie oppure concentrarsi sui danni elementali. Rafa può diventare un tank inarrestabile o un comandante che guida un esercito di droni.

Le possibilità sono enormi e incentivano la rigiocabilità e la sperimentazione. Borderlands 4 introduce anche nuovi tipi di nemici e nuove fazioni che popolano il pianeta Kairos. L’Ordine del Crono-Custode schiera soldati corazzati e mech pesantemente armati mentre le lande selvagge sono abitate da creature aliene aggressive e imprevedibili. L’intelligenza artificiale nemica è stata migliorata, rendendo gli scontri più impegnativi e tattici. I nemici cercano di aggirare il giocatore, usano le coperture in modo intelligente e coordinano i loro attacchi.

L’esplorazione del mondo di gioco è un altro elemento chiave dell’esperienza. Kairos è un pianeta vasto e variegato composto da diverse macro-aree che vanno da lussureggianti giungle aliene a deserti aridi, passando per città futuristiche e antiche rovine. Per spostarsi rapidamente si può contare su un nuovo hover-bike completamente personalizzabile, un veicolo agile e divertente da guidare. Il mondo è disseminato di segreti sfide secondarie e boss opzionali che ricompensano generosamente i giocatori più curiosi. L’endgame di Borderlands 4 è stato pensato per tenere incollati i giocatori per centinaia di ore. Una volta terminata la campagna principale si sblocca la modalità “Caos”, che permette di aumentare la difficoltà del gioco e la qualità del bottino ottenuto.

Tornano anche le arene di combattimento e le incursioni raid impegnativi pensati per essere affrontati in cooperativa con altri tre giocatori. Gearbox ha già annunciato un corposo piano di supporto post-lancio, con espansioni della storia, nuovi personaggi ed eventi stagionali. Se c’è da muovere una critica al gameplay è la sua fisiologica ripetitività nel suo ciclo di vita. Alla fine della giornata, le cose da fare si dimostrano sempre le stesse: spara, saccheggia, migliora l’equipaggiamento e ripeti. Per chi non è avvezzo al genere, questa formula potrebbe risultare stancante sul lungo periodo.

Pro del gameplay:

  • Sistema di movimento incredibilmente fluido e divertente;
  • Feeling delle armi eccezionale e varietà dell’arsenale sbalorditiva;
  • Alberi delle abilità profondi e altamente personalizzabili;
  • Un endgame ricco di contenuti e un solido piano di supporto post-lancio.

Contro del gameplay:

  • La formula di gioco alla lunga può risultare ripetitiva;
  • Il bilanciamento di alcune armi leggendarie non è perfetto;
  • La gestione dell’inventario poteva essere migliorata;
  • Alcune tipologie di missioni tendono a ripetersi troppo spesso.

Dimensione artistica: un capolavoro in cel-shading che risuona di caos

Lo stile grafico di Borderlands è sempre stato il suo marchio di fabbrica inconfondibile. Quel cel-shading spesso definito “concept art in movimento” ha permesso alla serie di distinguersi dalla massa di sparatutto realistici e di mantenere una freschezza visiva invidiabile anche a distanza di anni. Borderlands 4 non solo conferma questa tradizione ma la eleva a un nuovo livello di eccellenza. Grazie alla potenza delle console di nuova generazione il mondo di Kairos prende vita, con una ricchezza di dettagli e una vivacità cromatica mai viste prima.

I modelli poligonali dei personaggi e dei nemici sono più complessi e animati con una cura maniacale. Gli effetti particellari delle esplosioni e delle abilità speciali sono un vero spettacolo pirotecnico, un tripudio di colori che riempie lo schermo in ogni scontro a fuoco. L’illuminazione gioca un ruolo fondamentale nel creare l’atmosfera. I raggi di sole che filtrano attraverso le fitte giungle aliene, i neon che si riflettono sulle pozzanghere delle città cyberpunk e le luci spettrali delle rovine Eridiane contribuiscono a rendere ogni ambientazione unica e memorabile.

La direzione artistica brilla soprattutto nella creazione del pianeta Kairos. Abbandonare Pandora è stata una scommessa che ha dato ragione agli sviluppatori. Il nuovo mondo offre una varietà di biomi che spezza la monotonia dei deserti che avevano caratterizzato i primi capitoli. Si passa da canyon rocciosi a paludi luminescenti, da picchi innevati a complessi industriali iper-tecnologici. Ogni area ha una sua identità visiva ben precisa, una sua flora e fauna uniche. Il design dei nemici e delle armi è come sempre folle e ispiratissimo. Le creature di Kairos sono un mix di design organico e biomeccanico mentre le armi prodotte dalle varie corporazioni sono un tripudio di creatività. Le armi Maliwan sono eleganti e futuristiche, quelle Tediore si trasformano in torrette semoventi una volta ricaricate mentre le Jakobs mantengono il loro fascino da vecchio west.

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Il comparto sonoro è altrettanto impressionante. Il doppiaggio in italiano si attesta su livelli di eccellenza, con interpretazioni convincenti che riescono a rendere giustizia all’umorismo e al dramma della narrazione. Gli effetti sonori delle armi sono stati curati in modo maniacale. Ogni arma ha un suo suono distintivo, con un feedback uditivo che ne restituisce la potenza e la peculiarità. Le esplosioni sono fragorose, i proiettili sibilano nell’aria e i versi delle creature aliene sono genuinamente inquietanti. La colonna sonora è un mix esplosivo di generi, che spazia dalla musica elettronica al rock industriale passando per sonorità più riflessive.

Le tracce che accompagnano i combattimenti sono cariche di adrenalina e si adattano dinamicamente all’azione su schermo, aumentando di intensità nei momenti più concitati. Nonostante l’indiscutibile qualità artistica Borderlands 4 non è esente da problemi tecnici. Su console il gioco offre diverse modalità grafiche ma anche in modalità “performance” si registrano sporadici cali di fluidità nelle situazioni più caotiche. Gearbox ha già rilasciato diverse patch correttive che hanno migliorato la situazione ma il lavoro di pulizia non è ancora del tutto completato.

Pro della Dimensione artistica:

  • Stile grafico in cel-shading iconico e tecnicamente impressionante;
  • Direzione artistica ispirata sia nel design del mondo che dei personaggi;
  • Comparto sonoro di altissimo livello doppiaggio effetti e colonna sonora;
  • Varietà e bellezza delle ambientazioni del pianeta Kairos.

Contro della Dimensione artistica:

  • Ottimizzazione tecnica non perfetta al lancio;
  • Sporadici cali di frame rate;
  • Qualche bug e glitch minore ancora presente;
  • I menu e l’interfaccia utente potevano essere più puliti e reattivi.

NBA 2K26, la recensione su Xbox Series X

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Ogni anno la storia si ripete. Arriva settembre e con lui un nuovo capitolo di NBA 2K. Un appuntamento fisso per milioni di appassionati. Un rito che scandisce la fine dell’estate e l’inizio della nuova stagione del basket più spettacolare del mondo. NBA 2K26 non fa eccezione. L’ultima creatura di Visual Concepts arriva su console e PC con un obiettivo ambizioso. Non vuole solo essere un aggiornamento: vuole rappresentare la versione più rifinita e completa della simulazione cestistica. La serie 2K, che da anni domina incontrastata il mercato, ha raggiunto vette di realismo e profondità quasi ineguagliabili (anche perchè la concorrenza latita ad arrivare). Migliorare una formula così consolidata è una sfida enorme, con il rischio di adagiarsi sugli allori sempre dietro l’angolo.

Così come quello di scontentare una community esigente e attenta a ogni singolo dettaglio. NBA 2K26 si presenta ai nastri di partenza con questo pesante fardello. Il gioco cerca di spingere l’asticella ancora più in alto e lo fa partendo dalle solide fondamenta del suo predecessore. NBA 2K25 aveva introdotto elementi importanti, perfezionando il gameplay in tante piccole cose. Il nuovo capitolo raccoglie questa eredità e prova a espanderla, promettendo un’esperienza sul parquet più fluida, realistica ed appagante.

Il basket virtuale di 2K è da tempo un universo vastissimo, un contenitore traboccante di opzioni, modalità e contenuti. C’è la Carriera per chi sogna di diventare una leggenda NBA,  MyTeam per i collezionisti di carte e per gli amanti delle sfide online, MyNBA per chi vuole vestire i panni del 6 e gestire una franchigia in ogni suo aspetto. Una ricchezza che a volte rischia di diventare dispersiva. Un labirinto in cui è facile perdersi, specialmente per i nuovi giocatori (ma è anche il più grande pregio della produzione, un aspetto che va riconosciuto).

NBA 2K26, non solo prosegue su questa strada, accelera addirittura. Aggiunge nuovi elementi,  raffina quelli esistenti e cerca di limare le imperfezioni storiche della serie. Ma la domanda che tutti si pongono è sempre la stessa: sarà riuscito a trovare il giusto equilibrio? Avrà risolto i problemi che da anni affliggono l’esperienza di gioco? Sul banco degli imputati sale sempre l’annoso problema legato alle microtransazioni, un’ombra che si allunga minacciosa su ogni modalità. Una presenza costante che rischia di rovinare l’atmosfera e trasformare il divertimento in un esperienza legata al male del pay-to-win. Per capire se il re del basket virtuale ha ancora la corona ben salda sulla testa, oppure se il suo trono è rischio per via delle sue storiche contraddizioni, non ci resta che fare incetta di canestri, al ritmo della nostra recensione di NBA 2K26.

Tutte le novità di questa nuova stagione

NBA 2K26 non è una rivoluzione ma una vera e propria evoluzione, un passo avanti deciso e consapevole rispetto al suo predecessore. Gli sviluppatori di Visual Concepts si sono concentrati sul perfezionamento di meccaniche esistenti, ascoltando con attenzione il feedback della community, che ricordiamo essere tra le più “calorose” del mondo del gaming. Il risultato è un gioco che, a un primo sguardo, potrebbe sembrare molto simile a NBA 2K25, il che non è cosa impossibile con dei titoli di matrice seriale a cadenza annuale. Rimbalzo dopo rimbalzo, pad alla mano si rivela, al netto di una giusta e doverosa pazienza, carico di una serie di miglioramenti importanti e graditi. La novità più significativa è probabilmente legata al ProPLAY. Questa tecnologia, che traduce i filmati reali delle partite NBA in animazioni di gioco, era stata introdotta lo scorso anno, seppur con una sorta di lancio sperimentale. In NBA 2K26, anche forte del feedback ricevuto lo scorso anno, assistiamo ad una maturità importante. Il numero di animazioni è aumentato considerevole, la fluidità con cui i giocatori si muovono sul campo è impressionante. Ogni movimento ogni tiro ogni palleggio appare più naturale e realistico e questo si traduce in un controllo maggiore e in una sensazione di autenticità senza precedenti.

Anche il MyPLAYER Builder – il sistema di creazione del proprio alter ego virtuale – è stato rivisto. L’introduzione del sistema “Build By Badges” rappresenta un passo importante verso l’accessibilità. Ora i giocatori possono scegliere i badge – ovvero, le abilità speciali che preferiscono – e il sistema adatterà automaticamente gli attributi del giocatore per sbloccare quei potenziamenti. Un’inversione di rotta intelligente, se ci si confronta con il passato della serie. Semplifica sicuramenti la vita ai meno esperti, senza sacrificare la profondità per i veterani. A questo si aggiunge la glossary delle animazioni, un vero e proprio database che permette di ricercare ogni singola animazione per nome e vedere i requisiti necessari per sbloccarla. Un aiuto fondamentale per chi vuole replicare lo stile di gioco del proprio idolo NBA (fantastica per gli amanti della pallacanestro americana). Infine i Cap Breakers i meccanismi per superare i limiti di attributo sono stati resi più incisivi. Questi, infatti, donano al sistema di progressione una sensazione di crescita meno meccanica e più gratificante.

NBA 2K26 recensione

La modalità MyCAREER introduce una storyline completamente nuova intitolata “Out of Bounds”. Abbandona parzialmente le atmosfere cittadine open-world degli ultimi anni per concentrarsi su una narrazione più strutturata e coinvolgente (sempre da prendere con le pinze). Si segue il percorso del proprio giocatore soprannominato MP fin dalle sue partite al liceo, con una trama che si sviluppa attraverso filmati ben realizzati, esplorando la vita del protagonista anche fuori dal campo. Un ritorno alle origini per certi versi, un tentativo di creare un’esperienza più personale e memorabile. Sicuramente, una delle più convincenti degli ultimi anni.

Anche MyTEAM – la modalità basata sulla collezione di carte – ha ricevuto importanti aggiornamenti. La novità più eclatante è l’integrazione completa delle stelle della WNBA. Per la prima volta, infatti, sarà possibile creare squadre miste (una scelta che ci ha ricordato quella di FC 25). Far giocare fianco a fianco le leggende NBA e le migliori giocatrici del mondo ampliano a dismisura le possibilità strategiche e la varietà del meta-gioco. Il sistema di progressione e delle ricompense è stato ribilancio, anche se il modello economico resta fortemente legato all’acquisto di pacchetti e all’utilizzo di valuta virtuale.

Infine la modalità MyNBA dedicata alla gestione manageriale si arricchisce con gli “Offseason Scenarios”. Si tratta di sfide a lungo termine create su misura, dove ci toccherà raggiungere determinati obiettivi per soddisfare la dirigenza e i tifosi. Un’aggiunta interessante che dona maggiore profondità e rigiocabilità a una modalità già estremamente completa.

Pro delle novità

  • La tecnologia ProPLAY è matura e regala animazioni e fluidità incredibili;
  • Il nuovo Builder è più accessibile ma non meno profondo;
  • La storyline di MyCAREER è un deciso passo avanti rispetto al passato;
  • L’integrazione della WNBA in MyTEAM aggiunge enorme varietà.

Contro delle novità

  • Le novità non stravolgono l’impianto di gioco generale;
  • MyTEAM resta una modalità dove la “spesa extra” offre un vantaggio competitivo;
  • Le modalità single-player classiche come le stagioni offline hanno ricevuto poche attenzioni;
  • La struttura di fondo rimane molto simile a quella di NBA 2K25.

Gameplay

Il cuore pulsante di ogni NBA 2K è il gameplay. È sul parquet virtuale che si decidono le sorti di ogni partita (e, ovviamente, di edizione). E da questo punto di vista NBA 2K26 non si è fatto trovare impreparato. Il lavoro svolto dagli sviluppatori sul feeling e sul controllo non passa inosservato. Il gioco è più fluido, più reattivo e più realistico rispetto alla passata stagione. Talvolta sembra di assistere a una vera partita in televisione ma con il pieno controllo dell’azione. Il merito è in gran parte del già citato ProPLAY, con ogni giocatore che si presente con delle movenze uniche. Si riconoscono, lontano un chilometro, i tiri in sospensione di Kevin Durant, i giochi di prestigio fulminei di Shai Gilgeous-Alexander e i movimenti in post basso di Nikola Jokic.

Intendiamoci, non è solo una questione estetica. Questa fedeltà si traduce in un gameplay più profondo e strategico, che obbligano il giocatore a conoscere i punti di forza e di debolezza di ogni atleta e sfruttare, dunque, le loro animazioni distintive. Solo così si potrà avere la meglio sull’avversario. Il ritmo di gioco ci apparso leggermente aumentato, con dei match più dinamici e spettacolari (ma senza sacrificare l’anima simulativa del titolo). Ogni possesso è una partita a scacchi, leggere la difesa e chiamare gli schemi giusti per trovare il compagno libero e mandarlo a canestro.

NBA 2K26 recensione

La difesa è stata potenziata. L’intelligenza artificiale è più reattiva, legge bene le intenzioni del giocatore e si adatta di conseguenza. Questo costringe a variare il proprio gioco offensivo, obbligando ad essere più creativi e meno prevedibili. Online la difesa resta una sfida. Affrontare un “altro noi” richiede grande concentrazione e abilità ma le meccaniche a disposizione sono solide e permettono di contenere anche i migliori attaccanti. L’attacco, di contro, offre una libertà d’azione quasi illimitata. Il sistema di palleggio è ricco e complesso e permette di eseguire una quantità enorme di crossover, esitazioni e cambi di direzione. Padroneggiarlo, però. richiede tempo e dedizione ma la soddisfazione di superare un difensore con una serie di finte ben eseguite è impagabile.

Il sistema di tiro è stato oggetto di un importante bilanciamento. In NBA 2K26 la finestra di rilascio verde – quella che garantisce il canestro – è stata ridotta. Un rilascio “leggermente anticipato” o “leggermente ritardato” si tradurrà quasi sempre in un errore. Una scelta che farà – e sta tuttora facendo – discutere, con un conseguente livello di frustrazione da non sottovalutare. Anche il gioco in post basso è stato arricchito con nuove mosse e contromosse, rendendolo un’alternativa valida e divertente al gioco perimetrale.

Nonostante l’eccellenza generale persistono, però, alcuni piccoli difetti. L’intelligenza artificiale offensiva a volte tende a essere prevedibile, con una tendenza ad eseguire ripetutamente le stesse giocate, specialmente nelle situazioni di fine partita. Alcuni passaggi o intercetti sembrano ancora un po’ “guidati”, come se il gioco decidesse a priori l’esito dell’azione. Si tratta di piccole sbavature, imperfezioni che non rovinano un’esperienza di gioco sensibilmente migliorata rispetto alle passate edizioni.

Pro del gameplay

  • Un feeling di gioco realistico e appagante come mai prima d’ora;
  • La fluidità e la varietà delle animazioni sono sbalorditive;
  • La difesa dell’IA è stata migliorata e rappresenta una sfida credibile;
  • Il sistema di tiro premia l’abilità e la conoscenza dei giocatori.

Contro del gameplay

  • Il sistema di tiro potrebbe risultare punitivo per i nuovi giocatori;
  • L’IA offensiva a volte è ripetitiva e prevedibile;
  • Persistono alcune animazioni “guidate” che minano la sensazione di controllo;
  • La complessità dei comandi può spaventare chi si avvicina per la prima volta alla serie.

Dimensione artistica

NBA 2K26 non è solo un grande gioco da giocare. è anche un bellissimo spettacolo da guardare. La presentazione audiovisiva è di altissimo livello e questo conferma la cura maniacale che Visual Concepts ripone in questo aspetto della produzione (come, del resto, ha sempre fatto). I modelli poligonali dei giocatori sono incredibilmente dettagliati. Si possono notare il sudore sulla fronte le espressioni facciali e i tatuaggi riprodotti con una fedeltà impressionante. Le arene sono vive e pulsanti, con il pubblico che reagisce ad ogni canestro, mentre ci si perde a fissare la qualità dei riflessi sul parquet incredibilmente realistica. L’illuminazione dinamica crea un’atmosfera coinvolgente e spettacolare, specie quando si gusta un replay. La regia virtuale con le sue inquadrature dinamiche e i commenti pre-partita contribuisce a creare un’immersione totale, perdendo quel contatto con la realtà videoludica in favore di quella “non”.

La colonna sonora, come da tradizione, è ricca e variegata. Un mix di brani hip-hop e pop che accompagna il giocatore nella navigazione dei menu e durante le partite. Il commento tecnico in lingua inglese è eccellente, i telecronisti sono reattivi e offrono analisi puntuali sull’andamento del match. La localizzazione in italiano, purtroppo, riguarda unicamente i testi dei menu. Una scelta consolidata per la serie, questo lo sappiamo, che potrebbe far storcere il naso a chi non mastica l’inglese. Il sound design è ottimo. Il rumore della palla che rimbalza, lo stridere delle scarpe sul parquet, l’urlo della folla dopo una schiacciata: tutto contribuisce a trasportare il giocatore al centro dell’azione.

NBA 2K26 recensione

Tuttavia non è tutto oro quello che luccica. La struttura dei menu inizia a mostrare i segni del tempo, con un sistema di navigazione confusionario e dispersivo. Trovare una specifica opzione può richiedere diversi passaggi, indi per cui urge un restyling più coraggioso e moderno che gioverebbe alla fruibilità generale del titolo. Anche la Città, la componente open-world legata a MyCAREER, continua a dividere. Da un lato è un hub sociale ricco di attività e cose da fare, dall’altro è un ambiente enorme e a volte dispersivo che obbliga a lunghe e noiose camminate per passare da un’attività all’altra, trasformando l’esperienza in qualcosa che a tratti assomiglia più a un gioco di ruolo online che a un gioco di basket. Questa componente social, spinta con costumi stravaganti e animazioni sopra le righe, si scontra un po’ con il realismo simulativo del gameplay sul campo.

Pro

  • Grafica fotorealistica e modelli dei giocatori eccezionali;
  • Presentazione in stile televisivo curata in ogni dettaglio;
  • Un comparto sonoro coinvolgente e di alta qualità;
  • Animazioni ProPLAY che offrono uno spettacolo visivo senza precedenti.

Contro

  • I menu sono confusi e necessiterebbero di una svecchiata;
  • La Città è dispersiva e può risultare frustrante da navigare;
  • La localizzazione in italiano è limitata ai soli testi;
  • Lo stile social della Città si scontra con il realismo del gioco.

Lost Soul Aside, la recensione su PS5

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Lost Soul Aside giunge sulla scena videoludica dopo un silenzio inaspettato (ed un rinvio quasi inevitabile). Sviluppato da Ultizero Games e pubblicato da Sony Interactive Entertainment questo titolo action-adventure RPG cattura l’essenza di classici come Devil May Cry e Final Fantasy (parliamo delle ultime uscite “action”). Uscito il 29 agosto 2025 per PS5 e PC il titolo nasce da un’idea solitaria di Yang Bing.

Questo studente della Corea del Sud iniziò a sviluppare Lost Soul Aside nel 2014, ispirandosi a titoli come Final Fantasy XV e Devil May Cry. Carica un trailer su YouTube nel 2016 e Sony ne nota il potenziale. Entra, così, nel China Hero Project, un’iniziativa creata per supportare sviluppatori cinesi nelle loro opere. In un attimo quel solo-project vede coinvolto un team di 40 persone a Shanghai. Ritardi dovuti a inesperienza e costruzione del team portano al lancio nel 2025.

Lost Soul Aside è ambientato in un mondo dove combattimenti super stylish si intrecciano con storie surreali e soprannaturali. Kaser – il protagonista – combatte per salvare la sorella Louisa e l’umanità da invasori dimensionali chiamati Voidrax. Il gioco si basa su un alchimia che mescola azione frenetica, esplorazione e tocchi RPG. L’ambizione degli sviluppatori, di creare un qualcosa di diverso, c’era ma è rimasta come tale. Il tutto è giunto come un qualcosa di già visto altrove, reinterpretato anche in maniera peggiorativa rispetto alcune componenti.

Storia e personaggi: la famiglia prima di tutto

Nel cuore di Lost Soul Aside vi è una storia che racconta di una famiglia. Kaser ribelle contro un imperatore crudele vede la sorella Louisa perdere l’anima in un evento cosmico che sovverte all’improvviso la realtà e le sue regole. Non è un fenomeno naturale, ma l’arrivo dei Voidrax – esseri dimensionali che drenano energie vitali – non è inaspettato. Kaser guadagna poteri da un alleato misterioso che risponde al nome di Arena, un drago che si trasforma in tutto quello può essere utile al suo utilizzatore. Inizia così un viaggio alla ricerca di cristalli elementali e trovare un modo per sconfiggere gli invasori.

La narrazione tocca temi di amicizia, sacrificio e redenzione. Personaggi secondari aggiungono delle note di “colore”, con dei dialoghi che dipingono meglio alcuni contorni della lore. Kaser inizia come il classico lupo solitario, ma cresce attraverso dei legami che lo aiutano a mettersi in discussione. Arena ruba la scena con la sua versatilità e personalità vivace, quasi come se fosse un grillo parlante.

Il non trovare dei riferimenti, non propriamente velati, a Final Fantasy è quasi impossibile. Dalla trama alla caratterizzazione dei personaggi, la matrice ispirativa è presente un po’ ovunque. Il rapporto tra il drago e il protagonista ci ha ricordato il film Disney “Raya e l’ultimo drago” per via di quel percorso di crescita prima citato. Yang Bing e i suoi, dunque, hanno pescato a piene mani un po’ ovunque, ma quando si eccede si finisce per perdere di originalità. Cosa che, di fatto, è accaduta.

Il gameplay: tra combattimenti ed esplorazione

Il combat system di Lost Soul Aside è un turbine di combo armi e abilità che fa aumentare i giri del motore dell’adrenalina. Kaser impugna le sue armi dotate di statistiche e perk unici, alternando mid-combo e catene devastanti. Arena aggiunge l’utilizzo di poteri offensivi e di supporto (sotto forma di abilità), trasformandosi in elementi come thunder o ember. La schivata perfetta, come in ogni action RPG degno di questo nome, aiuta a fornire il cd. vantaggio tattico, sfruttando le esitazioni del nemico. Le potenzialità di Kaser evolvono a seguito della spendita skill points guadagnati al netto da esplorazioni e battaglie. Le mosse speciali, ciliegina sulla torta di questa esperienza videoludica, trasformano gli scontri in spettacoli acrobatici e pirotecnici, al netto di un resa coreografica degna di nota (quasi d’altri tempi, giusto per enfatizzare quell’elemento di raccordo rispetto a Devil May Cry).

Le boss fights lambiscono il mondo dei souls, complice la presenza di pattern unici e della barra della stamina che pongono un limite alle azioni “non ragionate”, aggiungendo quel giusto tocco di strategia che richiede un’adattamento rapido alla situazione. Occorre, dunque, trovare il giusto compromesso tra ragionamento e quella voglia irrefrenabile di scivolare nello smashing button selvaggio e vedere salire il numero delle combo “a più non posso”. La mancanza di varietà nemici, purtroppo, rende alcuni incontri prevedibili e frena gli entusiasmi sin da subito, limitando fortemente il fattore sfida. Il DualSense eleva l’esperienza tattile grazie al supporto del feedback aptico e i triggers adattivi che fanno sentire la potenza dei fendenti di Kaser.

Lost Soul Aside non è un open world ma offre, comunque, degli spazi estesi che invitano a curiosare. Livelli all’apparenza lineari, come in Final Fantasy VII Remake, nascondono delle aree opzionali con collezionabili et similia. Kaser sfrutta il potere del drago Arena per muoversi liberamente sulla scena, con doppi salte, planate e sessioni di volo. La presenza di puzzle ambientali – come muovere piattaforme o risolvere enigmi dimensionali – aggiunge un elemento di complessità alla dimensione esplorativa. Ci tocca segnalare la presenza di alcuni NPC “chiacchieroni” che, spesso e volentieri, interrompono lo spirito dell’avventura e della scoperta, con dialoghi “stracarichi” di righe di da leggere (e che talvolta non aggiungono nulla alla lore).

Dimensione artistica: un mix di bellezza e imperfezioni

Visivamente Lost Soul Aside stupisce con ambienti vibranti e effetti particellari che disegnano delle coreografie fantastiche. Il supporto al ray tracing aggiunge ombre realistiche e riflessi che fanno brillare armi e paesaggi. Considerazioni che, purtroppo, valgono solo per la modalità Fedeltà (quella che viaggia in 4K a 30 fps), non pienamente compatibile con un videogioco caratterizzato da una forte vena action. Motivo per cui ci siamo direzionati verso la modalità Prestazioni, che punta tutto sulla fluidità del gameplay (60 fps), sacrificando la resa grafica generale. Un sacrificio inevitabile e che, ahinoi, non maschera delle evidenti lacune sul fronte della progettazione.

I modelli dei personaggi sembrano fare “figli e figliastri”. Kaser e Arena appaiono fortemente dettagliati, mentre alcuni NPC non godono di questo trattamento. Le ambientazioni, soprattutto quelle urbane e industrial, appaiono fortemente ispirati a Final Fantasy VII Remake Su PS5 corre solido con caricamenti veloci grazie a SSD. HDR esalta colori vividi e contrasti profondi.

La colonna sonora di Lost Soul Aside cattura l’epicità con tracce orchestrali che raggiungo il culmine durante le boss fights. La musica, in genere, si presente fortemente ispirata a Final Fantasy, mescolando synth futuristici con melodie emotive. Gli effetti speciali, purtroppo, deludono per intensità e varietà, contribuendo ad alimentare l’effetto monotonia tra le varie sessioni di combattimento. Nonostante difetti, la OST eleva momenti chiave, tra cui le fasi di esplorazione e alcune cutscene.

Metal Gear Solid Delta: Snake Eater, la recensione su Xbox Series X

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Metal Gear Solid Delta: Snake Eater irrompe sulla scena come un remake attesissimo del capolavoro del 2004 firmato Hideo Kojima. Ambientato negli anni Sessanta, in piena Guerra Fredda, il gioco segue Naked Snake in una missione di infiltrazione nella giungla sovietica. Con l’Unreal Engine 5 a dare nuova vita a grafica e suono, questo remake mantiene l’anima dell’originale, aggiornando ciò che serve per brillare sulle console di nuova generazione e su PC. È un’operazione che unisce nostalgia e modernità, celebrando uno dei titoli stealth più influenti di sempre.

Il contesto della saga Metal Gear è ricco di colpi di scena e temi profondi come la pace e il tradimento. Snake Eater originale ha segnato un punto alto con il suo focus sul survival e l’infiltrazione. Questo Delta porta aggiornamenti come controlli moderni opzionali che rendono l’esperienza più accessibile per i nuovi giocatori. Eppure non aggiunge contenuti massicci preferendo una ricostruzione meticolosa.

La colonna sonora iconica inclusa la canzone Snake Eater resta un highlight capace di evocare emozioni forti. Confrontato ad altri remake come Resident Evil 4, questo Metal Gear opta per un approccio conservativo che premia i fan fedeli. L’uscita nel 2025 coincide con un revival di classici stealth e survival horror, dove titoli come Splinter Cell o The Last of Us hanno influenzato il genere. Delta si inserisce bene offrendo un ponte tra passato e presente.

La narrazione avvincente, il gameplay survival e la direzione artistica iconica sono stati lucidati per conquistare sia i veterani che i nuovi giocatori. Tuttavia, qualche intoppo tecnico e un approccio conservativo potrebbero far storcere il naso a chi cercava una rivoluzione. Metal Gear Solid Delta: Snake Eater, dunque, si inserisce in un panorama di remake di classici stealth e survival horror, dimostrando che Snake Eater resta una pietra miliare.

METAL GEAR SOLID DELTA SNAKE EATER recensione Xbox Series X

Storia e personaggi

La trama di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater si dipana nel 1964, nel cuore della Guerra Fredda. Naked Snake, agente speciale americano, viene paracadutato in territorio sovietico per salvare uno scienziato e distruggere un’arma nucleare. Quella che inizia come una missione di routine si trasforma in un intreccio di tradimenti, sacrifici e colpi di scena che hanno fatto la storia della saga. The Boss, mentore di Snake, domina la scena con la sua complessità emotiva, mentre personaggi come Eva e Ocelot aggiungono mistero, seduzione e rivalità.

Le cut-scene, ora più fluide grazie all’Unreal Engine 5, amplificano l’impatto di ogni dialogo, esplorando temi come lealtà, patriottismo e pace. La narrazione mantiene la profondità dell’originale, con conversazioni via radio che arricchiscono la lore senza mai risultare pesanti. I boss – da The End a The Fury – offrono incontri unici che mescolano strategia e spettacolo. Rispetto a titoli moderni, la storia qui è più introspettiva, con un ritmo che alterna tensione e momenti di riflessione. Un finale alternativo nascosto e altri dettagli di contesto aggiungono rigiocabilità e tocchi di genio che solo Kojima sa regalare.

I personaggi brillano per complessità. Naked Snake evolve da soldato obbediente a figura leggendaria affrontando dilemmi morali. Temi come il patriottismo e la pace risuonano forti influenzati dal contesto storico. Metal Gear Solid Delta: Snake Eater mantiene dialoghi originali con voce acting rimasterizzata che suona fresca. Rispetto all’originale, le cut-scene guadagnano in fluidità grazie al nuovo engine. Personaggi secondari come Ocelot portano umorismo e rivalità che alleggeriscono la tensione. La saga Metal Gear è nota per meta-narrazioni e qui Snake Eater pone le basi per eventi futuri. Giocatori nuovi scopriranno un mondo ricco mentre veterani rivivranno momenti iconici come la salita della scala infinita. La scrittura di Kojima mescola azione hollywoodiana con filosofia rendendo ogni interazione memorabile.

Pro di Storia e personaggi

  • Trama avvincente con temi profondi su guerra e sacrificio;
  • Personaggi complessi come The Boss che lasciano un segno;
  • Colpi di scena che tengono alta la suspense;
  • Dialoghi radio che arricchiscono il mondo di gioco;
  • Finale alternativo che invita a rigiocare.

Contro di Storia e personaggi

  • Cut-scene lunghe che possono interrompere il ritmo;
  • Personaggi secondari a volte stereotipati;
  • Ritmo narrativo lento per chi ama l’azione pura;
  • Riferimenti alla saga storica che possono confondere i neofiti.

METAL GEAR SOLID DELTA SNAKE EATER recensione Xbox Series X

Gameplay

Il gameplay di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater resta fedele al suo cuore stealth-survival, con Naked Snake che si muove furtivo in ambienti ostili, cacciando cibo, curando ferite e sfuggendo alle guardie. Il sistema CQC permette combattimenti ravvicinati fluidi, mentre il camuffamento e le trappole offrono approcci creativi per superare i nemici. Le boss fight, come il duello di precisione con The End o lo scontro esplosivo con The Fury, sono dei veri highlight sul fronte tecnico, ciascuno con meccaniche uniche che premiano ingegno e pazienza.

L’introduzione di una camera moderna e controlli opzionali rende l’esperienza più accessibile, senza sacrificare la sfida. Rispetto a giochi stealth moderni (come Hitman), Metal Gear Solid Delta: Snake Eater si distingue per il suo focus sul survival, con fame e infortuni che influenzano le prestazioni. L’esplorazione è gratificante, con segreti e modi alternativi per affrontare le missioni (come lasciare che The End muoia di vecchiaia). La campagna, lunga 15-20 ore, è densa di collezionabili e achievement che spingono a provare run pacifiste o speedrun. Nonostante qualche bug iniziale, patch recenti hanno migliorato la stabilità, anche se l’assenza di multiplayer ne limita la varietà (dovrebbe arrivare nel corso dell’anno, si spera).

Pro di Gameplay

  • Meccaniche stealth profonde con camuffamento e CQC;
  • Boss fight creative e memorabili;
  • Elementi survival che aggiungono immersione;
  • Controlli moderni che migliorano la fluidità;
  • Esplorazione ricca di segreti e approcci alternativi.

Contro di Gameplay

  • Caricamenti frequenti che spezzano l’immersione;
  • Difficoltà sbilanciata con la nuova camera;
  • Gestione dell’inventario macchinosa;
  • Assenza di modalità co-op o multiplayer;

METAL GEAR SOLID DELTA SNAKE EATER recensione Xbox Series X

Dimensione artistica

Dal punto di vista artistico, Metal Gear Solid Delta: Snake Eater è un trionfo visivo. L’Unreal Engine 5 trasforma la giungla in un mondo vibrante, con foglie che ondeggiano al vento, effetti di luce dinamici e dettagli che catturano l’occhio. I modelli dei personaggi, da Snake a The Boss, mostrano un realismo impressionante, con cicatrici e animazioni che riflettono il peso delle loro azioni. La colonna sonora, con l’iconica “Snake Eater” in testa, mescola jazz e orchestrazioni epiche, creando un’atmosfera che spazia dalla tensione alla malinconia.

Gli effetti sonori, come il rumore della pioggia o i passi nel fango, amplificano l’immersione. La direzione artistica conserva il tocco surreale di Kojima, con momenti come l’opening in stile James Bond che brillano in versione rimasterizzata. Rispetto a titoli dalla forte impronta artistica, come The Last of Us, qui l’arte enfatizza il contrasto tra natura selvaggia e tecnologia militare. Nonostante qualche problema di framerate in aree dense e una palette a volte troppo scura, il risultato è un’esperienza visiva e sonora che eleva il remake a nuovi livelli.

Pro di Dimensione artistica

  • Grafica Unreal Engine 5 mozzafiato;
  • Colonna sonora iconica e immersiva;
  • Direzione artistica fedele con tocchi moderni;
  • Effetti di luce e suono che amplificano l’atmosfera;
  • Animazioni dettagliate per personaggi e ambienti.

Contro di Dimensione artistica

  • Calo di framerate in aree dense;
  • Alcuni asset datati che stonano;
  • Audio mixing non sempre perfetto nelle cutscene;
  • Palette colori a volte troppo cupa.

Midnight Murder Club, la recensione su PS5

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Midnight Murder Club irrompe sulla scena come un party game horror multiplayer che mescola tensione e risate in una villa buia e misteriosa. Sviluppato da Velan Studios questo titolo esce dall’early access nel 2025 portando con sé un concetto fresco per gli appassionati di sparatutto in prima persona. Immagina un gruppo di amici armati solo di torcia e rivoltella che si inseguono al buio tra urla e spari improvvisi. Il gioco si posiziona nel panorama dei multiplayer competitivi dove titoli come Among Us o Dead by Daylight hanno già catturato l’attenzione con elementi di inganno e sopravvivenza.

Il titolo arriva in un mercato saturo di esperienze online dove la longevità spesso decide il successo. Velan Studios (noti per Knockout City) tentano di replicare quel mix di divertimento immediato ma con un twist horror. La villa Wormwood Manor diventa il palcoscenico di partite imprevedibili dove il buio non è solo sfondo ma meccanica centrale. Giocatori si nascondono dietro maschere anonime aggiungendo un velo di mistero. La sua uscita completa avviene a seguito di mesi di early access, dove i vari feedback dei giocatori hanno raffinato meccaniche ma non risolto alcune questioni.

Midnight Murder Club invita , dunque, a spegnere le luci e tuffarsi nel caos ma richiede un gruppo affiatato per brillare davvero. Con la sua enfasi su scelte rapide e inganni vocali, il titolo richiama classici come Hide and Seek ma con armi letali. La sua forza sta nel trasformare una villa ordinaria in un’arena di panico e strategia. Eppure la dipendenza dal multiplayer online lo espone a dei rischi, come lobby prive di giocatori. Midnight Murder Club emerge come un’opzione “leggera”, per chi cerca risate immediate senza impegno a lungo termine.

midnight murder club recensione ps5

Storia e Personaggi

Midnight Murder Club non punta su una narrazione profonda optando invece per un setup minimalista che serve da cornice al multigiocatore. La storia ruota intorno a Wormwood Manor una villa vittoriana infestata da spiriti e segreti dove giocatori si riuniscono per un club esclusivo di omicidi notturni. Nessuna campagna single-player, solo accenni a una lore misteriosa attraverso ambienti e oggetti sparsi. La mansion nasconde reliquie dorate e totem che suggeriscono riti antichi ma senza cut-scene o dialoghi elaborati. Questo approccio mantiene il focus sul gameplay, facendo emergere la narrazione per il tramite delle interazioni tra giocatori. Personaggi sono anonimi, nascosti dietro maschere eleganti che evocano balli in maschera del passato.

Ogni giocatore sceglie un look casual ma senza personalizzazioni profonde come skin o accessori sbloccabili. Le maschere variano – da teschi dorati a volti animaleschi – aggiungendo un tocco di mistero e uniformità. In modalità come Graveyard Shift emergono elementi sovrannaturali con demoni e spiriti da esorcizzare, ma restano avversari generici senza backstory. Il titolo evita eroi complessi preferendo avatar intercambiabili che enfatizzano l’inganno. La chat di prossimità permette di tessere storie improvvisate, magari fingendo alleanza per mera convenienza (il tradimento, ahinoi, è una componente fondamentale del gameplay). Una scelta, lato gameplay, che serve a creare personaggi dinamici basati su comportamenti reali piuttosto che script predefiniti. La villa stessa ne trae anche giovamento, diventando il personaggio principale con stanze che vengono generate da zero in ogni partita.

midnight murder club recensione ps5

Per chi apprezza videogiochi non-lore-oriented questo setup funziona bene, raccontando la storia senza bisogno di istanze dedicate. Tuttavia manca profondità per chi cerca dinamiche interazionali “classiche” tra i vari personaggi, con le diverse connessioni emotive che ne derivano. Le maschere anonime appiattiscono lo scenario di gioco, rendendo di primo acchito tutti potenziali assassini o vittime. In modalità Wildcards le carte alterano regole influenzando “personalità” temporanee come diventare minuscoli o invisibili. La storia sottintende un club elitario di cacciatori notturni ma lascia ampio spazio all’immaginazione. Senza progressione narrativa il titolo si affida alla sequela di partite per costruire aneddoti personali e costruire il background delle varie maschere.

Eppure questa scelta rafforza il tema di anonimato e paranoia, aspetti su cui il gioco punta evidentemente molto per la sua riuscita. Wormwood Manor, con i suoi corridoi crepitanti e stanze segrete, racconta una storia di decadenza e pericolo. Elementi come boss spirituali in PvE aggiungono tocchi mitologici ma restano superficiali. Midnight Murder Club privilegia l’esperienza collettiva su archi individuali.

Pro di Storia e Personaggi:

  • Setup minimalista che focalizza sul gameplay;
  • Atmosfera emergente da interazioni vocali;
  • Anonimato che aumenta paranoia e divertimento.

Contro di Storia e Personaggi:

  • Mancanza di lore profonda o campagne;
  • Personaggi generici senza customizzazione;
  • Elementi sovrannaturali sottoutilizzati.

midnight murder club recensione ps5

Analisi del Gameplay

Midnight Murder Club brilla nel gameplay con meccaniche semplici ma efficaci che trasformano una villa buia in un’arena di tensione costante. Al centro c’è la torcia che illumina ma espone la posizione ai nemici creando scelte strategiche immediate. Armati di rivoltella con colpi one-hit-kill i giocatori navigano al buio affidandosi a suoni e istinto. La chat di prossimità aggiunge caos permettendo sussurri vicini o urla distanti che guidano o ingannano. Le modalità variano da Free-for-All dove tutti contro tutti regna il pandemonio a Team Deathmatch per alleanze precarie.

Thief in the Night introduce obiettivi come rubare teschi dorati da casseforti e depositarli in vault con rischio di furti avversari. Headhunters divide in cacciatori e prede con i primi che distruggono totem e i secondi che difendono santuari in limiti temporali. Wildcards spicca con carte che modificano regole come rimpicciolire giocatori o ampliare fasci di luce rendendo ogni partita unica. Graveyard Shift offre PvE co-op per due giocatori con rituali da completare contro spiriti ma si rivela ripetitivo con task come trovare reliquie o sconfiggere boss giganti. La mansion randomizzata garantisce varietà ma la sua vastità causa momenti di vagabondaggio selvaggio senza meta.

Tuttavia, in assenza di varietà di mappe, la ripetitività emerge presto. In modalità come Graveyard Shift mancano incentivi per farsi “un’altro giro” (al netto della raccolta dei trofei). Il titolo eccelle in partite brevi ma fatica a trattenere il giocatore oltre tale arco temporale.

Pro del gameplay:

  • La presenza della torcia crea una situazione di suspense costante;
  • Modalità Wildcards con varietà imprevedibile;
  • Chat di prossimità che amplifica caos e risate.

Contro del gameplay:

  • Ripetitività per via di un’unica mappa grande;
  • Matchmaking instabile con leaver frequenti;
  • PvE co-op Graveyard Shift piuttosto noioso.

midnight murder club recensione ps5

Dimensione artistica

Midnight Murder Club affascina artisticamente con un’estetica che trasforma il buio in arte viva. La villa Wormwood Manor evoca un’era vittoriana decadente con arredi ricchi di dettagli come candelabri polverosi e tappeti logori. La grafica non punta al realismo estremo ma ad un’atmosfera con ombre dinamiche che danzano sotto fasci di torcia. GLi effetti di luce riescono a creare quel giusto livello di suspense con bagliori improvvisi che rivelano sagome nemiche. Su PS5 il titolo gira fluido senza cali di frame, sfruttando il DualSense per vibrazioni tattili come rimbombo di passi o recoil di spari.

L’audio design eccelle con suoni ambientali e effetti terrorlike come porte che scricchiolano, vetri che si rompono e echi di voci che aleggiano nell’aria. La mancanza di una colonna sonora di accompagnamento amplifica il livello di tensione, lasciando spazio a dei rumori terrificanti. Le maschere dei personaggi mescolano eleganza e grottesco con design che richiamano balli mascherati antichi. La “randomizzazione” del design delle stanze mantiene freschezza visiva, con layout che cambiano ogni nuova partita. Suoni di armi nitidi distinguono revolver da coltelli, aiutando sul fronte immersione. Artisticamente Midnight Murder Club cattura essenza di un film noir misto a commedia slapstick.

Pro della dimensione artistica:

  • Atmosfera immersiva con luci e ombre dinamiche;
  • Audio design eccellente per tensione sensoriale;
  • Estetica vittoriana elegante e misteriosa.

Contro della dimensione artistica:

  • Grafica non all’avanguardia;
  • Mancanza di soundtrack di accompagnamento;
  • Limitate opzioni visive per giocatori.

Mafia: Terra Madre, la recensione su PS5

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Mafia: Terra Madre irrompe nel panorama videoludico come un prequel che riporta alle origini della saga criminale. Ambientato nella Sicilia di inizio Novecento il gioco esplora le radici storiche della mafia, in un’epoca di miseria e potere assoluto. Sviluppato da Hangar 13 con il supporto dello studio italiano Stormind Games e pubblicato da 2K il titolo è arrivato sugli scaffali lo scorso 8 agosto su PC, PS5 e Xbox Series X|S. La serie Mafia ha sempre unito narrazione intensa a meccaniche action e questo capitolo opta per un approccio lineare abbandonando l’open world ampio di Mafia III per focalizzarsi su una campagna compatta.

Il risultato è un’avventura di circa dodici ore che privilegia la storia su esplorazioni infinite. Enzo Favara, il protagonista, parte da una vita dura nelle miniere di zolfo e sale nei ranghi di una famiglia mafiosa. L’ambientazione siciliana – con colline vulcaniche, villaggi rustici e tonnare antiche – offre un contrasto vivace rispetto alle metropoli americane dei giochi precedenti. I punti di forza balzano subito agli occhi nella ricostruzione storica fedele e nell’atmosfera avvolgente che rende ogni scelta pesante.

La saga Mafia ha ridefinito i giochi di malavita, ininiziando da quel primo capitolo del 2002 che simulava la vita gangster negli anni Trenta. Mafia II ha affinato i personaggi complessi mentre Mafia III ha tentato vie RPG in un contesto più aperto. Questo prequel sceglie la strada della semplicità e il mix convince a metà. La campagna singola priva di multiplayer o acquisti in-game attrae chi cerca esperienze pure, siglando un ritorno alle origini di chiara matrice vintage. Di contro, la scarsa varietà nelle missioni e piccoli glitch tecnici (tra cui dei come cali di frame piuttosto evidenti) tolgono smalto a questa nuova avventura.

Mafia: The Old Country,

In un mercato pieno di mondi aperti enormi alla Rockstar questo titolo spicca per la sua brevità focalizzata. Un videogioco che si presenta come un film giocabile, ispirato a classici mafiosi ma con quel tocco di realismo storico che ne fa il suo valore aggiunto. Mafia: Terra Madre non stravolge ma rinfresca la formula e spinge a pensare alle basi della malavita. Per i veterani è un legame col passato mentre per i neofiti è un ingresso facile nel universo Mafia. Il doppiaggio in siciliano verace aggiunge un tocco unico rendendo i personaggi più credibili anche se a volte difficile da seguire senza sottotitoli.

Tuttavia non manca qualche scivolone. La trama a tratti prevedibile e meccaniche un po’ datate rallentano il ritmo in certi momenti. Il gameplay guidato evita eccessi ma riduce l’esplorazione a percorsi fissi. Al netto dello scontro tra Pro (come la grafica dettagliata, personaggi vividi, dialoghi curati e colonna sonora che fonde folk locale con tensioni drammatiche) e Contro (come sparatorie imprecise, un mondo poco interattivo, fasi stealth rigide e IA nemica altalenante), l’alchimia generale crea un prodotto che riesce a convincere. Questo fa del gioco un vero e proprio omaggio nostalgico per i fan ma forse troppo cauto per chi brama novità. In sintesi Mafia: Terra Madre cattura lo spirito della serie con un gusto italiano autentico e invita a immergersi nelle origini dell’onorata società.

Storia e personaggi

La trama di Mafia: Terra Madre si tuffa nelle origini della Cosa Nostra siciliana all’alba del secolo scorso. Enzo Favara inizia da un’esistenza di stenti nelle miniere e si ritrova invischiato in una potente famiglia criminale. La narrazione salta tra eventi cruciali come fughe rocambolesche riti tradizionali e incontri carichi di tensione, procedendo per salti temporali di qualche anno, per centrare i momenti chiave. Questo mantiene un passo vivace evitando riempitivi ma accelera certi sviluppi di trama (e qualche interrogativo sorge in maniera fisiologica).

I temi centrali girano attorno a lealtà familiare e al prezzo del potere. Enzo naviga un mondo dove debiti e onore comandano ogni passo e le scelte etiche pesano come macigni. La storia richiama classici cinematografici con tradimenti e patti fragili ma infonde un sapore locale citando fatti storici come lotte sindacali e dominio dei baroni. Senza rovinare sorprese, la trama sfocia in confronti emotivi che collegano il prequel alla trilogia principale.

Mafia: The Old Country

I personaggi alzano l’asticella oltre la routine. Enzo è un eroe “che si costruisce” con un’evoluzione da ingenuo sopravvissuto a calcolatore spietato. Il patriarca Don Torrisi, con origini umili da lavoratore evita lo stereotipo del boss distaccato, emanando carisma quieto e feroce, con un velo di mistero che incolla allo schermo. Isabella (figlia del Don) introduce romance e conflitto mostrando resilienza in un tempo maschilista. Cesare nipote ambizioso crea rivalità interne aggiungendo frizioni. Luca (la guida) offre calore umano e consigli saggi variando il cast, diventando la voce della coscienza del protagonista. Queste figure spiccano grazie a voci eccellenti, specie nel dialetto siciliano che dona veracità.

La storia evita eccessi violenti puntando su dramma umano e questo è un vantaggio per chi cerca delle esperienze character-driven. Eppure la durata compatta limita l’approfondimento di questioni come divisioni sociali tra umili e potenti. La trama sfiora l’impatto della mafia sulle vite quotidiane ma salta chance per scavare di più. La narrazione lineare aiuta a focalizzarsi sui personaggi senza distrazioni ma manca di ramificazioni che potevano aggiungere quel tocco di diversità.

Complessivamente la storia e i suoi “abitanti” formano un tappeto emotivo che sostiene l’intera esperienza nonostante qualche prevedibilità. In sequenze come corse a cavallo o opere teatrali, giusto a titolo di esempio, il gioco infonde una ventata di cultura siciliana, vivificando la storia. Giusto lustro ai personaggi che salvano una trama robusta ma non rivoluzionaria. Enzo matura in modo appagante e le dinamiche familiari tengono viva l’attenzione.

Pro della storia e personaggi

  • cast solido, con alcune intrepretazioni sopra le righe;
  • lode per la fedeltà storica;
  • dialoghi credibili e carichi di profondità emotiva.

Contro della storia e personaggi

  • prevedibilità e alcuni passaggi narrativi affrettati;
  • cliché mafiosi già visti che regalano plot twist scontati.

Analisi del gameplay

Mafia: Terra Madre sceglie un percorso lineare che antepone la narrazione a libertà illimitate. Le missioni si incatenano in sequenza fluida passando da cutscene a azione. Il gameplay si suddivide in stealth, sparatorie, guida e scontri corpo a corpo, offrendo diversità ma con confini chiari. La componente stealth (che ricorda quella vista in Plague Tale) domina varie parti, dove Enzo si intrufola in zone ostili usando coltelli per takedown silenziosi. Tale approccio non richiede una curva di apprendimento proibitiva, anche grazie all’utilizzo di un sistema di “distrazioni” semplici (come lanciare bottiglie) ma manca di profondità portando a fallimenti rapidi e irritanti. Lo stealth permette approcci silenziosi con nascondiglio corpi ma l’IA compiacente lo rende talvolta un “filler”.

La componente shooting usa coperture con armi d’epoca come lupara e fucili. Il sistema di puntamento è rigido ma il suono degli spari rende ogni colpo impattante. I nemici attaccano con foga richiedendo un’oculata gestione del munizionamento. Interviene l’IA, che mostra il suo duplice aspetto, tra astuto e scontato. I duelli ravvicinati sono carichi di tensione, con parate, schivate e affondi che mettono in scena delle sequenze mai scontate e che aiutano a rompere il flusso del gameplay, aggiungendo pathos (specie contro capi), anche se tale effetto finisce col disperdersi nel corso dei vari replay.

Piattaforme di Mafia: The Old Country

Guida e cavalcate su cavalli o vetture d’epoca servono per spostamenti e inseguimenti. Le corse equestri e automobilistiche sono un must, forte dei controlli reattivi e della loro carica rievocativa. Da evidenziare la presenza di un sistema segnaletico dinamico senza minimappa, che migliora il fattore immersione. Il titolo non è caratterizzato da attività di farming, con avanzamento legato alla trama e customizzazioni minime per armi e mezzi. La raccolta e la successiva spendita del denaro, utile per upgrade, finisce col diventare non essenziale in quanto orientato principalmente all’estetica. In missioni come fughe a cavallo o agguati in vigneti il gameplay eccelle mostrando il suo lato migliore. Eppure, sul lungo, la ripetizione affiora in schemi stealth-spara-guida che non mutano.

Pro del gameplay

  • auto d’epoca e corse con cavalli aggiungono quel tocco storico che non guasta;
  • personalizzazioni come vestiti capelli e amuleti per bonus passivi aggiungono una modesta ventata di RPG .

Contro del gameplay

  • interazioni ambientali minime con mappa contemplativa (più che attiva) deludono;
  • equilibrio difficoltà non ottimale, con potenziamenti superflui a livelli medi;
  • IA talvolta banale e lacunosa.

Dimensione artistica

Mafia: Terra Madre trionfa nel ritrarre la Sicilia rude del Novecento. Il mondo è un gioiello visivo con colline vulcaniche borghi autentici e rovine antiche che pulsano di storia. San Celeste (città inventata) muta durante la campagna riflettendo eventi e stagioni con dettagli come fiere tradizionali e mercati brulicanti. La grafica su Unreal Engine 5 spinge confini con texture ricche e luci dinamiche che rendono albe spettacolari.

L’arte ambientale narra storie mute come miniere opprimenti o campi lussureggianti che oppongono povertà a opulenza. Interni pullulano di arredi d’epoca e oggetti manipolabili che trasudano di immersione. Lustro alla ricostruzione storica precisa che insegna cultura siciliana tramite collezionabili come miti locali o reperti. La direzione artistica schiva errori temporali infondendo realismo in ogni quadro.

Quando è ambientato Mafia: The Old Country

Il suono eleva tutto con colonna sonora che unisce folk tradizionale e orchestrazioni d’autore. Pezzi come canti operai o arie durante missioni amplificano emozioni. Effetti sono potenti con spari e zoccoli che echeggiano verosimilmente. Doppiaggio, specie in siciliano, aggiunge autenticità con prove di recitazione degne di nota. Cutscene sono filmiche con inquadrature drammatiche che richiamano classici.

Complessivamente la dimensione artistica è un fiore all’occhiello con dei colpi d’occhio mozzafiato e sound design avvolgente. Le palette cromatiche vivaci creano quella giusta e funzionale dissonanza con le tematiche trattate, talvolta intrise di violenza.

Pro della dimensione artistica

  • modelli personaggi principali eccellenti con volti espressivi;
  • colonna sonora sottolinea narrazioni con pezzi cantati fedeli all’epoca;
  • doppiaggio siciliano primato ludico (ostico senza sottotitoli).

Contro della dimensione artistica

  • NPC secondari mancano varietà;
  • glitch texture e cali frame che spezzano magia;
  • un mondo di gioco bello ma vuoto di attività extra.

Il confronto con i 3 videogiochi della trilogia di Mafia

Mafia: Terra Madre si misura con la trilogia tornando alle basi ma con plot twist propri. Il primo Mafia del 2002, ambientato negli anni Trenta a Lost Heaven, puntava su simulazione realistica con guida punitiva e trama lineare. Questo nuovo captitolo ne condivide linearità ma aggiunge stealth e duelli con coltello assenti nell’originale.

Mafia II ambientato negli anni ’40 e ’50 Empire Bay raccontava le gesta di Vito Scaletta e legami fraterni. La volontà di esplorare i legami è ripresa in Terra Madre ma la trama è meno sorprendente. Mafia II, inoltre, spiccava per le missioni secondarie, aspetto abbandonato in questo nuovo capitolo per evitare un eccessivo “allargamento”.

Mafia III del 2016 ha portato l’open world nella serie con la città di New Bordeaux negli anni ’60, con tocchi RPG e vendetta razziale. Terra Madre circoscrive i confini di gioco in funzione della narrativa ma perde tanto in varietà dell’offerta. Il setting siciliano dona freschezza ma perde il confronto con la profondità sociale offerta dal sud americano del terzo capitolo.

GIANTS Software presenta Farming Simulator 25: Highlands Fishing con il trailer della gamescom

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Alla gamescom, gli appassionati di agricoltura e acquacoltura potranno immergersi nella bellezza selvaggia delle Highlands. Il publisher e sviluppatore GIANTS Software presenta una versione giocabile dell’espansione Highlands Fishing per Farming Simulator 25. Il trailer della gamescom che accompagna il gioco offre un assaggio delle sue caratteristiche principali, dalle location mozzafiato alle nuove meccaniche di gioco.

L’anteprima presenta le nuove caratteristiche

Highlands Fishing introduce Kinlaig, una nuova mappa caratterizzata da valli rocciose, erba incolta e bovini delle Highlands sotto un cielo nuvoloso. Questa regione battuta dal vento e ricca di storia fonde l’agricoltura tradizionale con l’acquacoltura, mentre l’architettura autentica fa da cornice a nuove attività, tra cui l’allevamento, la crescita e la raccolta del pesce, oltre all’introduzione delle cipolle come nuova coltura. L’elenco delle attrezzature si amplia con macchinari di Monosem, Can-Am, Agri-Spread e GT Bunning, aggiungendo ulteriore profondità alle operazioni sia terrestri che marittime.

Anteprima giocabile di Highlands Fishing

I visitatori non avranno difficoltà a trovare lo stand nella Hall 6 per giocare al prossimo Farming Simulator 25: Highlands Fishing, dato che GIANTS Software arriva alla gamescom con il John Deere 9RX 830, un enorme trattore con oltre 900 cavalli di potenza. Il team in loco intratterrà tutti i visitatori con spettacoli sul palco, omaggi, numerose postazioni di gioco e altre attività.

Farming Simulator 25 è disponibile per PC, Mac, PlayStation®5 e Xbox Series X|S. È possibile acquistare un Year 1 Season Pass che include l’espansione Highlands Fishing, in uscita il 4 novembre, e altri tre pacchetti: i fan risparmiano fino al 25% rispetto all’acquisto separato dei contenuti. GIANTS Software continuerà inoltre a rilasciare aggiornamenti gratuiti e contenuti generati dagli utenti sul ModHub ufficiale. GIANTS Software sarà presente alla gamescom di Colonia dal 20 al 24 agosto nell’area intrattenimento dellla Hall 6 e nell’area business della Hall 4.2, stand B42.

Hell Clock, la recensione su PC (Steam)

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Immaginate di essere catapultati in un mondo dove il tempo è un tiranno implacabile, l’inferno è un campo di battaglia e la vendetta è l’unico carburante che spinge ad andare avanti. Questo è Hell Clock, un roguelite ARPG che si tuffa a capofitto in una rivisitazione dark fantasy della Guerra di Canudos, un capitolo triste e brutale della storia brasiliana di fine Ottocento. Sviluppato da Rogue Snail e disponibile su PC tramite Steam, questo titolo è un’esplosione di azione frenetica, narrazione intensa e un’estetica capace di far innamorare (o tremare). Dopo aver passato ore a maciullare nemici e a costruire build devastanti, siamo pronti a raccontarvi perché Hell Clock sia un gioco che non passa indisturbato, pur con qualche “fisiologico” inciampo lungo il cammino.

Non è un segreto che il genere roguelite inizi ad essere, come dire, “affollato”. Da Hades a Dead Cells, i giochi che mescolano morte permanente, progressione e adrenalina sono diventati delle costanti tra le varie stagioni videoludiche che si succedute negli ultimi anni. Ma Hell Clock non si limita ad inseguire la scia, scrollandosi di dosso l’etichetta del more of the same. Prende ispirazione dai grandi, certo, ma ci aggiunge un sapore unico: un mix di storia sudamericana, mitologia oscura e un ritmo oltremodo impegnativo. È un gioco che non ha paura di osare, ma che a volte si perde nei suoi stessi ambiziosi intenti. Prepariamoci, dunque, ad un viaggio attraverso l’inferno, dove ogni secondo conta e ogni scelta può essere fatale.

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Storia e Personaggi

La storia di Hell Clock è un pugno nello stomaco (ma non in senso negativo), ma di quelli che vi fanno venir voglia di rialzarvi e combattere. Siamo nel Brasile di fine Ottocento, in un’ambientazione ispirata alla Guerra di Canudos, un conflitto reale che vide migliaia di persone massacrate per mano di un esercito repubblicano. Qui però la realtà si piega al soprannaturale ed alla finzione videoludica. Canudos non è più solo un villaggio distrutto, ma un purgatorio brulicante di demoni, non-morti e forze oscure. Al centro della narrazione c’è Pajeú, un guerriero segnato da cicatrici fisiche e interiori, che si lancia in una missione disperata per salvare l’anima del suo mentore, Antonio Conselheiro, intrappolata da entità demoniache.

Pajeú è un protagonista che si fa amare. Non è il classico eroe senza macchia: è un ex bandito, un uomo che ha conquistato la libertà con il sangue e che ora vive per la vendetta. La sua storia è raccontata con dialoghi essenziali ma carichi di emozione, e il doppiaggio (disponibile in inglese nella versione completa) dà al personaggio una profondità che lo rende memorabile. Non aspettatevi però una narrazione verbosa alla The Witcher. Hell Clock preferisce far parlare l’azione e l’ambientazione, lasciando che i dettagli della lore emergano attraverso manufatti, descrizioni di abilità e frammenti di contesto sparsi nel gioco. È un approccio che funziona (a tratti), ma che può lasciare un senso di vuoto a chi cerca una trama più “immediata”.

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Tra i punti di forza della narrazione c’è sicuramente l’ambientazione storica. La Guerra di Canudos, con il suo mix di fanatismo religioso, ingiustizie sociali e brutalità, è una base perfetta per un dark fantasy. Gli sviluppatori hanno fatto un lavoro eccellente nel tessere elementi di Candomblé (una religione afro-brasiliana) nell’albero delle abilità e nei talismani, dando al gioco un’identità culturale unica.

Tuttavia, questa ricchezza non è sempre sfruttata al massimo. La storia si concentra molto sulla vendetta di Pajeú, ma i personaggi secondari e la cultura di Canudos rimangono in secondo piano. È come se il gioco mostrasse un banchetto succulento ma servisse solo l’antipasto. Si potevano prevedere dei momenti dedicati al mondo e ai suoi abitanti, magari attraverso incontri o missioni secondarie che approfondissero il contesto, ma questo purtroppo non è avvenuto.

Pro della storia e personaggi

  • Ambientazione unica che mescola storia reale e dark fantasy;
  • Pajeú è un protagonista carismatico e sfaccettato;
  • Integrazioni culturali come il Candomblé aggiungono sapore.

Contro della storia e personaggi

  • Narrazione minimalista che potrebbe deludere chi cerca profondità;
  • Personaggi secondari poco sviluppati;
  • La lore è interessante ma rimane troppo in superficie.

Gameplay

Se la storia di Hell Clock è il cuore pulsante, il gameplay è il motore che lo fa correre. Questo è un roguelite che non fa prigionieri, con un sistema di combattimento che ricorda Diablo per la sua brutalità e Hades per la sua fluidità. Vestendo i panni di Pajeú ci si troverà a sfrecciare attraverso dungeon infestati, affrontando orde di nemici con un mix di attacchi base, abilità speciali e talismani che trasformano ogni run in un’esperienza unica. Il tutto è condito da un timer opzionale (la “spada di Damocle” del gioco) che obbliga a correre contro il tempo, aggiungendo un livello di tensione che tiene incollato il giocatore allo schermo.

Il combattimento è il punto di forza assoluto di questa esperienza. È veloce, viscerale ed oltremodo soddisfacente. Si possono scegliere tra diverse armi, come spade rotanti, lance infuocate o catene demoniache, ognuna con un feeling unico. Le abilità si sbloccano tramite un albero delle costellazioni, che vi permette di costruire build devastanti. Abbiamo passato ore a sperimentare combinazioni, come un attacco ad area che incenerisce i nemici e un’abilità di movimento che ci rendeva quasi intoccabili. La varietà è impressionante: ogni run spinge a provare nuove strategie, e il sistema di looting randomico garantisce che non si giochino mai due partite uguali.

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Ma non è tutto rose e fiori. Uno dei problemi principali è il bilanciamento. In alcune run, ci siamo trovati praticamente invincibili grazie a una build ben costruita, ma contro certi boss (come le temute “maledizioni tormentate”) il danno inflitto sembrava irrisorio, trasformando le battaglie in maratone estenuanti. Questo è un peccato “originale” dei roguelite, ma in Hell Clock la sua presenza finisce col essere frustrante, soprattutto quando il gioco non fornisce abbastanza strumenti per superare certi “muri”. Inoltre, i comandi possono risultare un po’ goffi, specialmente con il movimento tramite mouse (il nostro spassionato consiglio è quello di giocare con un controller stile Xbox). La possibilità di avere uno slot abilità extra usando il mouse (sei invece di cinque) crea uno squilibrio con chi usa tastiera e/o un controller, e questo potrebbe irritare i puristi del bilanciamento.

Un altro aspetto interessante è la modalità “Relaxed”, che elimina la pressione del timer per chi vuole godersi il gioco con calma. È una scelta intelligente che rende Hell Clock accessibile anche a chi non ama la frenesia tipica del genere. Tuttavia, è nella modalità Hardcore – con il timer sempre attivo – dove il gioco brilla davvero, premiando riflessi e strategia. L’endgame, con il sistema di Ascensione e le sfide chiamate “Penances”, aggiunge longevità, ma può sembrare ripetitivo per chi non ama grindare.

Pro del gameplay

  • Combattimento fluido e adrenalinico;
  • Grande varietà di build e personalizzazione;
  • Modalità Relaxed e Hardcore per accontentare tutti.

Contro del gameplay

  • Squilibri nel bilanciamento contro certi boss;
  • Comandi a volte poco intuitivi;
  • Endgame un po’ ripetitivo per i non amanti del grind.

Dimensione Artistica

Senza girare troppo attorno all’argomento, dove veramente eccelle Hell Clock è nella sua direzione artistica. Questo gioco è un capolavoro stilistico, che riesce a bilanciare un’estetica cupa e opprimente con momenti di bellezza quasi poetica. L’ambientazione, ispirata al Brasile rurale di fine Ottocento, è resa con una palette di colori terrosi, interrotta da fiammate di rosso e arancione che rappresentano il fuoco della vendetta di Pajeú. I dungeon sono vivi, con ombre che danzano al passaggio della torcia del protagonista e dettagli ambientali che raccontano una storia senza bisogno di parole. Rovine coperte di vegetazione, altari improvvisati, graffiti sbiaditi: ogni elemento contribuisce a creare un mondo credibile e inquietante.

La direzione artistica si ispira chiaramente a titoli come Curse of the Dead Gods e Hades, ma riesce a ritagliarsi un’identità propria grazie all’influenza della cultura brasiliana. Le divinità del Candomblé che appaiono come spiriti guida o le reliquie ispirate alla tradizione locale danno al gioco un sapore unico. Anche i nemici sono un piacere per gli occhi: dai non-morti scheletrici ai demoni colossali, ogni creatura è disegnata con cura e animata con fluidità. Il design di Pajeú, con la sua cicatrice che gli divora il volto, è iconico e trasmette tutta la sua furia.

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La colonna sonora è un altro punto forte. Le tracce mescolano ritmi tribali con suoni elettronici distorti, creando un’atmosfera che è al tempo stesso ancestrale e apocalittica. Il doppiaggio, anche se limitato, è di ottima qualità, con un’interpretazione di Pajeú che trasuda rabbia e disperazione. Tuttavia, non tutto è perfetto. Gli ambienti, pur splendidi, possono diventare ripetitivi dopo ore di gioco, con dungeon che a volte sembrano troppo simili. Inoltre, in alcune sezioni buie, la visibilità è un problema, e la torcia di Pajeú non sempre illumina in maniera ottimale. È un difetto minore, ma può spezzare il ritmo in momenti critici.

Pro della dimensione artistica

  • Direzione artistica mozzafiato e unica;
  • Integrazione della cultura brasiliana nei design;
  • Colonna sonora coinvolgente e doppiaggio di qualità;

Contro della dimensione artistica

  • Dungeon a volte ripetitivi;
  • Problemi di visibilità in alcune sezioni buie;
  • Mancanza di varietà in certi ambienti.

Battlefield 6: trailer ufficiale, l’anteprima dell’esperienza di guerra totale suprema

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Electronic Arts e Battlefield Studios hanno pubblicato il trailer di presentazione di Battlefield 6, che offre un’esclusiva anteprima dell’esperienza di guerra totale suprema.

Il trailer ci fa conoscere la Pax Armata, una compagnia militare privata finanziata da ex stati NATO che minaccia di trascinare il mondo in un conflitto globale. Questo delinea il contesto di ciò che i giocatori possono aspettarsi sul campo di battaglia, sia in modalità multigiocatore sia con il ritorno della campagna per giocatore singolo.

In Battlefield 6, torna l’incredibile mix di combattimenti viscerali, epiche battaglie e libertà di gioco. Sfonda i muri e demolisci gli edifici per ottenere un vantaggio tattico, o lanciati per i cieli in duelli aerei da brivido. Partecipa a una guerra di carri armati, caccia e combattimento su vasta scala, ma ricorda: l’arma più letale è la tua squadra.

Non dovrai aspettare a lungo per saperne di più su Battlefield 6.

Giovedì 31 luglio alle 20:30 CEST, si terrà un imperdibile evento di presentazione del multigiocatore in diretta con gli sviluppatori di Battlefield Studios. È il momento più importante della storia di Battlefield, perciò assicurati di seguirlo! Questa epica presentazione alzerà il sipario sulle tanto attese funzionalità multigiocatore di Battlefield 6 e dimostrerà perché questo è il titolo più ambizioso nella storia della serie, con una presentazione esplosiva di alcune delle mappe mozzafiato in cui i giocatori combatteranno, la serie di modalità nuove e ricorrenti e molto altro ancora.

Dopo questa trasmissione, i tuoi creatori di contenuti preferiti di FPS condivideranno anche le prime prove di gameplay in streaming di Battlefield 6, rivelando un accesso senza precedenti al gioco, con talent che si uniranno da eventi in diretta di tutto il mondo, da Los Angeles, Berlino, Parigi e Londra, a cui farà seguito un evento che si terrà a Hong Kong il 2 agosto.

EA SPORTS FC 26: annunciata la copertina e diffuso il primo gameplay

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Electronic Arts Inc. ha annunciato che i calciatori straordinari Jude Bellingham e Jamal Musiala sono gli atleti di copertina di EA SPORTS FC 26 e EA SPORTS FC Mobile, e ha inoltre offerto un primo sguardo al gameplay di EA SPORTS FC 26, in vista del suo lancio mondiale il 26 settembre 2025.

Bellingham e Musiala si uniscono a Zlatan Ibrahimović, che è stato presentato come star di copertina della Ultimate Edition di EA SPORTS FC 26 all’inizio di questa settimana, per inaugurare un nuovo capitolo di EA SPORTS FC, basato sul feedback della community di FC. Bellingham torna sulla copertina di EA SPORTS FC dopo il suo debutto lo scorso anno, ed è affiancato dall’ex compagno di squadra giovanile Musiala, che è il primo giocatore dell’FC Bayern Monaco a comparire su una copertina di EA SPORTS FC a livello globale.

“È davvero bello condividere con Jamal questo momento, che riflette quanto siamo arrivati lontano. Ricordo i tempi in cui condividevamo la stanza nell’alloggio della squadra giovanile inglese, giocavamo sempre” , ha detto il centrocampista del Real Madrid Jude Bellingham. “Da dove vengo io, tutti conoscono il gioco, tutti ci giocano e ne parlano molto. Sono grato di avere l’opportunità di essere di nuovo in copertina”.

“È stata una sensazione pazzesca scoprire che sarei stato sulla copertina di FC. Ho pensato, come potrei dirlo al mio fratellino? È un grande fan del gioco, quindi questa sarà una bella sorpresa per lui” , ha detto la star del Bayern Monaco Jamal Musiala. “È una cosa che ho sempre desiderato crescendo, ed è così importante per la cultura calcistica. Chissà, forse posso ancora battere Jude a FC”.

EA SPORTS FC 26 È PLASMATO DAL VOSTRO FEEDBACK

Giocate come preferite con nuove innovazioni a livello generale per il gioco e un’esperienza di gameplay completamente rinnovata, basata sul feedback della community di FC, tra cui:

  • Fondamentali di Gameplay affinati: EA SPORTS FC 26 offre una varietà di modifiche a livello generale per il gioco, tra cui una maggiore reattività e fluidità nel dribbling, cambi di direzione in corsa ri-calibrati per movimenti dei giocatori più forti, un posizionamento del portiere completamente nuovo basato sull’apprendimento per rinforzo, animazioni volumetriche corpo a corpo, nuovi Playstyles e Ruoli Giocatore più versatili, e molto altro ancora

  • Preset Gameplay Autentico e Gameplay Competitivo: Il nuovo preset di Gameplay Competitivo — guidato da fondamentali affinati, maggiore coerenza e reattività migliorata — è fatto su misura per giocare in Football Ultimate Team™ e Clubs, mentre il preset di Gameplay Autentico offre l’esperienza più fedele al calcio di sempre in Carriera.

  • Vivete la Carriera Allenatore come mai prima: Entrate nel divertentissimo mondo di Manager Live, una nuova dimensione aggiunta alla modalità attraverso un hub live ricco di Sfide a lunghezza variabile in continua evoluzione. Accanto a Carriera Originale e Live Start Points, Manager Live ospita scenari rilasciati regolarmente durante la nuova stagione, curati seguendo il mondo reale del calcio, e offrendo ai giocatori il prossimo obiettivo da perseguire nelle loro carriere.

  • Archetipi: Una nuovissima funzionalità di FC 26, gli Archetipi sono stati ispirati dai grandi protagonisti del calcio, introducendo nuove classi in Club e Carriera Giocatore, portando più individualità ai giocatori. Sviluppate le vostre abilità migliorando gli attributi e sbloccando i Vantaggi Archetipo per dare al vostro giocatore una sensazione distintiva sul campo.

  • Nuovi Eventi Live e Modalità Torneo: In FC 26, i fan potranno mettere alla prova le loro squadre dei sogni in Football Ultimate Team con le nuove modalità Eventi Live e Torneo, oltre alle esperienze Rivali e Campioni rinnovata.

  • Autenticità ineguagliabile: EA SPORTS è orgogliosa di portare un’autenticità in-game che riflette un realismo ineguagliabile in EA SPORTS FC 26 con oltre 20.000 atleti, oltre 750 club e squadre nazionali che giocano in più di 120 stadi e oltre 35 leghe, supportati da più di 300 partner calcistici globali.

“FC 26 riflette il nostro continuo impegno a costruire questo gioco con e per la nostra community” , ha dichiarato John Shepherd, VP & GM, EA SPORTS FC. “Siamo anche noi giocatori, e questa passione condivisa guida tutto ciò che facciamo. Quest’anno porta un’esperienza di gameplay rinnovata, nuovi Tornei ed Eventi Live in FUT, una nuovissima personalizzazione degli Archetipi in Clubs e una Modalità Carriera che prende vita attraverso Sfide in evoluzione. Non vediamo l’ora che i giocatori sentano la differenza questo settembre e aiutino a plasmare il futuro di FC”.

Per approfondire ulteriormente il suo approccio incentrato sulla community, EA SPORTS ha lanciato FC Feedback: una nuova iniziativa che consente ai giocatori di contribuire direttamente all’evoluzione di EA SPORTS FC, basandosi su un anno di caratteristiche in FC 26 influenzate dai suggerimenti della community. Questo riunisce i molteplici modi in cui i giocatori possono condividere il loro feedback, inclusi il Portale di Feedback dei Giocatori, i Consigli di Design guidati dalla community, il Server Discord di FC, i Forum e i social media.

Per celebrare la presentazione della copertina, i fan che giocheranno a EA SPORTS FC Mobile tra il 17 e il 31 luglio riceveranno un oggetto giocatore speciale Jude Bellingham da 102 OVR e un oggetto giocatore Jamal Musiala da 102 OVR✝. Il 17 luglio vedrà anche Zlatan Ibrahimović fare il suo ritorno su FC Mobile come ICONA, consentendo ai giocatori di reclutarlo nel loro club, e di rivivere momenti chiave della sua leggendaria carriera in Cronache ICONE.