NIS America è lieta di annunciare NIS America è lieta di annunciare The Legend of Legacy, un titolo creato da un gruppo di sviluppatori leggendari che si sono uniti per creare questa nuova IP. Il titolo sarà disponibile in Europa il 5 Febbraio per Nintendo 3DS™ in versione fisica e digitale!
Oltre ad esplorare l’isola di Avalon, il combattimento offrirà un sacco di sfide in The Legend of Legacy. Il combattimento è a turni, ma i giocatori avranno la possibilità di creare le proprie formazioni personalizzate con un party composto da 3 personaggi, ciò significa che ogni membro del party può essere messo in un ruolo di combattimento diverso (difesa, attacco, supporto, ecc.) in qualsiasi momento. Le formazioni possono essere salvate e modificate tra i turni, dando ai giocatori un sacco di opzioni per massimizzare le loro strategie.
Elementi Chiave: Sette Prospettive Uniche – Ogni personaggio in The Legend of Legacy ha le sue motivazioni per esplorare Avalon e la propria individuale conclusione alla fine della storia. Gioca con ogni personaggio per vederle tutte!
Il Combattimento diventa senza classi – Gestisci le tue formazioni per impartire ruoli specifici in combattimento, invece di avere delle classi fisse; questo aggiunge un nuovo livello di sfida per gli amanti del combattimento.
Sviluppo Leggendario – L’illustratore Tomomi Kobayashi (serie SaGa), il rinomato compositore Masashi Hamauzu (SaGa, Final Fantasy XIII), lo sceneggiatore Masato Kato (Chrono Trigger), il game designer Kyoji Koizumi (serie SaGa ) e Masataka Matsuura (999: 9 Hours, 9 Persons, 9 Doors) si sono uniti per creare questa nuovissima esperienza.
Rivisto per l’occidente – Sulla base del feedback dei giocatori dopo l’uscita della versione giapponese, sono state apportate diverse modifiche al gioco per migliorare il gameplay. Arriveranno presto nuovi dettagli!
A proposito del gioco: In The Legend of Legacy, sette avventurieri — Liber, Meurs, Owen, Bianca, Garnet, Eloise e Filmia — arrivano sulla misteriosa isola di Avalon per arricchire la loro esperienza come esploratori. Si uniscono a due degli altri avventurieri per raggiungere i propri obiettivi – come esplorare l’isola alla ricerca del tesoro, della “divinità” del luogo o di memorie perdute. Le cose cambiano quando scoprono una pietra parlante in grado di mostrare al gruppo i fantasmi della storia dimenticata di Avalon. Oltre ad esplorare l’isola di Avalon, il combattimento offrirà un sacco di sfide in The Legend of Legacy. Il combattimento è a turni, ma i giocatori avranno la possibilità di creare le proprie formazioni personalizzate con un party composto da 3 personaggi, ciò significa che ogni membro del party può essere messo in un ruolo di combattimento diverso (difesa, attacco, supporto, ecc.) in qualsiasi momento. Le formazioni possono essere salvate e modificate tra i turni, dando ai giocatori un sacco di opzioni per massimizzare le loro strategie.
Square Enix Ltd. ha svelato oggi ulteriori dettagli riguardo NieR AUTOMATA, l’atteso seguito del gioco di culto NIERuscito nel 2010. Questo gioco di ruolo in terza persona è attualmente in sviluppo in collaborazione con PlatinumGames Inc.
Durante una presentazione esclusiva tenutasi oggi allo stand SQUARE ENIX alla Paris Games Week 2015, Yosuke Saito (DRAGON QUEST® X / NIER) producer di NieR: Automata e il director YOKO TARO (Drakengard® / NIER) hanno svelato un nuovissimo trailer, dando l’opportunità agli spettatori di vedere i primi spezzoni di quel gameplay action per cui PlatinumGames Inc. sono rinomati.
Il producer Yosuke Saito ha commentato così la decisione di creare un seguito per questo titolo di culto: “NIER ha attirato l’attenzione di molti giocatori; è stato qualcosa di così speciale che ci siamo sentiti in dovere di accontentare la richiesta dei fan di avere un sequel. Il mio sogno di collaborare con PlatinumGames per creare l’action RPG definitivo è divenuto realtà.”
All’evento sono inoltre state mostrate immagini e artwork per dimostrare ai giocatori quanto diversificata e ricca sarà l’esperienza visiva di NieR: Automata. Ulteriori dettagli sono stati presentati riguardo al personaggio androide 2B, creato da Akihiko Yoshida di CyDesignation, Inc. (FINAL FANTASY® XIV / BRAVELY DEFAULT) e mostrato per la prima volta durante l’E3 di quest’anno.
Il quarto – e penultimo – video della serie Just Cause 3 Dev Diary mostra la storia e le missioni che stanno alla base dell’azione esplosiva di JUST CAUSE 3.
https://www.youtube.com/watch?v=8NWs-DQ_UFk
In JUST CAUSE 3, Rico Rodriguez ritorna nella sua terra natale – l’isola mediterranea di Medici. Lontana dall’essere il paradiso che può sembrare in superficie, Medici è governata dal dittatore Generale Di Ravello, che utilizza le risorse dell’isola per portare a termine il suo piano di conquistare tutto il mondo. Fortunatamente, Rico sa come togliere il
potere ad un tirannico dittatore e si è già messo a capo della rivolta.
“Le nostre missioni sono una scusa per farvi provare cose incredibili,” spiega Francesco Antolini, Principal Designer presso Avalanche Studios. “…abbiamo mantenuto la stessa filosofia della serie che lascia I giocatori liberi di sperimentare e raggiungere i loro obiettivi nel modo in cui preferiscono.”
Oltre a mettere in risalto la storia e gli eventi che conducono all’inizio del gioco, il video offre una panoramica sui personaggi e le tecnologie utilizzate da Avalanche Studios per dare vita a JUST CAUSE 3.
Dopo aver raccolto i voti dei videogiocatori di tutto il mondo per mesi, finalmente i Golden Joystick Awards 2015 hanno i vincitori della 33esima edizione. Ecco tutte le categorie nel dettaglio:
Cinefilos Games ha portato alla Paris Games Week 2015 (28 ottobre-1 novembre) un corrispondente più che speciale, Michele “Sabaku No Maiku” Poggi, che venerdì 30 ottobre alle 21:00 ha risposto alle domande del pubblico in un’inedita live dalla capitale francese. Potete guardare la trasmissione direttamente dal player qui in basso, oppure su YouTube sul canale di Cinefilos. Buona visione, fellow hunters.
Nel 1999 Steve Jobs durante la Macworld Conference di quell’anno, disse che aveva visto il gioco più “cool” finora mai realizzato. Stava parlando di Halo, prima ancora che Microsoft acquisisse il gioco e i suoi sviluppatori, Bungie, per lanciarsi nella folle impresa di passare dal Solitario e Campo Minato alla produzione di una macchina gioco. Nel 2001 la Xbox viene lanciata sul mercato e Master Chief diventa il simbolo del successo della serie, che oggi è arrivata al suo quinto episodio. Halo: Combat Evolved ha venduto 65 milioni di copie e altrettante macchine su cui giocarlo e negli ultimi 15 anni sono usciti altri tre sequel, due spin-off e – come vuole la migliore tradizione odierna – i capitoli più significativi in versione remastered.
Ma in questi quindici anni qualcosa è cambiato: Bungie non è più lo sviluppatore della serie e la patata bollente di continuare la saga è passata a 343 Industries. Questi ultimi a oggi hanno dimostrato di aver saputo seguire pedissequamente la strada tracciata dai predecessori, ma sinceramente non hanno ancora avuto modo di dimostrare il loro reale potenziale. Inoltre anche Microsoft ha ora bisogno di qualcosa che le faccia recuperare il “gap” con Sony, e di dimostrare che Halo può essere un titolo che possa ancora guidarla ad un successo mondiale. Pensate dunque quanta pressione deve essere stata fatta a 343 Industries durante lo sviluppo di Halo 5: Guardians, saranno riusciti a creare un prodotto che al contempo si stacchi dalla linea Bungie, ma possa anche bissare il successo dei suoi pesanti predecessori?
Cominciamo con il dire che la scena degli FPS si è evoluta, arrivando a oggi a essere considerati degli eSports, con tanto di campionati mondiali dai montepremi degni di un torneo di tennis. Ormai siamo abituati a una campagna che funge da tutorial e poi a un multiplayer che diventa il “core” del gioco. Ma Halo non era questo: i suoi appassionati avevano a cuore le vicende degli Spartan, i conflitti interni dei Covenant, i tradimenti, la scoperta di librerie galattiche. Halo era un universo che si espandeva e si sviluppava sotto i nostri occhi. Anche in questo titolo si è cercato di caratterizzare la campagna con qualcosa che potesse seguire la tradizione della serie, inserendo nuovi personaggi e nuove storie, ma tutto sembra comunque volerci portare quanto prima alla sezione Multiplayer.
Solo i più appassionati vorranno portare a termine il gioco arrivando ad affrontarlo anche a livello Leggendario, mentre la maggior parte si dedicherà alla sezione di gioco online, spinta anche dalla gradevole cura che 343 Industries ha dedicato ai controlli e ai movimenti dei nostri alter-ego digitali. La fluidità dei movimenti a 60fps, la possibilità di scalare, scivolare, saltare e combattere in aria, muoversi agevolmente mentre si mira e si spara, sono tutti elementi che danno proprio la netta impressione che Microsoft voglia proiettare la serie nel mondo delle competizioni digitali, per renderlo un diretto contendente di Call of Duty & Co.
La grafica, gli effetti, le battute e i dialoghi sono stati tutti curati alla perfezione. Potremo addentrarci in panorami mozzafiato, esplorare deserti, costeggiare dirupi battuti dal vento, mentre ci troveremo a combattere al fianco dei nostri fidati compagni che possono essere guidati da altri giocatori “reali” oppure essere affidati alla IA del gioco. In quest’ultimo caso potremo contare su una spalla valida, poiché la loro presenza non è solo quella di “carne da cannone”. Essi hanno anche un ruolo ripreso da Gears of War, ovvero farci resuscitare entro cinque secondi curando le nostre ferite. Si possono anche usare come vedette, ovvero mandate avanti in zone potenzialmente pericolose per far fare una scansione del luogo sospetto.
Non vi vogliamo rivelare troppo della trama, perché siamo contro ogni genere di spoiler, anche involontario, sappiate solo che molti elementi della serie sono stati implementati nella sceneggiatura e i fans ritroveranno alcuni dei loro beniamini che pensavamo perduti. Il combattimento e la costruzione dei livelli hanno preso una conformazione “call-of-dutyca”, nel senso che ci sono molte sequenze cinematiche e una libertà di movimento limitata. Scordatevi il livello seminale del primo Halo, ovvero “The Silent Cartographer”, qua è tutto strettamente legato ai binari tracciati da 343 Industries.
Nonostante gli ingenti costi di sviluppo, tutto sembra ancora acerbo, a volte ridondante, privo della personalità che ci potevamo aspettare da questo titolo così decantato. Manca un po’ di coraggio, si è voluti andare sul sicuro creando un titolo solido, ma non innovativo. Microsoft ha chiesto a 343 Industries di creare un blockbuster che attirasse i giocatori che si erano dispersi verso i lidi di Sony e sicuramente ha colto nel segno, ma scontentando forse coloro che avrebbero voluto qualcosa di più, per lo meno a livello di trama ed interazione.
Sicuramente rimarranno contenti gli amanti del multiplayer, in quanto in questa modalità sono state investite la maggior parte delle risorse, con risultati eccellenti. Ci sono un sacco di possibilità per confrontarci con avversari online: si può scegliere la classica Arena, dove troviamo Slayer e Team Slayer, per passare poi a una esperienza molto vicina ai MOBA, ovvero Warzone. Questa ci ha molto appassionato, in quanto ci troveremo in due squadre 12vs12, immersi in ambienti dove la coordinazione e le tattiche dovranno farla da padrone. Potremo usare veicoli, attaccare nemici guidati dalla One, usare elementi della mappa a nostro favore, potenziare le nostre armi. Questa modalità è sicuramente stata sviluppata per proiettare Halo nel mondo delle competizioni eSport e se verrà ben supportata, siamo sicuri che ciò avverrà sicuramente. Come nella tradizione degli Halo precendenti il matchmaking è veloce e i server, a oggi, sembra che non creino grossi problemi di lag o connessione.
Halo 5: Guardians poteva rappresentare un vero punto di svolta nella serie, proiettato nella next-gen, ma 343 Industries non ha voluto rischiare troppo, creando un ottimo prodotto, sicuramente solido e ben fatto, ma non all’altezza delle aspettative di coloro i quali si aspettavano qualcosa di realmente innovativo. La campagna è senza infamia e senza lode, ricca di graditi ritorni, ma troppo lineare perché rappresenti una pietra miliare nell’evoluzione della serie. Grafica e colonna sonora sono degni di una produzione hollywoodiana, e alla fine proprio questo sembra Halo 5, un costoso blockbuster creato per sbancare al botteghino.
Il comparto multiplayer è stato strutturato con la convinzione che sarebbe stato il perno attorno al quale tutto il successo del gioco sarebbe ruotato. Sono bastate poche ore di gioco per capire la grande potenzialità in questo comparto, però bisognerà aspettare i prossimi mesi per capire se la scommessa fatta dagli sviluppatori, e soprattutto da Microsoft, pagherà in termini sia di vendite che di utenti che popoleranno i server. Per godere di una migliore esperienza di gioco, vi consigliamo di utilizzare un controller Elite di Microsoft, che noi abbiamo recensito qui.
A chi avesse ancora dubbi sull’utilità e la potenza del crowfunding, ovvero la possibiità di chiedere finanziamenti agli utenti della rete per non sottostare alle meccaniche dei grossi publishers, proviamo a raccontare la storia di Mighty No. 9. In principio vi era Mega Man Legends 3, un progetto legato a doppio filo alla storica serie di Mega Man destinato al Nintendo 3DS e naufragato nel nulla poco dopo la sua ideazione. Tutto finito, tutto perduto? Ovviamente no, il 31 agosto del 2013 si trasforma il tutto in un gioco da distribuire digitalmente su PC, che in soli due giorni raggiunge la cifra obiettivo di 900.000 dollari su Kickstarter. A ottobre 2013 i dollari salgono a 4 milioni, il popolo della rete non solo si è espresso, ha trasformato una piccola produzione per piattaforma singola in un prodotto pronto a raggiungere la maggior parte dei dispositivi sul mercato. Mighty No. 9 arriverà infatti a febbraio 2016 su Microsoft Windows, OS X, Linux, PlayStation 3, PlayStation 4, Xbox 360, Xbox One, Wii U, PlayStation Vita, Nintendo 3DS grazie all’impegno di Deep Silver.
Come stanno procedendo i lavori? Grazie alla Paris Games Week 2015 abbiamo provato il titolo su Ps4, che si è presentato subito molto colorato, lineare e fluido. Grazie a un game design molto basilare da platform puro, almeno lungo un primo livello per metà anche tutorial, abbiamo percepito subito quanto il target del titolo sia in realtà molto basso (probabilmente PEGI 3…). Il gameplay coinvolge solo alcuni tasti del gamepad e le meccaniche sono incredibilmente semplici, forse troppo, tanto da risultare addirittura frustranti talvolta. Raggiungere alcuni nemici posizionati più in alto rispetto a noi può significare saltare e sparare un colpo alla volta fino alla loro distruzione, e purtroppo fino al primo boss non abbiamo incontrato potenziamenti particolari di cui parlare. Boss dal move-set fisso e programmato, come nella più classica tradizione arcade anni ‘90, che si impara in pochi minuti e che alla lunga può anche stancare. Dal punto di vista dell’art design, le ambientazioni sono fatte da edifici, veicoli e architetture futuristiche – come si richiede a un gioco ispirato a Mega Man – senza particolari fronzoli e textures.
Se la cosa può far storcere il naso a molti, almeno sulla console ammiraglia di Sony, è bene ricordare che parliamo di un titolo destinato anche a piattaforme meno potenti di Ps4 e Xbox One, e che probabilmente gli sviluppatori non abbiano voluto creare eccessive disparità. Anzi, a guardare la posizione degli elementi su schermo pensiamo addirittura che le console portatili possano rappresentare al meglio il prodotto, più che i dispositivi casalinghi. Mighty No. 9 fa della semplicità la sua forza, con lo sguardo fisso al passato e ai giochi di Mega Man che hanno resto immortali le sale giochi e le console a 16bit, senza voler per forza di cose rivoluzionare il genere. Al contrario, dopo aver provato sempre alla PGW “un diretto rivale” come Ratchet & Clank, resterà un piccolo divertissement per adulti nostalgici e bimbi curiosi, semplicemente desiderosi di sparare in modo convulsivo in qualsiasi direzione.
Divinity: Original Sin ha visto la luce nel giugno 2014, quale titolo parzialmente finanziato da un Kickstarter di successo – si parla di oltre un milione di dollari – presentato da Larian Studios, la software house belga autrice anche dei precedenti giochi della saga Divinity; distribuito per PC, è stato immediatamente apprezzato dagli utenti e dalla critica, dimostrandosi all’altezza delle aspettative e della fiducia riposta nel progetto. La creatura di Larian Studios è un gioco di ruolo isometrico di stampo occidentale e dall’anima estremamente classica: un tripudio di classi, equipaggiamenti, armi ed accessori, combattimenti a turni con combo di attacchi fisici e magici sulla breve, media e lunga distanza, evocazioni e consumabili, scelte morali e decine e decine di quest facoltative, NPC da aiutare e antagonisti più o meno malvagi da sgominare.
Il successo di Divinity: Original Sin ha spinto Larian Studios ad aprire un nuovo Kickstarter per la realizzazione del seguito, attualmente conosciuto come Divinity 2, come anche alla presentazione di Divinity: Original SinEnhanced Edition: una versione, come appunto suggerito dal nome, “potenziata”, con migliorie alle animazioni e alla grafica, aggiunta di classi, armi ed oggetti, doppiaggio completo dei dialoghi, quest ed NPC aggiuntivi, ribilanciamenti vari e molto altro, il tutto ottenibile gratuitamente per i possessori del gioco Vanilla e reso disponibile, in copia fisica o digitale, anche per i giocatori Playstation 4 e Xbox One.
Un simile traguardo, per un titolo di natura indie e dal taglio così tanto old-school, è notevole; va però fatto notare come, negli ultimi anni, si sia fatta largo proprio la moda di un “ritorno alla vecchia scuola”. In un parco titoli colmo di giochi – di ogni genere – che sempre più puntano all’estetica e alla narrazione a discapito della complessità del gameplay, ha trovato spazio una corrente di pensiero diametralmente opposta, con videogiocatori alla ricerca del “gioco hardcore”, punitivo, complesso, criptico. Il successo dei Souls di From Software – casa di sviluppo giapponese, fautrice di un ormai “nuovo genere” di videogiochi – ne è un esempio, così come quello di The Binding of Isaac, un titolo indie rogue-like, inizialmente sviluppato in Flash e che oggi vanta ben oltre i 2 milioni di copie vendute tra PC e console, il recente rilascio di un’espansione e un prossimo arrivo su console Nintendo 3DS.
L’Enhanced Edition di Divinity: Original Sin – analizzata qui in versione console – potrebbe quindi percorrere un cammino simile al suo “collega indie”, o arenarsi contro lo zoccolo duro di un’utenza non più – o meglio, quasi mai – abituata a GDR di tal guisa, per ragioni che vedremo fra poco.
Adattare un simile gioco all’interfaccia da gamepad non è cosa affatto semplice, ma il lavoro svolto da Larian Studios e Focus Home Interactive – distributore della versione per piattaforme Sony e Microsoft – è stato eccellente. Sarebbe sciocco negare che, come del resto ogni GDR isometrico, Divinity: Original Sin sia più godibile se giocato con mouse e tastiera, ciononostante i comandi per controller risultano efficaci, soddisfacenti e fluidi sin dalle prime ore di gioco, sia in modalità giocatore singolo che nel multiplayer locale, nel quale i due giocatori si “dividono” il party, in una co-op tanto superflua quanto divertente e appagante.
La grafica, ovviamente, non è il cavallo di battaglia di questo prodotto, ma è comunque piacevole e stilisticamente azzeccata: coloratissima e dal design “classico”, la caratterizzazione di personaggi ed ambienti è cartoonesca e “fantasy che più fantasy non si può”, perfettamente in grado di rendere l’atmosfera; ogni cantone di questo gioco trasuda, infatti, ironia e voglia di non prendersi particolarmente sul serio. I dialoghi, interamente ben doppiati in questa Enhanced Edition, sono spesso volutamente caricaturali, scanzonati e tendenti a sdrammatizzare anche le situazioni più importanti: ciò è solo un bene, visto che al giorno d’oggi un GDR dalle meccaniche così tradizionali, se troppo serioso, potrebbe stuccare rapidamente la fetta più giovane – e numerosa – del pubblico.
La trama in se è abbastanza lineare, così come la caratterizzazione dei protagonisti e dei comprimari; va detto che questa edizione del titolo aggiunge sì numerose missioni di approfondimento della storyline e alcuni NPC con relative quest, ma l’ossatura di base è rimasta comunque invariata rispetto alla versione Vanilla, sicuramente ben scritta e apprezzabile, ma senza la pretesa di far gridare al capolavoro. Il discorso cambia completamente quando ci si focalizza sul gameplay; accompagnato da musiche piacevoli, orecchiabili e non invasive, i combattimenti sono scanditi da un ritmo ben definito: ogni azione e movimento comporta il consumo di Punti Abilità, che una volta esauriti fanno terminare il turno del personaggio.
Ogni avversario ha i propri punti di forza, resistenze e debolezze; ogni abilità, fisica, ranged o magica, elementale e non, ha maggiore o minore efficacia ed effetti secondari a seconda delle statistiche del personaggio, dell’arma ed equipaggiamento impiegati e della porzione di mappa su cui viene effettuata. Anche al livello di difficoltà minimo, una singola decisione errata può capovolgere le sorti di un combattimento, come ad esempio un attacco elettrico lanciato su una pozzanghera – di acqua o sangue – o dentro una nuvola di vapore, così come un attacco di fuoco scagliato contro o in prossimità di barili, chiazze e sospensioni velenose/oleose. La minima distrazione può impedire d’attaccare, far subire ingenti danni da fuoco amico o persino far perdere preziosissimi turni, senza che il giocatore abbia possibilità di “correggere il tiro” annullando l’azione.
Ciascuna battaglia, sin dalle prime ore di gioco, richiede quindi la massima attenzione da parte del giocatore, premiando i più tattici e punendo senza pietà distratti e faciloni; la modalità di gioco Honour Mode, sadica aggiunta dell’Enhanced Edition, mette ben in chiaro la situazione. IA avversaria più complessa e aggressiva, impossibilità di resuscitare i compagni caduti, singolo salvataggio e perdita dei dati di gioco in caso di sconfitta del party… Tutto a dimostrazione di come i mezzi, offensivi e difensivi, messi a disposizione del giocatore siano armi a doppio taglio, spietate ma oneste.
Quanto esposto finora appagherà sicuramente i più nostalgici e assetati di sfide, ma potrebbe al contempo pregiudicare il successo del titolo nelle sue versioni console: non si tratta di presunta mancanza di bravura dei cosiddetti “console peasants”, ma di come e cosa il giocatore-consumatore considera “videogioco” e si aspetta dal proprio acquisto. Inoltre è innegabile che la comunità di “consolari”, a prescindere dall’età e dal talento e con ovvie eccezioni, giudica spesso il videogame come semplice forma di intrattenimento ludico, un “passatempo”, una “pausa”, che quindi Può, ma non Deve, diventare sempre e comunque una sfida, un “lavoro”, un “compito a casa”.
Va precisato che Divinity: Original Sin, con le sue 12 classi selezionabili e combinabili tra loro, è ben lontano dall’essere un titolo impossibile o scorretto: basta un po’ d’esperienza – e game over – per imparare in fretta quali siano le migliori combo e tattiche per procedere rapidamente sino al finale di un’avventura di certo longeva e rigiocabile (la campagna principale può essere agevolmente terminata in una quarantina di ore al livello di difficoltà standard). Eppure, a quasi un mese dal rilascio dell’Enhanced Edition, solo lo 0,2% dei giocatori Playstation 4 ha raggiunto il finale del gioco in una qualunque modalità e nessuno ha ancora completato la collezione dei trofei.
In conclusione, l’Enhanced Edition di Divinity: Original Sin è senz’altro un prodotto valido, meritevole di rispetto e del proprio costo d’acquisto, ma che potrebbe non ricevere un’accoglienza entusiastica nel panorama console, in quanto titolo davvero old-school e poco user-friendly rispetto a ciò cui il parco titoli odierno dello stesso genere ha abituato il videogiocatore medio.
Bisogna comunque sperare che il tempo confuti questi timori e che la creatura di Larian Studios, grazie al proprio successo, consenta anche al proprio sequel, ancora in sviluppo, di raggiungere l’universo console: questo perché, pur non essendo un gioco tripla A affatto esente da difetti, il lavoro della software house belga riesce a comunicare la passione e dedizione degli sviluppatori e il loro desiderio di non smetter mai di migliorare e migliorarsi, per il proprio bene, ma anche per quello dei giocatori, acquirenti e consumatori, eppur visti come persone e non come meri numeri e cifre di profitto.
Non sia mai che Divinity: Original Sin riesca persino a ispirare le case sviluppatrici col proprio esempio, una voce fuori dal coro degli ormai troppo comuni “giochi belli da vedere ma che si giocano – e finiscono – da soli”.
A sei anni di distanza dall’ultimo capitolo della serie, il “quarto” principale se si escludono le innumerevoli edizioni speciali, arcade e chi più ne ricordi più ne metta, la storica saga di Street Fighter sta per tornare su PlayStation 4 e PC Windows con Street Fighter V. Le due piattaforme, mentre Xbox One resterà a guardare questa volta, lavoreranno quasi in simbiosi grazie alla funzione di cross-platform, ma cosa dobbiamo aspettarci? Grazie alla Paris Games Week 2015 siamo riusciti a fare un po’ di incontri insieme ad altri giocatori in locale, sia con il DualShock 4 che con un controller Arcade, e abbiamo percepito immediatamente due cose fondamentali, fra le altre: il forte legame con il passato, marcato e fortunatamente indissolubile per Capcom, e il gran lavoro fatto con i controlli e la reattività dei personaggi. L’ombra dei titoli che hanno fatto storia, non solo i più recenti, si percepisce in molti aspetti del gameplay rimasti pressoché tradizionali, nonostante molti competitors abbiano cercato di creare nuovi standard sfruttando i numerosi tasti dei pad di ultima generazione. Le movenze dei protagonisti, i modi per pararsi e per attaccare fanno respirare un’aria “da sala giochi” che pochi altri picchiaduro a incontri riescono a fare. Utilizzare poi un controller Arcade con levetta alta e sei pulsanti significa fare istantaneamente un salto nel passato, senza però il bisogno di cercare disperatamente le monetine nelle tasche dei pantaloni.
Con il DualShock 4 l’esperienza è ovviamente leggermente diversa e meno ‘soddisfacente’, ma comunque estremamente valida, soprattutto perché la fluidità generale del titolo è davvero frenetica e senza attimi di respiro o pausa. Non parliamo soltanto dei 60fps, cifra standard e obbligata per la saga, ma anche di una reattività spaventosa dei nostri affezionatissimi lottatori di strada, pronti a rispondere ai comandi con una velocità mai vista neppure in Street Fighter IV. Completa il quadro un art design molto curato dei vari characters, mastodontici, invecchiati ma sempre epici, ma anche degli sfondi, animati come tradizione e sviluppati in modo ‘tridimensionale’ su più livelli nonostante le sole due dimensioni del gameplay. Se invece il roster di 16 personaggi (fra cui anche Dhalsim, annunciato durante la conferenza Sony proprio alla PGW) vi sembra non all’altezza, Capcom ne aggiungerà almeno altri 6 nel primo anno di vita del gioco, certo da vendervi tramite DLC. Sarà piuttosto fondamentale capire con quante e quali modalità di gioco potremo metterci alla prova, ma per questo bisognerà ancora aspettare, per ora è importante sapere che Street Fighter V trasformerà il vostro PC o la vostra console in un cabinato a tutti gli effetti, dal sapore talmente nostalgico da diventare quasi obbligatorio per gli appassionati.
Ratchet & Clank, videogioco sviluppato da Insomniac Games nell’ormai lontano 2002, vide la luce qualche mese dopo l’uscita di Jak and Daxter di Naughty Dog; visto da molti come una “controparte” di quest’ultimo, i due giochi in effetti condividevano ben più elementi di una semplice somiglianza nei titoli. Entrambi platform game, nonostante differissero nelle storie ed ambientazioni presentate, apparivano quasi come il disperato tentativo, da parte delle case sviluppatrici, di riproporre in chiave moderna – per i tempi – ciò che erano stati, per le rispettive software house, gli ormai decaduti beniamini Crash Bandicoot, Spyro The Dragon, richiamando lo stile del premiatissimo Banjo-Kazooie. Fortunatamente per loro – e per noi consumatori – così non è stato: già a partire dai secondi capitoli, le serie sono riuscite nella coraggiosa impresa di crearsi una propria identità e caratterizzazione, sia nell’intreccio che nel gameplay.
Ratchet & Clank è la dimostrazione videoludica dell’adagio “squadra che vince non si cambia”; con decine di giochi su console Sony, casalinghe e portatili, dispositivi mobile, fumetti e manga, il brand è sempre rimasto fedele alla propria natura: platform con elementi di action shooting in terza persona, trame semplici ma sempre divertenti, numerosi livelli ben caratterizzati e pieni di segreti e collezionabili, decine e decine di armi e gadget, ampiamente potenziabili, da impiegare contro le schiere di agguerriti – e buffi – avversari, in combattimenti sempre vari e col giusto equilibrio fra tattica e semplicità, il tutto condito da un’ottima rigiocabilità, mai frustrante ed indispensabile per i giocatori attenti al completismo.
Qualche mese fa, dopo quasi quattordici anni dalla nascita della saga, è stato annunciato un film che ripercorrerà le vicende del primo titolo per PlayStation 2, “romanzandole” con piccole modifiche e caratterizzando maggiormente dei personaggi che, per quanto simpatici e ben realizzati, mancavano di un effettivo spessore, riducendosi a “macchiette” senza un carattere ben definito. Inoltre, parallelamente al prodotto d’animazione, vedrà la luce un reboot, omonimo, del primo gioco della serie, in esclusiva su console Sony PlayStation 4 ed atteso per la Primavera del 2016.
Non è necessario possedere particolare cultura videoludica e cinematografica per sapere come i tie-in degli ultimi anni si siano spesso rivelati prodotti, loro e nostro malgrado, meno che mediocri, privi di ispirazione e concepiti col solo scopo di battere cassa, sia nel caso di trasposizioni su pellicola di storie tratte da videogames che viceversa. Eppure, ad oggi, il caso che stiamo esaminando è più unico che raro, sia perché è difficile definire quale fra le due produzioni sia il tie-in dell’altra, sia per la possibilità affatto che remota di avere due prodotti più che validi.
Mentre è ancora troppo presto per esprimere un giudizio su ciò che verrà mostrato sui grandi schermi, la partecipazione alla Paris Games Week 2015 ha reso possibile sia una presa visione del trailer del videogame – presentato durante la conferenza Sony del 27 Ottobre – che una breve ma illuminante sessione di prova di quest’ultimo. Nello specifico, la demo rendeva giocabile parte di un livello e il combattimento contro un boss di fine stage.
La prima cosa a saltare all’occhio è la scelta di un design che ricorda 1:1, per ovvie ragioni, quello del futuro film: accattivante e convincente, il mondo di gioco è pieno di dettagli, con una palette di colori super-satura che rende l’atmosfera del titolo molto “fumettosa”, in perfetta linea con lo spirito che ha sempre contraddistinto la serie. A ciò vanno aggiunti i dialoghi, divertenti e scanzonati, resi con un doppiaggio perfettamente all’altezza (al momento solo in lingua inglese, ma che probabilmente, come avvenuto per ogni titolo del brand, sarà localizzato e doppiato anche in italiano nel prodotto finito).
In quanto reboot del primo, omonimo titolo della saga, armi, aree e nemici presenti nella demo erano quasi tutti ripresi da quest’ultimo, pur con una – ovvia – maggior presenza di dettagli, un design più complesso e qualche aggiunta assai gradita all’arsenale, come il “Pixellatore”, un fucile dalla gittata ridotta ma in grado di trasformare gli avversari in fragili ammassi di pixel. Ciò che però traspariva maggiormente dalle sezioni di gioco disponibili era il vittorioso connubio tra l’input di comandi, rimasto fedele ai titoli precedenti, e un gameplay notevolmente più rapido, intuitivo ed immediato, dovuto sia ad una maggiore reattività del peloso protagonista che alle animazioni dello stesso. Schivare, saltare e planare sono azioni che non interrompono più, come un tempo, il ritmo dell’esplorazione e dei combattimenti, ma si amalgamano perfettamente allo stile frenetico di quest’ultima perla di Insomniac Games.
Unico, lieve, appunto negativo la sensazione che la difficoltà di gioco, già mediamente bassa nei prequel, da sempre indirizzati ad un target di giocatori abbastanza giovani, si sia ulteriormente ridotta; tuttavia, non essendo chiaro quanto avanzate fossero le aree giocabili, né quanto il gioco mostrato fosse completo e rappresentativo del prodotto finito, è presto per esprimere un giudizio definitivo al riguardo. In conclusione, questo nuovo Ratchet & Clank riesce a trasmettere subito impressioni davvero positive e ha tutte le premesse per “rinfrescare” il brand, per “accalappiare” nuovi appassionati del genere, pur soddisfacendo appieno anche i giocatori più “nostalgici”.