Mafia: Terra Madre irrompe nel panorama videoludico come un prequel che riporta alle origini della saga criminale. Ambientato nella Sicilia di inizio Novecento il gioco esplora le radici storiche della mafia, in un’epoca di miseria e potere assoluto. Sviluppato da Hangar 13 con il supporto dello studio italiano Stormind Games e pubblicato da 2K il titolo è arrivato sugli scaffali lo scorso 8 agosto su PC, PS5 e Xbox Series X|S. La serie Mafia ha sempre unito narrazione intensa a meccaniche action e questo capitolo opta per un approccio lineare abbandonando l’open world ampio di Mafia III per focalizzarsi su una campagna compatta.
Il risultato è un’avventura di circa dodici ore che privilegia la storia su esplorazioni infinite. Enzo Favara, il protagonista, parte da una vita dura nelle miniere di zolfo e sale nei ranghi di una famiglia mafiosa. L’ambientazione siciliana – con colline vulcaniche, villaggi rustici e tonnare antiche – offre un contrasto vivace rispetto alle metropoli americane dei giochi precedenti. I punti di forza balzano subito agli occhi nella ricostruzione storica fedele e nell’atmosfera avvolgente che rende ogni scelta pesante.
La saga Mafia ha ridefinito i giochi di malavita, ininiziando da quel primo capitolo del 2002 che simulava la vita gangster negli anni Trenta. Mafia II ha affinato i personaggi complessi mentre Mafia III ha tentato vie RPG in un contesto più aperto. Questo prequel sceglie la strada della semplicità e il mix convince a metà. La campagna singola priva di multiplayer o acquisti in-game attrae chi cerca esperienze pure, siglando un ritorno alle origini di chiara matrice vintage. Di contro, la scarsa varietà nelle missioni e piccoli glitch tecnici (tra cui dei come cali di frame piuttosto evidenti) tolgono smalto a questa nuova avventura.
In un mercato pieno di mondi aperti enormi alla Rockstar questo titolo spicca per la sua brevità focalizzata. Un videogioco che si presenta come un film giocabile, ispirato a classici mafiosi ma con quel tocco di realismo storico che ne fa il suo valore aggiunto. Mafia: Terra Madre non stravolge ma rinfresca la formula e spinge a pensare alle basi della malavita. Per i veterani è un legame col passato mentre per i neofiti è un ingresso facile nel universo Mafia. Il doppiaggio in siciliano verace aggiunge un tocco unico rendendo i personaggi più credibili anche se a volte difficile da seguire senza sottotitoli.
Tuttavia non manca qualche scivolone. La trama a tratti prevedibile e meccaniche un po’ datate rallentano il ritmo in certi momenti. Il gameplay guidato evita eccessi ma riduce l’esplorazione a percorsi fissi. Al netto dello scontro tra Pro (come la grafica dettagliata, personaggi vividi, dialoghi curati e colonna sonora che fonde folk locale con tensioni drammatiche) e Contro (come sparatorie imprecise, un mondo poco interattivo, fasi stealth rigide e IA nemica altalenante), l’alchimia generale crea un prodotto che riesce a convincere. Questo fa del gioco un vero e proprio omaggio nostalgico per i fan ma forse troppo cauto per chi brama novità. In sintesi Mafia: Terra Madre cattura lo spirito della serie con un gusto italiano autentico e invita a immergersi nelle origini dell’onorata società.
Storia e personaggi
La trama di Mafia: Terra Madre si tuffa nelle origini della Cosa Nostra siciliana all’alba del secolo scorso. Enzo Favara inizia da un’esistenza di stenti nelle miniere e si ritrova invischiato in una potente famiglia criminale. La narrazione salta tra eventi cruciali come fughe rocambolesche riti tradizionali e incontri carichi di tensione, procedendo per salti temporali di qualche anno, per centrare i momenti chiave. Questo mantiene un passo vivace evitando riempitivi ma accelera certi sviluppi di trama (e qualche interrogativo sorge in maniera fisiologica).
I temi centrali girano attorno a lealtà familiare e al prezzo del potere. Enzo naviga un mondo dove debiti e onore comandano ogni passo e le scelte etiche pesano come macigni. La storia richiama classici cinematografici con tradimenti e patti fragili ma infonde un sapore locale citando fatti storici come lotte sindacali e dominio dei baroni. Senza rovinare sorprese, la trama sfocia in confronti emotivi che collegano il prequel alla trilogia principale.
I personaggi alzano l’asticella oltre la routine. Enzo è un eroe “che si costruisce” con un’evoluzione da ingenuo sopravvissuto a calcolatore spietato. Il patriarca Don Torrisi, con origini umili da lavoratore evita lo stereotipo del boss distaccato, emanando carisma quieto e feroce, con un velo di mistero che incolla allo schermo. Isabella (figlia del Don) introduce romance e conflitto mostrando resilienza in un tempo maschilista. Cesare nipote ambizioso crea rivalità interne aggiungendo frizioni. Luca (la guida) offre calore umano e consigli saggi variando il cast, diventando la voce della coscienza del protagonista. Queste figure spiccano grazie a voci eccellenti, specie nel dialetto siciliano che dona veracità.
La storia evita eccessi violenti puntando su dramma umano e questo è un vantaggio per chi cerca delle esperienze character-driven. Eppure la durata compatta limita l’approfondimento di questioni come divisioni sociali tra umili e potenti. La trama sfiora l’impatto della mafia sulle vite quotidiane ma salta chance per scavare di più. La narrazione lineare aiuta a focalizzarsi sui personaggi senza distrazioni ma manca di ramificazioni che potevano aggiungere quel tocco di diversità.
Complessivamente la storia e i suoi “abitanti” formano un tappeto emotivo che sostiene l’intera esperienza nonostante qualche prevedibilità. In sequenze come corse a cavallo o opere teatrali, giusto a titolo di esempio, il gioco infonde una ventata di cultura siciliana, vivificando la storia. Giusto lustro ai personaggi che salvano una trama robusta ma non rivoluzionaria. Enzo matura in modo appagante e le dinamiche familiari tengono viva l’attenzione.
Pro della storia e personaggi
- cast solido, con alcune intrepretazioni sopra le righe;
- lode per la fedeltà storica;
- dialoghi credibili e carichi di profondità emotiva.
Contro della storia e personaggi
- prevedibilità e alcuni passaggi narrativi affrettati;
- cliché mafiosi già visti che regalano plot twist scontati.
Analisi del gameplay
Mafia: Terra Madre sceglie un percorso lineare che antepone la narrazione a libertà illimitate. Le missioni si incatenano in sequenza fluida passando da cutscene a azione. Il gameplay si suddivide in stealth, sparatorie, guida e scontri corpo a corpo, offrendo diversità ma con confini chiari. La componente stealth (che ricorda quella vista in Plague Tale) domina varie parti, dove Enzo si intrufola in zone ostili usando coltelli per takedown silenziosi. Tale approccio non richiede una curva di apprendimento proibitiva, anche grazie all’utilizzo di un sistema di “distrazioni” semplici (come lanciare bottiglie) ma manca di profondità portando a fallimenti rapidi e irritanti. Lo stealth permette approcci silenziosi con nascondiglio corpi ma l’IA compiacente lo rende talvolta un “filler”.
La componente shooting usa coperture con armi d’epoca come lupara e fucili. Il sistema di puntamento è rigido ma il suono degli spari rende ogni colpo impattante. I nemici attaccano con foga richiedendo un’oculata gestione del munizionamento. Interviene l’IA, che mostra il suo duplice aspetto, tra astuto e scontato. I duelli ravvicinati sono carichi di tensione, con parate, schivate e affondi che mettono in scena delle sequenze mai scontate e che aiutano a rompere il flusso del gameplay, aggiungendo pathos (specie contro capi), anche se tale effetto finisce col disperdersi nel corso dei vari replay.
Guida e cavalcate su cavalli o vetture d’epoca servono per spostamenti e inseguimenti. Le corse equestri e automobilistiche sono un must, forte dei controlli reattivi e della loro carica rievocativa. Da evidenziare la presenza di un sistema segnaletico dinamico senza minimappa, che migliora il fattore immersione. Il titolo non è caratterizzato da attività di farming, con avanzamento legato alla trama e customizzazioni minime per armi e mezzi. La raccolta e la successiva spendita del denaro, utile per upgrade, finisce col diventare non essenziale in quanto orientato principalmente all’estetica. In missioni come fughe a cavallo o agguati in vigneti il gameplay eccelle mostrando il suo lato migliore. Eppure, sul lungo, la ripetizione affiora in schemi stealth-spara-guida che non mutano.
Pro del gameplay
- auto d’epoca e corse con cavalli aggiungono quel tocco storico che non guasta;
- personalizzazioni come vestiti capelli e amuleti per bonus passivi aggiungono una modesta ventata di RPG .
Contro del gameplay
- interazioni ambientali minime con mappa contemplativa (più che attiva) deludono;
- equilibrio difficoltà non ottimale, con potenziamenti superflui a livelli medi;
- IA talvolta banale e lacunosa.
Dimensione artistica
Mafia: Terra Madre trionfa nel ritrarre la Sicilia rude del Novecento. Il mondo è un gioiello visivo con colline vulcaniche borghi autentici e rovine antiche che pulsano di storia. San Celeste (città inventata) muta durante la campagna riflettendo eventi e stagioni con dettagli come fiere tradizionali e mercati brulicanti. La grafica su Unreal Engine 5 spinge confini con texture ricche e luci dinamiche che rendono albe spettacolari.
L’arte ambientale narra storie mute come miniere opprimenti o campi lussureggianti che oppongono povertà a opulenza. Interni pullulano di arredi d’epoca e oggetti manipolabili che trasudano di immersione. Lustro alla ricostruzione storica precisa che insegna cultura siciliana tramite collezionabili come miti locali o reperti. La direzione artistica schiva errori temporali infondendo realismo in ogni quadro.
Il suono eleva tutto con colonna sonora che unisce folk tradizionale e orchestrazioni d’autore. Pezzi come canti operai o arie durante missioni amplificano emozioni. Effetti sono potenti con spari e zoccoli che echeggiano verosimilmente. Doppiaggio, specie in siciliano, aggiunge autenticità con prove di recitazione degne di nota. Cutscene sono filmiche con inquadrature drammatiche che richiamano classici.
Complessivamente la dimensione artistica è un fiore all’occhiello con dei colpi d’occhio mozzafiato e sound design avvolgente. Le palette cromatiche vivaci creano quella giusta e funzionale dissonanza con le tematiche trattate, talvolta intrise di violenza.
Pro della dimensione artistica
- modelli personaggi principali eccellenti con volti espressivi;
- colonna sonora sottolinea narrazioni con pezzi cantati fedeli all’epoca;
- doppiaggio siciliano primato ludico (ostico senza sottotitoli).
Contro della dimensione artistica
- NPC secondari mancano varietà;
- glitch texture e cali frame che spezzano magia;
- un mondo di gioco bello ma vuoto di attività extra.
Il confronto con i 3 videogiochi della trilogia di Mafia
Mafia: Terra Madre si misura con la trilogia tornando alle basi ma con plot twist propri. Il primo Mafia del 2002, ambientato negli anni Trenta a Lost Heaven, puntava su simulazione realistica con guida punitiva e trama lineare. Questo nuovo captitolo ne condivide linearità ma aggiunge stealth e duelli con coltello assenti nell’originale.
Mafia II ambientato negli anni ’40 e ’50 Empire Bay raccontava le gesta di Vito Scaletta e legami fraterni. La volontà di esplorare i legami è ripresa in Terra Madre ma la trama è meno sorprendente. Mafia II, inoltre, spiccava per le missioni secondarie, aspetto abbandonato in questo nuovo capitolo per evitare un eccessivo “allargamento”.
Mafia III del 2016 ha portato l’open world nella serie con la città di New Bordeaux negli anni ’60, con tocchi RPG e vendetta razziale. Terra Madre circoscrive i confini di gioco in funzione della narrativa ma perde tanto in varietà dell’offerta. Il setting siciliano dona freschezza ma perde il confronto con la profondità sociale offerta dal sud americano del terzo capitolo.
Mafia: Terra Madre
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8/10
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8/10
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8.5/10
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8/10
Summary