Nessun giro di parole per ricordare a chi non avesse giocato a Gears of War 4 che, in quel frangente, lo studio di sviluppo The Coalitionnon sembrava aver raccolto la giusta eredità da Epic Games. Anzi, la scelta di rispettare troppo lo stile dei precedenti episodi sembrava una decisione presa per non assumersi il rischio di osare rispetto al passato. Ma ecco che, a tre anni di distanza, la software house canadese si riscatta con un’esplosione di creatività che fa risorgere la saga con un sequel sapientemente ispirato.
La storia del nuovo GOW
E allora ecco che la sceneggiatura di Gears 5 riprende il filo dagli eventi accaduti in GOW4 ed apre la prima scena con Marcus, suo figlio JD, Del e Kait che, su indicazioni di Baird, si muovono tra le rovine di Azura con l’obiettivo di lanciare un satellite per tentare di ripristinare la rete che controlla il Martello dell’Alba, da usare contro lo Sciame. Non senza qualche difficoltà, la Squadra Delta ha successo ma purtroppo, una volta rientrati nella capitale Nuova Ephyra scoprono che la rete di satelliti ha qualche problema. A questo punto il Primo Ministro Jinn ordina loro di interrompere il ripristino della rete e precipitarsi ad aiutare l’evacuazione dell’Insediamento 2 che è sotto attacco.
Inutile rivelare altro, basti sapere che The Coalitaion ha creato una campagna elettrizzante, intensa e piena di azione. Gears 5 è diviso in quattro atti, il primo dei quali lo giocheremo nei panni di JD ed i restanti tre saremo il protagonista predestinato di questo episodio di GOW e cioè Kait Diaz. E forse non è un caso che il primo atto si svolga lungo un percorso lineare come i precedenti episodi di Gears. Mentre, a partire dal secondo atto, non solo gli scenari cambiano esplodendo in aree più grandi con caratteristiche da Open-World, ma la storia prende il sopravvento incentrandosi sull’eredità di Kait e dando così uno slancio emotivo alla narrazione.
Un Gameplay con piacevoli novità
Se la storia è una convincente sorpresa, per quanto riguarda il gameplay, The Coalition prende gli storici e robusti meccanismi della serie e, non solo non li stravolge, ma li arricchisce con nuove mosse che introducono colpi sferrati dai ripari o addirittura esecuzioni stealth. Anche l’arsenale rimane prevalentemente composto dalle armi GOW che ben conosciamo, con l’aggiunta di alcune novità come, per esempio, una modifica del Lancer che sostituisce la motosega con un lanciamissili, una nuova e potentissima Mazza Breaker per distruggere i nemici nel corpo a corpo, la mitragliatrice Claw con una precisione atipica rispetto alle solite mitragliatrici e il cannone Criogenico, che congela gli avversari permettendoci così di spaccarli con un calcio.
Ma il più grosso contributo al gameplay viene dalla scelta di The Coalition di elevare il Drone Jack a vero protagonista della storia, dotandolo di caratteristiche proprie e di un albero di 11 abilità suddivise in Assalto, Supporto e Passive, che ci permetteranno di controllarlo e comandarlo anche durante i combattimenti. Quindi Jack, non solo potrà aprire le porte, attivare interruttori, recuperare per noi armi e munizioni, ma, sbloccandone i potenziamenti potrà accecare i nemici, creare barriere protettive, preparare trappole elettriche e molto altro ancora. Insomma, un vero compagno attivo nel gioco che potremo comandare con combinazioni specifiche sul nostro controller.
Un nuovo mondo GOW
Come già accennato, The Coalition ha sì lavorato nel solco della miglior tradizione di GOW, ma il forte contributo narrativo attribuito a Kait ha dato loro la possibilità di creare quattro atti con propria personalità e ritmo. Atti che disegnano un mondo con sezioni lineari e due grandi aree che, pur non essendo dei veri Open-World, offrono vaste ambientazioni con colori diversi e set originali per ogni scontro. La struttura aperta di alcune di loro ci consente di alternare esplorazioni a piedi, a veloci corse sullo Skiff, un’agilissima slitta a vela che ci farà volare sulle sabbie rosse e pattinare su superfici ghiacciate. Veicolo utilissimo per alternare la missione principale con le nuove missioni secondarie, novità di Gears 5 che ci permetterà di scoprire segreti e guadagnare nuove abilità per il drone Jack. Unico accorgimento, le missioni secondarie dovranno essere completate durante l’atto in cui ci troviamo, perché una volta completato non potremo più ritornarci.
Gears 5 è uno dei giochi visivamente più sbalorditivi mai realizzati e i momenti in cui utilizziamo lo Skiff ne sono la dimostrazione. Basta attraversare le tempeste di fulmini sul deserto rosso per avere un’idea di come gli sviluppatori di The Coalition siano riusciti a coniugare perfettamente le abilità tecniche con la componente artistica.
Più di 50 Gigabyte sapientemente assemblati per proporci un gioco che, come da tradizione, contiene molte sequenze cinematografiche per supportare la storia, un gameplay frenetico e, non ultimo, tutto l’impianto tecnologico che permettono a Gears 5 di mostrarsi su Xbox One X con una risoluzione di 60 fps e formato 4K.
Gears 5: modalità Multiplayer per una lunga longevità
La Modalità Multiplayer di Gears 5 è composta da un’infinità di contenuti. Partendo dalla classica Modalità Versus che, oltre a Classificate, Coop vs I.A. e Personalizzate presenta una nuova Arcade Deathmatch, ovvero un Cinque contro Cinque con equipaggiamento iniziale fisso che si incrementa accumulando punti uccisione che servono appunto per migliorare il nostro armamentario.
GOW non è GOW se non presenta la Modalità Orda, una classica PvE dove una squadra composta da cinque personaggi, tra umani e bot, si contra con 50 orde di nemici con difficoltà crescente. Ogni 10 ondate, si deve affrontare un Boss.
Altra novità è la Fuga, un’inedita Modalità dove tre giocatori, dopo aver gassificato un Alveare dello Sciame, devono scappare cercando di trovare l’uscita in quattro nuove mappe labirintiche che ovviamente pullulano di nemici.
Insomma, ce n’è per tutti i gusti, da PvP a PvE, passando da un editor che ci permette di creare le nostre mappe personali da condividere con gli amici.
The Coalition è riuscita a creare con Gears 5 un episodio eccezionale della serie. Un gioco con una sorprendente storia, incentrata su un personaggio a cui è stata data ricchezza e profondità. Grazie a questo, la campagna single-player ottiene uno spessore che, affiancata da combattimenti spettacolari e ambientazioni graficamente eccelse, riesce a rendere questo episodio unico. Se a questo aggiungiamo una Modalità Multiplayer con Co-op a 3 giocatori e ricche varianti di PvP e PvE, con Gears 5 ci troviamo nelle mani uno dei migliori e più versatili giochi d’azione mai sviluppati.
Nella nostra recensione di oggi parliamo di NBA 2K20, testato su console PS4. Arrivato alla sua ventunesima trasposizione videoludica il nuovo titolo, sviluppato da Visual Concepts e prodotto da 2K Games, spinge l’acceleratore sul realismo. Questa sensazione aleggiava con NBA 2K19.
Questa volta invece è presente in ogni suo aspetto.Il gameplay di NBA 2K20 come anche la modalità Carriera vi prenderanno per la canotta e vi scaraventeranno sui parquet più blasonati d’America.
Le critiche anche quest’anno non sono mancate a causa delle tanto odiate microtransazioni, anche se, a nostro avviso, non inficiano negativamente nell’esperienza generale. Bene, non ci resta che partire con la nostra recensione per PS4 di NBA 2K20.
https://youtu.be/ZLrtNIYcmiE
Dentro il campo
Come anticipato nella parte introduttiva della nostra recensione per PS4 di NBA 2K20, gli sviluppatori hanno puntato moltissimo sul fattore realismo. Per realizzare questo sogno a cui tutti i simulatori sportivi ambiscono, occorre un lavoro molto intenso che spazia dalla parte tecnica sino a quella emozionale. In NBA 2K19 furono mosse critiche sulla resa e il comportamento del pubblico sugli spalti e su alcuni movimenti dei giocatori leggermente “scriptati” e poco realistici.
La campagna mediatica imbastita da 2K Games, non è servita solamente a promuovere il titolo, ma anche a fare apprezzare gli importanti miglioramenti apportati in NBA 2K20 rispetto alla versione precedente. I video gameplay e la demo, soprattutto, sono serviti per rassicurare i fan e presentare e migliorie richieste a gran voce.
La sfida nel simulare un vero incontro sportivo è quasi vinta da NBA 2K20. A tratti sembra di essere sintonizzati su NBA TV. La grafica è sensibilmente migliorata rispetto a quella, già, ottima di NBA 2K19. Dettagli come il parquet con i riflessi di luce dei riflettori, le animazioni del pubblico e l’atmosfera dell’arena di gioco sono realizzati in maniera ineccepibile. Se vogliamo trovare un difetto è forse questo eccesso di “riflessi di luce” che sul corpo e sul viso dei giocatori può sembrare un po’ fuori luogo.
Un altro aspetto molto gradito che rende NBA 2K20 molto simile ad una trasmissione sportiva televisiva sono gli intermezzi. All’inizio di ogni match, in maniera del tutto similare al basket visto in TV, un susseguirsi di infografiche e filmati con attori reali preparano l’atmosfera del match in modo fantastico.
In NBA 2K20 è stata migliorata moltissimo la giocabilità e il sistema dei comandi di gioco. Si è preferito curare l’aspetto tecnico accantonando il lato “arcade” del gioco. Lo stick destro del pad diventa miracoloso. Con esso si potranno fare finte, realizzare skill e tirare.
L’approccio tecnico di NBA 2K20 impone un determinato stile di gioco e il gameplay che ne deriva è sicuramente più lento e ragionato. Difficilmente assisteremo a dei rush match con capovolgimenti di fronte continui. La gestione e la conoscenza del singolo giocatore è in importante ma non deve prescindere da quella della squadra e i suoi schemi. All’interno dell’infrastruttura di gioco le doti dei singoli verranno esaltate se e solo se lo stile e la tattica di gioco lo consentiranno. Lo schema con cui si imposterà un match deve essere la vostra prima preoccupazione.
I passaggi e le intercettazioni saranno molto più complessi in NBA 2K20 per cui diventa fondamentale conoscere la posizione in campo di tutti i compagni, anche in funzione delle loro caratteristiche tecniche (se il vostro cecchino da 3pt è libero e solo, sapete già cosa fare). Il primo impatto con questa meccanica di gameplay rivisitata, può leggermente spiazzare i veterani e disincentivare i nuovi player. Il rovescio della medaglia però è appagante.
Una carriera in gioco
La nostra recensione per PS4 di NBA 2K20 prosegue descrivendo una delle modalità di gioco presenti in questo nuovo titolo, la Carriera. In maniera del tutto similare (ma solo dal punto di vista idiomatico) rispetto a NBA 2K19, le modalità di gioco sono quattro: Gioca ora, la Mia squadra, la Carriera e la Mia lega.
Le novità apportate a ciascuna modalità sono diverse ma quella che è stata sensibilmente migliorata è la modalità Carriera. Seguendo la filosofia di base di NBA 2K20, l’ondata del realismo e della fruibilità non ha risparmiato nemmeno questa modalità.
La prima cosa che dovrete fare è creare il vostro giocatore anche utilizzando l’app MyNBA2K20 che, sfruttando la fotocamera, creerà un vostro alter ego estremamente somigliante. L’interfaccia di editing a nostro avviso è estremamente ricca e completa di dettagli, sia per quanto riguarda l’aspetto fisico che le caratteristiche del giocatore. E’ stata inserita anche una funzione che permette di testare e valutare la crescita del player in cantiere, in modo da poter comprendere se la caratteristiche scelte siano quelle ottimali. Sulla scia di questa nuova feature inserita in NBA 2K20, avrete anche la possibilità di testare il giocatore sul campo simulando dei match. Sembra un aspetto di poco conto ma nell’economia di una carriera che vi terrà incollati per ore al joystick, sapere che queste saranno ben spese è appagante.
In maniera similare al Viaggio inserito negli ultimi titoli della seria FIFA di EA Sports, la modalità Carriera di NBA 2k20 vi trascinerà in una narrazione cinematografica dove incontrerete attori del calibro di Rosario Dawson e Idris Elba. LeBron James ha curato lo screenplay e gli aspetti tecnici del progetto, fornendo il suo punto di vista di icona fuori e dentro il campo. Questo suo contributo è stato fondamentale non solo in ottica realismo ma anche nel creare una storia che raccontasse il dietro le quinte del basket NBA. Non vi aspettate una narrazione e un gameplay veloce. Le prime fasi hanno pochi momenti giocati e molti video skippabili. Man mano che andrete avanti nel gioco le sequenze giocate saranno il cuore di questa modalità.
La stagione è lunga e in più occasioni dovrete mantenere calma e sangue freddo. Dovrete affrontare i vostri demoni e le vostre debolezze per diventare una stella del firmamento NBA 2K20. La cosa importante è che nella fase creativa del vostro personaggio abbiate cura di scegliere con saggezza le caratteristiche e il ruolo che del vostro futuro campione. Saranno il vostro marchio di fabbrica e determineranno la riuscita della vostra carriera.
Il divertimento nelle sue varie forme
La nostra recensione per PS4 di NBA 2K20 termina descrivendo le restanti modalità di gioco presenti in questo nuovo titolo.
Oltre alla Carriera anche La mia Squadra presenta numerose migliorie. In maniera del tutto similare a un gioco manageriale dovrete gestire ogni singolo aspetto della vostra squadra impostando la rosa e le sue tattiche come anche staff e allenatori. Le tanto odiate microtransazioni e le loot box sono presenti anche in NBA 2K20. Gli spacchettamenti di bustine serviranno a creare la vostra squadra con cui proverete a vincere incontri e sfide. Se sarete fortunati usciranno giocatori forti ma al vostro team serve una buona strategia. L’ago della bilancio quest’anno penderà verso chi si impegnerà a costruire un sistema di gioco sfruttando i giocatori a disposizione e non su chi “spende e spande” per ottenere il meglio del meglio.
La modalità Gioca ora è quella che vi permette di organizzare un partita in pochi attimi e senza perdere troppo tempo. Non solo le squadre NBA di entrambe le conference ma anche quelle di epoche passate, rimaste impresse nella storia del basket. MJ è pronto a rifare il suo ingresso in campo.
Altro aspetto degno di nota della la modalità gioca ora è la presenza del gentil sesso con la WNBA, la legga femminile di basket. Le 140 giocatrici suddivise tra le 12 squadregiocabili, forniranno un punto di vista differente nel gameplay rispetto a quello muscolare e fisico maschile.
La modalità La mia lega di NBA 2K20 vi farà affrontare un’intera stagione con la vostra squadra selezionata. Non si tratta solo di partite in sequenza ma anche di gestire le sessioni di allenamento, le sedute tattiche, il Draft e gli All Star Games. Dovrete sempre tenere un occhio fisso sul calendario perché gli impegni non saranno pochi.
La nostra recensione di NBA 2K20, elaborata dopo intense ore di gaming su console Ps4, ci ha lasciato una piccola nota amara in bocca per via della presenza delle microtransazioni. La presenza di questo aspetto non inficia però pesantemente sulla resa finale del gioco che nel complesso è divertente. La sensazione di assistere a una partita di basket NBA alla TV e il realismo fanno di NBA 2K20 il miglior simulatore della serie sinora realizzato. La grafica e il gameplay sono stati sensibilmente migliorati rispetto a NBA 2K19, andando incontro alle richieste della community. Dedicato agli appassionati della pallacanestro a stelle e strisce e a tutti coloro che vogliono avvicinarsi al basket targato 2K. Buon Slam Dunk a tutti voi.
Konami ha annunciato che la demo di CONTRA: ROGUE CORPS verrà rilasciata oggi per le piattaforme Xbox One e Nintendo Switch, la versione per PS4 sarà invece disponibile da domani. In questa demo, ambientata a Damned City, i giocatori prenderanno il controllo di Max ‘Kaiser’ Doyle, leader dei Rogue Corps.
The demo di CONTRA: ROGUE CORPS sarà incentrata sulla campagna single-player e includerà una delle più massicce boss fight del gioco completo che sarà in vendita dal 26 settembre in Europa.
I progressi ottenuti nella demo non verranno salvati nella versione finale del gioco al lancio. All’interno della demo sarà incluso un nuovo gameplay trailer che mostrerà delle scene totalmente inedite di CONTRA: ROGUE CORPS.
CONTRA: ROGUE CORPS è un videogioco di combattimento in terza persona per Xbox One, PlayStation 4, Nintendo Switch e PC (STEAM) diretto dal celebre Nobuya Nakazato (CONTRA III: THE ALIEN WARS e CONTRA: HARD COPS). CONTRA: ROGUE CORPS, come i precedenti titoli, della saga è caratterizzato dalla presenza di nemici pazzi e giganteschi, di combattimenti violenti e di un cast di diversi personaggi giocabili che aggiungono un tono irriverente all’esperienza di gioco.
CONTRA: ROGUE CORPS è ambientato diversi anni dopo gli eventi narrati in Alien Wars, e si basa sulla storia di un gruppo di ex militari che si guadagna da vivere cacciando taglie e cercando tesori a Damned City. I giocatori dovranno possedere riflessi rapidi per sfruttare al meglio le potentissime armi e gli innesti cibernetici che verranno messi loro a disposizione per completare campagne che serviranno a raccogliere risorse e sopravvivere a Damned City.
Nella recensione di oggi parliamo di Greedfall è il nuovo action RPG, sviluppato da Spiders Studios e pubblicato da Focus Home Interactive, testato su console PS4. In molti, tra addetti ai lavori e fan, dicono che questo gioco sia la consacrazione di un nuovo genere che tenta di coniugare due tipologie di gameplay diametralmente opposte tra loro. La fisica ci dice che due opposti si attraggono per cui il loro incontro era scritto nel destino. In molti ci hanno provato, in pochi ci sono riusciti. La coniugazione videoludica di questo nuovo genere non è facile.
Nel podio inseriamo la saga di The Witcher dei polacchi di CD Projekt RED e il MMORPG Black Desert dei coreani di Pearl Abyss. Entrambi i titoli hanno veramente creato degli status symbole generato importanti community di adepti del genere action RPG. Un posto su questo podio è ancora libero e noi riteniamo che Greedfall possa occuparlo senza problemi.
Questo videogioco è frutto di anni di sperimentazione dello studio parigino Spiders Studios che inizia nel 2010 con il loro primo gioco di ruolo intitolato Faery: Legends of Avalon. Nel corso degli anni, anche facendo tesoro degli errori di gioventù, questo studio ha capito come creare il giusto mix tra action e RPG. Greedfall è la loro creatura perfetta.
Un ultimo aspetto che preme ricordare e che il titolo è completamente localizzato in italiano, compresi menù e interfacce (cosa non più scontata in epoca moderna).Scopriamo insieme, in questa nostra recensione di Greedfall per PS4, questo nuovo ed entusiasmante action RPG.
Teer Fradee, una nuova speranza
La nostra recensione di Greedfall per PS4, inizia descrivendo il contesto narrativo degli eventi del gioco. Il vecchio mondo è attraversato dalla verve del colonialismo del XVII secolo ma purtroppo è afflitto anche da un male che lo sta lentamente divorando. Il suo nome è Malicore e non lascia scampo a nessuno, portando via le vite di donne, uomini, anziani e bambini. La speranza è riposta in un’isola appena scoperta, Teer Fradee.
Il nostro protagonista, nel tentativo di trovare una cura per la Malicore, parte alla volta di questo nuova terra promessa. L’isola si presenta con una flora e una fauna selvaggia con dettagli estremamente curati, sia ambientali che emozionali. Il tutto attraversato da una vena fantasy che, come sappiamo bene, all’interno di un gioco di ruolo è sempre funzionale. L’isola non è un territorio solo da esplorare, ma interagisce con voi. Al suo interno sono presenti tribù e clan oltre che bestie e creature pericolose che proveranno a rendervi la vita molto difficile.
Per quanto il genere RPG sia stato battuto in lungo e in largo, la nostra sensazione è stata molto positiva. Le ambientazioni e le situazioni che Teer Fradee offre, restituiscono un senso di meraviglia e scoperta. A tratti abbiamo avuto la sensazione di trasformarci negli esploratori del XVII secolo, che per primi scoprivano terre e zone sconosciute.
Inoltre la componente storica è molto presente ma non per questa imbriglia Greedfall in corsi e ricorsi di alcun genere e tipo. Il riferimento a situazioni note è ben presente ma non pressante. La caratterizzazione dei luoghi e dei costumi è coerente con il periodo storico e la dovizia dei dettagli e ben curata. Gli sviluppatori di Spiders Studios sotto questo aspetto hanno fatto veramente un ottimo lavoro.
L’importanza delle scelte
La nostra recensione di Greedfall per PS4, prosegue descrivendo l’aspetto decisionale che rappresenta il cuore pulsante di un gioco di ruolo. Questa componente è presente sin dai primi attimi del gioco, nel momento creativo del nostro personaggio. La scelta del sesso come quella della classe risulta fondamentale per la nostra esperienza finale di gioco. Il gameplay che ne deriva è figlio di queste scelte iniziali.
Se qualcuno di voi ha giocato a Dungeons & Dragon o similari, conosce molto bene questo aspetto come altresì quello delle interazioni. In Greedfall, come accennato in precedenza, esistono diversi clan e fazioni. Ognuno di essi ha al suo interno filosofie ben distinte e personaggi chiave utili all’evoluzione della trama. La conoscenza di intrighi, misteri e segreti vi tornerà molto utile e a tempo debito potrete utilizzarla a vostro vantaggio.
Come in ogni gioco di ruolo che si rispetti anche in Greedfall vi è il famoso skill tree, l’albero delle abilità. Ognuna di esse farà si che si concretizzi la specializzazione del vostro personaggio. Non vi è un unico approccio alle situazioni e il gameplay che ne deriva richiede delle doti e abilità particolari. Inoltre, con il passare delle ore di gioco, capirete qual è la vostra via da intraprendere in termini di specializzazione e di conseguenza sbloccherete le abilità in funzione di essa.
In fase di creazione del personaggio possiamo scegliere tra 3 classi diverse: guerriero, mago o tecnico. Il primo, amante degli scontri ravvicinati, predilige il combattimento con la spada e diventa fondamentale la qualità dell’armatura. Il mago, non essendo dotato di forza fisica, lancerà i suoi incantesimi da media lunga distanza. Infine abbiamo il tecnico, artista dei diversivi ma anche stratega in battaglia con le sue trappole e bombe. La scelta della classe influirà sulle varie situazioni di gioco e sulle dinamiche gestionali di una singola missione. La vostra classe vi permetterà di condurre un assalto stile berseker oppure aggirare un nemico da un lato cogliendo il fattore sorpresa.
La quantità e la qualità delle armi e delle armature è notevole e varia a seconda della fazione di appartenenza. In ausilio in questo campo vi è il meccanismo del crafting che, attraverso delle pozioni, vi permetterà di modificare il vostro equipaggiamento.
Un altro aspetto interessante in Greedfall è quello dei talenti sociali. Questa ulteriore caratterizzazione del vostro personaggio vi consente di riuscire meglio in determinate operazioni di gioco. Un esempio è il talento dell’artigianato che vi consentirà di creare e migliorare l’equipaggiamento in uso.
Non solo RPG, ma anche action
Ultima tappa della nostra recensione di Greedfall per Playstation 4 è la descrizione della componente action. Non è facile unire i due generi ma la nostra impressione è che, anche se non siamo di fronte a un hack n’ slash puro, il divertimento non manca. La telecamera in terza persona e sempre posizionata in modo da seguire il combattimento. Il sistema di aggancio del nemico è funzionale e permette di avere sempre un occhio fisso sul nostro avversario.
Il sistema di attacco è efficiente e reattivo. Non dobbiamo aspettare tempi di caricamento o il colpo del nemico per poter sferrare un attacco, come succedeva negli anziani turn based. In Greedfall si lavora di iniziativa, guardando sempre cosa farà il nemico di turno. A seconda della natura, tipologia e livello del nemico si cercherà di capire quali sono i suoi schemi di attacco e muoversi attorno a essi.
La modalità con cui mettere in atto tutto ciò è tra le più semplici (se non abbastanza scontata), con lo schiva/attacca/schiva che lo ne fa da padrone. Avrete a disposizione due armi per i combattimenti ravvicinati e una per il colpo dalla distanza, con la possibilità di lanciare anche degli incantesimi. Va da sé che la classe scelta favorirà una tipologia di attacco rispetto ad un altra. L’intensità degli attacchi, in maniera molto simile al sistema utilizzato in Black Desert, è di tre tre tipologie, uno base, uno potente e uno “furore” che funge da bonus.
Ovviamente non potrete solo offendere ma dovrete pensare anche a come impostare la vostra strategia difensiva. Anche il nemico, come voi, sarà dotato di varie tipologie di attacco, diverse per natura e intensità. È vostro compito capire, quanto prima, come si comporta in battaglia e scegliere quando schivare e parare un colpo. Il tutto deve, ovviamente, essere fatto studiando l’ambiente circostante che può favorirvi ma anche rendervi la vita difficile. L’isola di Teer Fradee vive intorno a voi.
Molto gradita e anche rara negli RPG di nuova generazione, è la presenza in Greedfall della pausa tattica. In un combattimento frenetico o in una fase pianificatoria di un’incursione stealth, prendersi qualche minuto per riflettere non è una cattiva idea.
Ci siamo divertiti a giocare a Greedfall su PS4 e successivamente a raccontarvi la nostra esperienza con questa recensione. Spiders Studios non è sicuramente un colosso ai livelli di CD Projekt RED e Square Enixma nel loro team c’è della sostanza e del talento. Greedfall ha al suo interno degli elementi e spunti molto interessanti che innovano un genere in via di sviluppo. La componente RPG con le sue personalizzazioni è ben strutturata mentre quella action è ancora acerba anche se divertente nel suo complesso. La trama sicuramente non eccede in originalità anche se le quest primarie e secondarie non scadono nella ripetitività. Non si tratta sicuramente di un titolo di tripla A ma a nostro avviso vale la pena giocarci. Scommessa.
Per una volta voglio incominciare con quello che dovrebbe essere un augurio finale e cioè che Remedy Entertainment ci possa in futuro regalare ancora esperienze di gioco come quella che è riuscita a creare con Control. Nonostante il Curriculum Vitae blasonato, non mi aspettavo che le loro abilità di immaginare atmosfere e narrazioni coinvolgenti riuscissero con Control a creare un unicum, un’avventura che oggi non ha simili nel mercato dei videogiochi.
Una storia che parte piano, sino ad esplodere
Interpretiamo Jesse Faden, una ragazza che arriva a New York con l’obiettivo di scoprire cosa realmente sia successo 17 anni prima quando, a causa di un incidente traumatico, perse il fratello Dylan. Il posto da dove comincia è il Federal Bureau of Control, un’entità governativa che studia e documenta il paranormale. Una volta entrata si accorge che il luogo è deserto e, dopo una breve perlustrazione, l’unica persona che incontra è il Custode intento a pulire il pavimento, che però sembra l’aspettasse e le comunica che la stanno attendendo di sopra per un colloquio di lavoro come Assistente Custode. Al piano superiore, mentre Jesse si avvicina all’ufficio del Direttore del Federal Bureau of Control, sente uno sparo e, una volta entrata nell’ufficio, trova il Direttore morto con la sua pistola a terra vicino, indice di un probabile suicidio. Nel momento in cui Jesse raccoglie l’arma del Direttore, è preda di una visione e una voce fuori campo le comunica che solo pochi eletti possono impugnare la fantastica “Arma di Servizio” e che per diventare il nuovo Direttore deve superare alcune prove. Eccola allora proiettata in una dimensione parallela che, per alcuni versi, ricorda quella di “Dishonored” e che funge da luogo tutorial dove provare le diverse funzionalità dell’Arma di Servizio e dei combattimenti corpo a corpo. Terminato il training, Jesse comincia la sua avventura da Direttore con l’obiettivo principale di liberare il quartier generale del Federal Bureau of Control, denominato “The Oldest House”, dalla presenza dell’Hiss, una forza paranormale ostile che ha invaso le aree dell’edificio con fenomeni inspiegabili e che ha trasformato i dipendenti del FBC o in personaggi catatonici che levitano a mezz’aria, o in personaggi molto aggressivi che la attaccano, forse perché nel frattempo Jesse si è scoperta immune dall’Hiss.
Combattimento ed Esplorazione
Il gameplay di Control prevede una visuale in terza persona e un meccanismo di gestione salute basato sul recupero di frammenti azzurri che i nostri nemici rilasciano quando vengono uccisi. Il sistema di combattimento si basa sull’uso dell’”Arma di Servizio” che, grazie a potenziamenti da sbloccare, può assumere fattezze e varianti che ne aumentano la potenza, la capienza del caricatore e introducono altre migliorie. In alternativa Jesse può utilizzare dei i poteri soprannaturali a lei associabili nel momento in cui entrerà in contatto con gli “Oggetti del Potere”. Si tratta di abilità che vanno dalla capacità di attrarre oggetti per scagliarli contro i nemici, alla possibilità di creare uno scudo con materiali vari; dallo scatto rapido per evitare i colpi dei nemici, alla capacità di levitare per tempi limitati. Remedy, per costringerci ad alternare le due tipologie di “armi” offensive a nostra disposizione, ha introdotto un meccanismo “a consumo”. Infatti, da un alto, l’arma del Direttore esauriti i colpi richiede un tot di tempo perché il caricatore si ricarichi, dall’altro, i poteri soprannaturali consumano un’energia ad esaurimento e quindi, analogamente all’arma, siamo costretti ad aspettare del tempo prima che l’energia si rigeneri.
Già dai primi passi l’avventura non appare per nulla né semplice né lineare. Tutta la storia si svolge all’interno del FBC e The Oldest House si rivela un’entità vivente, capace di cambiare forma e ricostruirsi da sola offrendoci percorsi a dimensioni alternative. Man mano che liberiamo le zone dall’Hiss, si aprono nuovi piani con mappe diverse tra loro che alternano uffici lineari a zone con gigantesche caverne o burroni, tutti esplorabili grazie ai diversi poteri soprannaturali che guadagneremo via via che supereremo le aree. Non esistono salvataggi manuali ma i nostri punti di rinascita sono i “Punti di Controllo”, di fatto dei checkpoint che raggiungiamo dopo aver liberato alcune zone della mappa. I “Punti di Controllo”, una volta liberati, fungono anche da luoghi dove trasportarsi con un viaggio rapido permettendo così di ritornare velocemente in zone in parte lasciate inesplorate perché magari senza autorizzazione necessaria. Ma il nostro viaggio non sarà mai razionale, l’FBC è un luogo folle senza regole, popolato da personaggi non classificabili e noi stessi viviamo in continuazione lo strano ruolo di persona coinvolta ma incapace di capire e, soprattutto, controllare veramente il mondo che stiamo attraversando.
L’intera storia è costruita su complessi piani che consideriamo paralleli solo perché apparentemente riteniamo ci debbano portare verso un preciso punto finale. Il percorso è accompagnato da dialoghi, note e filmati che aiutano a costruire un luogo così complesso che, non di rado, ci si ferma per respirare e per chiedersi: “Ma, dove sono?”. Questo senso di confusione mista ad estraneità è dovuto anche alla moltitudine di passaggi segreti e scorciatoie che troveremo e dai fenomeni soprannaturali che incroceremo.
L’FBC si rivelerà un vero labirinto, un vasto luogo da esplorare in una modalità non lineare che ci lascia la libertà di decidere se cercare di seguire il percorso narrativo principale o perderci nelle numerose ed incredibili aree che sarebbe un peccato svelare rovinando al giocatore le molte le sorprese di questo gioco. In Control è’ impossibile definire un tempo di gioco standard per completarlo, perché non vi è un percorso chiaro ed evidente da seguire verso la parola fine. Il gioco è così pieno di distrazioni che portano a missioni secondarie che, in alcuni casi, sono migliori della campagna principale. Tutti i personaggi che popolano Control hanno un senso narrativo che aiutano a completare il mondo del gioco. E allora è un peccato non seguire le loro indicazioni perché, spesso le missioni secondarie, portano a battaglie contro dei boss che ci premiano con poteri altrimenti non trovabili. Insomma, Remedy ha fatto un enorme lavoro sia per quanto riguarda la storia principale che relativamente a tutto ciò che è il mondo secondario, spronandoci ad esplorare ogni spazio, riuscendo così ad aumentare la longevità di questo capolavoro.
Purtroppo la localizzazione del gioco in italiano si limita ai sottotitoli.
Control è un’esperienza unica, un luogo che, anche quando sembra banale è in realtà totalmente alieno, malato ma bellissimo. Un gioco che diventa più ricco e avvincente man mano che scendi in profondità. Un’incredibile comporto narrativo ci fa vivere un’avventura trasportandoci in un mondo mutevole di difficile comprensione, ma così stimolante ed avvincente che ci invoglia a continuare l’esplorazione anche dopo averne scoperto il finale.
Konami annuncia oggi che la versione mobile di eFootball PES 2020 sarà rilasciata a ottobre e sarà una revisione completa dell’attuale gioco mobile PES 2019.
L’ultimo importante aggiornamento della serie PES Mobile, che ha celebrato oltre 200 milioni di download all’inizio di quest’anno, porta molte delle funzionalità e delle licenze chiave già annunciate per eFootball PES 2020 su PC e console.
Le nuove funzionalità del gioco mobile di quest’anno includono Finesse Dribble, una tecnica di dribbling dinamico creata a seguito di una stretta consultazione con il leggendario centrocampista Andrés Iniesta; un sistema di controllo della palla più preciso e un comportamento più realistico dell’IA difensiva. Tutto ciò si traduce in un’esperienza di gioco più profonda, da godere ovunque e in qualsiasi momento sui dispositivi mobili.
Oltre a queste nuove funzionalità, eFootball PES 2020 su dispositivi mobile sfrutterà appieno le numerose nuove partnership annunciate quest’anno, comprese le licenze per Juventus FC, FC Bayern e Manchester United. Questo si aggiunge alle rinnovate partnership con l’FC Barcelona e l’Arsenal, oltre alle varie licenze delle top league, tra cui la Serie A italiana.
Matchday, la nuovissima modalità annunciata all’E3 2019, verrà aggiunta anche nell’ultima versione del gioco mobile, incoraggiando i giocatori a scegliere una delle due squadre all’inizio di ogni evento settimanale e contribuire con i punti al successo complessivo della loro squadra.
Come per PC e console, sono stati apportati significativi miglioramenti alla grafica e alla presentazione visiva generale in eFootball PES 2020 per dispositivi mobili. Sfruttando appieno le capacità di UNREAL ENGINE 4, elementi come il movimento dei giocatori, le celebrazioni e l’aspetto sono stati resi più realistici.
Per gli attuali utenti di PES Mobile, alcuni dati saranno compatibili con l’aggiornamento che verrà rilasciato ad ottobre – per ulteriori informazioni consultare il sito Web ufficiale: eFootball PES 2020 sarà disponibile su App Store per iPad, iPhone e iPod touch e Google Play per dispositivi Android.
A partire da oggi i fan possono provare in anticipo La mia CARRIERA iniziando a creare Il mio GIOCATORE e a testare il campo due settimane prima rispetto al lancio del gioco, scaricando gratis la Demo di NBA 2K20.
Inoltre, da oggi, puoi scaricare l’applicazione MyNBA2K20 e usare la funzione di scansione per caricare il tuo autentico look in NBA 2K20 (le configurazioni per Il mio GIOCATORE verranno trasferite su NBA 2K20 al lancio il 6 settembre). L’applicazione MyNBA2K20 è disponibile per il download su App Store e Google Play.
Inoltre, NBA 2K ha rilasciato un nuovo trailer NBA 2K20 MyPLAYER Builder Trailer che svela tutte le nuove funzionalità de Il mio GIOCATORE di quest’anno.
In FIFA 20, i giocatori possono sperimentare un modo completamente nuovo di giocare con VOLTA FOOTBALL prendendo ciò che hanno imparato dalla strada e applicandolo allo stadio o viceversa, dal calciare palloni contro i muri all’ eseguire un tiro al volo: lo stile e la creatività del calcio di strada prende vita.
Il gameplay in VOLTA FOOTBALL si basa sull’esistente motore di gioco EA SPORTS FIFA che sviluppa e perfeziona gli elementi attuali del gioco aggiungendo meccaniche nuove e fondamentalmente uniche. Fornire ai giocatori varietà e diversità, grazie a una gamma di modalità differenti con combinazioni di svariate circostanze e regole, migliora l’esperienza, portando gli elementi chiave del calcio di strada nel gioco. Inoltre, regole semplificate, meccaniche della palla personalizzate, varie ambientazioni, diversi tipi di partite (Rush Keepers, Street with Keepers, Futsal), insieme a un sacco di talento, aggiungono autenticità all’esperienza.
Nella modalità Calcio d’Inizio, i calciatori esistenti dei più grandi club del mondo possono competere nelle strade e i giocatori possono scegliere tra numerose opzioni con le regole della VOLTA House a seconda della sfida in cui vogliano cimentarsi, tra cui Sopravvivenza, Niente Regole e First to X. In più, VOLTA FOOTBALL include anche una modalità storia che porta i giocatori attraverso il mondo VOLTA. Inoltre è possibile vivere un’esperienza online in VOLTA TOUR dove i giocatori possono viaggiare in diverse località del mondo, tra cui Tokyo, Amsterdam, New York, Città del Capo, Città del Messico, Roma, Parigi e altro ancora. I giocatori possono per di più farsi strada attraverso la promozione e la retrocessione con VOLTA LEAGUE online, dove i nuovi formati giocatore contro giocatore posizionano la propria squadra contro gli altri online e le vittorie portano alla promozione in una divisione superiore.
Tutti quei giocatori che hanno avuto l’opportunità di maneggiare i floppy disk, si saranno accorti che mi son preso la licenza di utilizzare come titolo di questo articolo la scritta che campeggiava sui quattro floppy disk da 3½ pollici, tramite i quali, nel 1993, id Software immetteva sul mercato il primo DOOM. Per completezza, devo aggiungere che era disponibile anche la versione su 5¼ pollici ma, per mia fortuna, ai tempi disponevo di un PC allo stato dell’arte. Sì, sono passati 25 anni da quel 10 dicembre 1993, il giorno in cui id Software ha rivoluzionato il genere degli sparatutto in prima persona e contribuito a creare una nuova cultura pop dei videogiochi. Per festeggiare questo evento, Bethesda Softworks ha deciso che il 2019 sarebbe stato dedicato ai festeggiamenti di questo anniversario. Infatti, pochi giorni fa, la conferenza annuale di tre giorni dedicata al gioco Quake di id Software, è stata inaugurata con il keynote chiamato “Year of Doom”, durante il quale la società ha annunciato che Doom, Doom II e Doom 3 saranno ripubblicati per poter esser giocati sulle attuali console e sui dispositivi mobili. Neanche il tempo di pubblicare questa notizia ed ecco arrivare nella nostra redazione i tre giochi, stavolta in forma liquida. Un’occasione questa per rigiocare il mito e anche per ripassare un po’ di storia dei videogiochi.
I due John
Torniamo quindi, per un attimo, agli inizi degli anni 90 quando John Carmack, John Romero, Tom Hall e Adrian Carmack, già soci di un’altra società di sviluppo di videogiochi, decidono di fondare l’id Software. In quel periodo, l’ambiente degli sviluppatori di giochi era in fermento a causa di un genere nato negli anni 70, ma che ora sembrava appassionare di nuovo la comunità con rinnovato slancio: lo sparatutto in prima persona. Come sempre capita in un ambiente competitivo, ci si guarda le spalle per non farsi rubare le idee, ma le menti che eccellono sono sempre un passo avanti agli altri. Mi riferisco a John Carmack e John Romero, definiti da molti: lo Scienziato e la Rockstar. John Carmack era un programmatore e tecnologo geniale, mentre John Romero era un visionario hard-core gamer. Carmack spaccava il codice ma non era un appassionato giocatore come Romero. Uno risolveva qualsiasi problema tecnico e creava i motori grafici per i giochi, l’altro era un giocatore vero, in grado di capire le esigenze dei giocatori, di immaginare livelli capaci di inchiodare davanti allo schermo per ore i ragazzi. Così, quando a Romero giunse la voce di una nuova tecnica di sviluppo, denominata Texture Mapping, non perse tempo e ne parlò con Carmack. La tecnica consentiva di applicare una serie di immagini (Texture) a superfici ed elementi, per aggiungere dettagli e risolvere così il problema della loro troppo omogeneità e poca ombreggiatura (Shading). Semplificando, applicando le Texture ad un muro omogeneo il risultato che si ottiene è un muro con mattoni. Il primo gioco sviluppato con il nuovo motore grafico basato sul Texture Mapping di Carmack fu Catacomb 3-D. Ma i due John avevano in mente un gioco più veloce e più coinvolgente. Ed allora, ecco vedere la luce Wolfenstein 3-D per MS-DOS, considerato a tutt’oggi il primo vero sparatutto in prima persona grazie alla nuova versione del motore grafico pseudo-3D, dotato di texture sui poligoni concepito da Carmack. Guardando bene Wolfenstein, rispetto a Catacomb, non era un passo in avanti dal punto di vista tecnologico, ma una velocizzazione del codice del precedente gioco con l’aggiunta di trucchi grafici che quel mestierante di Carmack conosceva bene. Romero aveva aggiunto il resto, con l’uso di simboli e riferimenti nazisti, le sue geniali idee nel gameplay, la brutalità e la fantasia dei personaggi e dei livelli.
SHAREWARE: un’idea commerciale tanto geniale, quanto di successo
Il gioco era pronto, ma ora id Software doveva trovare il modo di farlo conoscere e venderlo, per monetizzare tutta la fatica di intere giornate di lavoro e coprire gli investimenti fatti. Ed ecco un nuovo colpo di genio, utilizzare lo Shareware, una licenza software tramite la quale si potevano distribuire gratuitamente dei programmi. (Ai più giovani giocatori vorrei ricordare che, a quei tempi, il termine demo non esisteva proprio.) Quindi, non avendo budget per promuoverlo, perché allora non prendere a prestito questa formula, usando i Bulletin Board System (BBS), per far provare il primo livello di Wolfenstein 3-D in modo tale da incuriosire i giocatori facendogli desiderare la versione completa? La risposta della comunità di giocatori fu travolgente ed il gioco fu un successo. Non ricordo di aver mai giocato a Catacomb, ma ricordo perfettamente che ero appena stato assunto in Borland Italia quando un amico mi diede la versione Shareware di Wolfenstein e, non appena la installai sul mio Compaq 386, fu subito amore. I comandi erano veramente pochi e rendevano il gioco facile e lineare.
DOOM: un progetto perfetto
Mentre la maggior parte del team dell’id Software lavorava su Spear of Destiny, seguito naturale di Wolfenstein, John Carmack era libero di concentrare i suoi sforzi sul nuovo motore grafico, quello che poi verrà chiamato: DOOM Engine. In parallelo, per il nuovo gioco, si cercava un’idea innovativa che si scostasse completamente dalla narrativa nazista del precedente. La passione di John Carmack per Dungeons & Dragons, per la fantascienza e per i film splatter, ebbe il sopravvento e così, il prossimo gioco avrebbe avuto a che fare con l’uso della tecnologia per combattere mostri e demoni. Non solo, il gioco avrebbe dovuto anche essere più veloce e brutale, trascurando la storia rispetto al ritmo che doveva essere tecnologicamente più evoluto, rispetto a Wolfenstein.
Carmack stava sviluppando in C, utilizzando una Workstation NeXT e la una nuova versione del motore grafico introduceva sostanziali migliorie tecniche rispetto a Wolfenstein, come: l’utilizzo di texture su tutte le superfici, la possibilità di cambiare le altezze delle stanze, la variazione dei colori e del grado di luminosità, i piani mobili sull’asse orizzontale. Certo, il risultato era ancora una mappa bidimensionale ma, non solo i dettagli del gioco erano superiori e graficamente migliori rispetto al precedente, soprattutto, la nuova gestione binaria di cosa il giocatore dovesse vedere in tempo reale consentiva una velocità di elaborazione con prestazioni rapide e al di sopra della norma.
Tutto qui? No! Nessuno poteva immaginare che id Software introducesse un’innovativa Modalità Multiplayer in rete. In pratica la possibilità di connettersi con fino a quattro amici contemporaneamente e sfidarsi in Modalità Co-operativa affrontando insieme i livelli di DOOM, oppure in Modalità Deathmatch, dove ci si scontra tutti contro tutti. Deathmatch, un nome, un destino. Dal giorno in cui fu introdotta in DOOM, questa modalità non ha più abbandonato il vocabolario dei videogiochi. Senza dimenticare che, John Carmack, che aveva nelle proprie vene l’open source, lasciò aperta la possibilità agli sviluppatori amatoriali di modificare alcuni elementi del gioco, al fine di creare nuovi livelli condividendo gratuitamente le loro modifiche con altri giocatori (Mod). E, col senno del poi, possiamo dire che questo fu un altro elemento che incrementò la popolarità e la longevità di DOOM.
E così, il 10 dicembre 1993, id Software era pronta a caricare la versione Shareware di DOOM tramite FTP sulla rete informatica dell’Università del Wisconsin, che aveva concesso loro uno spazio all’interno del loro network. Una volta caricata su Internet, gli utenti appassionati l’avrebbero scaricata e trasferita ad altri utenti, praticamente garantendo ad id Software una distribuzione gratuita del gioco. Ma, tale era l’attesa dei videogiocatori per l’uscita di DOOM che, il sito FTP dell’Università del Wisconsin conteneva già 125 utenti, il massimo numero di utenti consentito, non permettendo ad id Software di entrare. Solo quando l’amministratore della rete universitaria riuscì a convincere tutti gli utenti a sconnettersi, DOOM venne finalmente caricato. Non appena il 100% del gioco fu trasferito, non 125, ma migliaia di utenti tentarono di connettersi al sito dell’Università del Wisconsin, mandando in crash il computer. Welcome DOOM!
DOOM Generation: la nuova cultura pop dei videogiochi
La componente grafica innovativa, lo stile di gioco semplice e veloce, un elevatissimo tasso di violenza, una curva di apprendimento rapidissima, la nuova modalità Multiplayer Deathmatch e, come per Wolfenstein, l’idea di distribuire una versione shareware gratuita come veicolo per far provare al più vasto pubblico possibile il gioco, hanno trasformato DOOM in un successo mondiale senza precedenti. Solo per dare un’idea, DOOM fu rilasciato il 10 dicembre 1993 per MS-DOS ed in pochi mesi raggiunse più di 10 milioni di videogiocatori.
Del resto, la storia era semplice: il giocatore impersona un Marine trasferito su Marte per indagare su un incidente avvenuto nel corso dello svolgimento di un esperimento militare, che ha aperto un portale da cui orde di mostri hanno cominciato ad uscire. Si tratta semplicemente di fermare l’invasione dei demoni e ritornare sulla Terra. DOOM è composto da tre episodi, ognuno suddiviso in 8 livelli più 1 segreto. I livelli diventano più complessi e con mostri sempre più cattivi, man mano che si prosegue, sino a raggiunge l’ultimo livello di ogni episodio che presenta lo scontro più difficile e cioè, la sfida con un Boss.
DOOM in pochissimo tempo aveva sviluppato intorno a sé una nuova cultura dei videogiochi- Il crash della rete dell’Università del Wisconsin che, all’inizio era sembrato solo un incidente, si è trasformato in una nuova moda, portando il gioco in tutte le reti aziendali nel mondo in maniera dirompente. Non c’era rete Ethernet IPX nel settore IT in cui i dipendenti non giocassero a DOOM. Molte società, cito solo INTEL come esempio, furono costrette a vietare ai propri dipendenti di installare e giocare a DOOM. Io stesso ricordo con piacere che, in Borland Italia, aspettavamo la fine della giornata per connetterci in rete e sfidarci con frenetici scontri Deathmatch. In poco tempo sono apparsi i primi LANParty, veri e propri eventi dove incontrarsi e condividere esperienze sociali, trasformando così DOOM da semplice gioco in una forma di culto per tutti i videogiocatori e fenomeno culturale di massa.
Non ricordo di aver mai giocato così tanto ad un videogioco come con DOOM. Era una vera e propria droga che occupava tutti i miei spazi liberi della giornata e tormentava le mie notti perché, tante erano le ore passate davanti allo schermo del PC a giocare che, quando chiudevo gli occhi, le immagini dei livelli di DOOM scorrevano nella mia mente impedendomi di prender sonno per almeno un paio d’ore.
Subito comparvero altri giochi sparatutto in prima persona, ma nessuno in grado di competere con DOOM e nemmeno con il suo seguito, DOOM II: Hell on Earth, che arrivò sul mercato nel 1994. Il gameplay e le componenti grafiche del secondo episodio erano nel segno della continuità rispetto al primo, senza miglioramenti sostanziali. Per quanto riguarda il gioco single-player, il progresso dell’hardware raggiunto, diede ad id Software la possibilità di disegnare livelli più grandi e con una maggiore complessità architetturale. Mentre, la funzionalità Multiplayer di Doom II, è stata notevolmente migliorata rispetto al primo episodio. Ovviamente, anche DOOM II, fu un successo incredibile.
L’inferno si scatenò 25 anni fa
Diego Maria Martini all’epoca dell’uscita di Doom
Fu così che tutto iniziò e, nonostante in questi 25 anni il genere degli sparatutto in prima persona si sia evoluto e abbia anche abbracciato altre strade, solo con DOOM e DOOM II è stato al suo più puro divertimento. Ecco allora perché, la notizia che Bethesda Softworksabbia deciso di pubblicare in formato digitale DOOM, DOOM II e DOOM 3 per PS4, Xbox One e Nintendo Switch, deve esser vista, dai vecchi e dai nuovi giocatori, come una grande opportunità di divertimento. Non solo perché, a prezzi contenuti, potremo provare, magari per la prima volta, queste pietre miliari dei videogiochi comprensivi di tutte le loro espansioni, ma anche perché potranno risultare per tutti noi, una nuova scoperta. Scoperta, nel senso più ampio del termine, visto che la saga di DOOM riserva sempre nuovi sorprese, se non segreti. A questo proposito voglio ricordare che, solo lo scorso 31 agosto 2018, ben 24 anni dopo il suo rilascio, è stato finalmente scoperto l’ultimo segreto di DOOM II, che nessun giocatore era mai riuscito a trovare. Solo ora quindi, saremo in grado di completare il gioco al 100%, senza ricorrere a Cheat Code.
Sono passati 25 anni dal primo DOOM, nessuno dei quattro soci fondatori è rimasto in id Software, la tecnologia ha fatto passi quantici rispetto agli anni 90 ed il mercato è cambiato in maniera inimmaginabile. Basti pensare che, a quei tempi, l’industria dei videogiochi non era considerata seria, mentre oggi, Streamer, YouTuber, Videogiocatori Professionisti e Personalità di Internet di vario genere, vengono pagati milioni di euro.
È stato bello conoscere i due John attraverso le loro creazioni, ed è rassicurante sapere che il loro talento è ancora in giro da qualche parte, pronto ad esplodere e regalarci nuove e geniali sorprese. Quanto a DOOM, i fan possono stare tranquilli, la sua storia non si concluderà presto.
Il Mortal Kombat 11 Interkontinental Kombat: Italian Qualifier, torneo italiano di qualificazione all’Interkontinental Kombat, è ormai alle porte.
L’Interkontinental Kombat, competizione che porta l’esport in Mortal Kombat 11, è un insieme di tornei open che offrono la possibilità a tutti i giocatori di partecipare a competizioni ufficiali, online e offline, giocando all’acclamato picchiaduro di NetherRealm Studios e Warner Bros Interactive Entertainment.
Grazie alla collaborazione tra Warner Bros. Entertainment Italia e Progaming Italia, a settembre si svolgerà il Mortal Kombat 11 Interkontinental Kombat: Italian Qualifier, torneo offline di qualificazione per il circuito internazionale dell’Interkontinental Kombat, che permetterà quindi al vincitore di partecipare alla Ultimate Fighting Arena di Parigi. Il torneo parigino, che si svolgerà dal 4 al 6 ottobre 2019, è tra i più importanti a livello europeo ed è ormai un appuntamento fisso per gli appassionati di fighting game, che possono godersi lo spettacolo competitivo dei principali picchiaduro del momento.
Il Mortal Kombat 11 Interkontinental Kombat: Italian Qualifier verrà giocato su PlayStation 4 ed inizierà con delle eliminatorie che si svolgeranno in 2 location differenti, il 1 settembrea Milano presso il Centro Commerciale Centro Sarca e il 7 settembrea Roma presso il Centro Commerciale Romaest.
Le iscrizioni alle due tappe possono essere effettuate su mk11italianqualifier.it, oppure direttamente in loco la mattina dell’evento. La struttura prevede un massimo di 150 partecipanti per ognuna delle due tappe, di cui 100 con iscrizione onlinee 50 in loco. L’età minima per registrarsi al torneo è di 17 anni compiuti.
Le due giornate saranno quindi divise in due momenti precisi:
9:30 – 12:00 – Gioco libero e iscrizioni in loco
13:30 – 20:30 – Torneo
Da ognuno dei due appuntamenti si otterranno 2 vincitori, per un totale quindi di 4 persone che si affronteranno nella finalissimail 14 settembre a Terni presso gli studi di Multiplayer.it, che farà inoltre uno streaming dedicato sul proprio canale Twitch.
Qui si decreterà quindi il vincitore finale della Mortal Kombat 11 Interkontinental Kombat: Italian Qualifier, che potrà poi partecipare all’UFA di Parigi in ottobre. *
Non resta che allenarsi ancora più duramente, e combattere fino all’ultima Fatality!
* Gli eventuali spostamenti, sia su Terni che su Parigi, saranno interamente coperti da Warner Bros. Entertainment Italia.