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The Devil in Me, la recensione su PS5

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La serie di The Dark Pictures Anthology si arricchisce con un nuovo capitolo, The Devil in Me, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Rispetto alle nove avventure promesse da SuperMassive Games siamo a quota 4, portando a termine la prima stagione e in attesa di una seconda che, al momento, non è ancora inserita in calendario. I questi 4 capitoli, il papà di Until Dawn – salvo una brevissima parentesi con The Quarry – ha sviluppato una storia episodica dove l’unico filo conduttore è stata la presenza del Curatore.

Ogni capitolo vive e muore, con un tema a farne da padrone e una storia che lambisce fatti reali ma liberamente interpretati. Man of Medan ci ha portato a bordo della SS Ourang Medan, Little Hope ci proietta ai tempi della caccia alle streghe, House of Ashes, infine, disvela nelle viscere della terra l’esistenza della mitologica Babilonia. Il pretesto “storico” è un modo intelligente per coinvolgere il giocatore in qualcosa che conosce e che appartiene alla realtà.

the devil in me trama

The Devil in Me, al pari dei precedenti 3 capitoli, ci vuole raccontare una storia, quella del primo serial Killer americano. 27 omicidi a lui imputati, anche se si ritengono molti di più, quasi tutti commessi all’interno del suo castello degli orrori, il World’s Fair Hotel. Il gioco inizia, come di consueto, con un prologo di matrice storica che ci ricongiunge ai giorni nostri. Solo un modo per introdurci nel contesto degli eventi di questo quarto capitolo della serie The Dark Pictures Anthology.

Concludiamo, quindi, questa Season 1 esplorando una nuova dimensione della paura. Come sempre, ogni nostra scelta porterà a delle conseguenze, che, sommate tra loro, condurrano ad uno dei diversi finali previsti. Senza perdere ulteriore tempo, vi lasciamo alla nostra recensione di The Devil in Me, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.

Prime impressioni: Un escape game mortale

È passato poco più di anno dall’ultima avventura di House of Ashes. Il terzo capitolo della saga The Dark Pictures Anthology, con un biglietto di sola andata verso le profondità della terra, aveva toccato il genere sci-fi/horror, aprendo la strada verso il cruento. La trama apparve “scontata” sin dalle prime battute, con quei mutaforma che all’inizio sembravano degli strani vampiri ma che poi si sono rivelati tutt’altro.

Ora il nemico è un “solo” uomo, o meglio il remake di un altro realmente esistito. Non andiamo oltre su quest’aspetto, onde evitare sgradevoli spoiler, ma l’idea di avere a che fare con un serial killer all’interno di un escape game è molto allettante. Il ricordo è andato al mitico SAW L’enigmista, anche se la componente psicologica non è così preponderante come la pellicola di James Wan.

Qui è tutto molto più semplice. Fai delle scelte e beccati le conseguenze. L’ansia da prestazione viene enfatizzata da alcuni graditi ritorni come il controllo del battito cardiaco e le sequenze in cui non si deve far rumore per attirare l’attenzione del carnefice. L’aggiunta di peso è data dai momenti stealth, dove ci si deve nascondere per evitare sguardi che possono decretare la nostra fine anzitempo.

the devil in me HH Holmes

La prima parte del gioco, quella in esterna, ha attirato tutta la nostra attenzione sotto il profilo artistico. La cura dei dettagli, e la fotografia degli scenari in genere, è tra le migliori dei 4 capitoli. Fuori concorso, se la gioca sicuramente con The Quarry. Quello che ci è piaciuto forse meno sono stati i movimenti dei protagonisti, troppo legnosi e talvolta poco verosimili. Ed è qui che si è compreso come questa Season 1 sia arrivata “stanca” al suo capitolo finale.

Contesto di gioco: Le forme della paura

The Devil in Me ci fa rivivere, in chiave assolutamente moderna, quelle che accadde all’interno del World’s Fair Hotel. Un tale di nome Granthem Du’Met, all’apparenza presentatosi come un misterioso benefattore, invita tutta la crew della Lonnit Entertainment nella sua residenza sita su un’isola vicino alle coste del lago Michigan. Il sig. Du’Met è un collezionista di artefatti e cimeli appartenenti al noto serial killer H.H. Holmes, e l’idea di poter girare un episodio della loro serie dedicata ai famosi omicidi alletta quasi tutto lo staff.

Forse più per denaro che per puro spirito di avventura, il gruppo capitanato dall’introverso Charlie Lonnit si imbarca verso quella che potrebbe essere la fine anticipata del loro programma televisivo. È chiaro sin da subito che qualcosa non torna. Il sig. Du’Met sembra nascondere qualcosa e il contesto dell’isola è tutto fuorché idilliaco. La più sveglia del gruppo, la reporter Kate Wilder, capisce subito che c’è molto di più di quello che sembra.

The devil in me dimensione artistica

La formula del survival horror, in questa occasione, viene somministrata in formato escape game. Sinora si era rimasti in un qualcosa che era legato alla parte esplorativa. Volendo trovare delle similitudini con qualcosa che conosciamo molto bene, il contesto è simile a quello di Resident Evil, meno la componente fantastica dei diabolici enigmi. Il tutto va pesato nell’economia della stagione 1, ricordando quanto visto nei primi 3 episodi.

Supermassive Games si è limitata a non stravolgere mai le dinamiche di gameplay ma solo ad effettuare dei piccoli fix tra un capitolo e l’altro. Di contro si è spesa oltremodo per realizzare sempre una storia convincente quanto credibile, con personaggi in grado di rendere al meglio. Tolto Man of Medan, Little Hope e House of Ashes, hanno evidenziato un breve declino della componente creativa. The Devil in Me interrompe questo trend negativo ma senza grossi scossoni. Non vi aspettate gli stessi scary moment vissuti all’interno della SS Ourang Medan.

Gameplay: Alcune novità sì, ma non troppe

The Devil in Me, al pari dei suoi predecessori, propone un gameplay basato sulle dinamiche del causa-effetto. Ad ogni nostra azione corrisponde una conseguenza, che può manifestare i suoi effetti nell’immediato ma anche nel lungo termine. Vi sono diversi fattori da tener presente prima di capire se una scelta fatta ci porta all’effetto desiderato, ma non esiste mai una “scelta giusta”. Si prende una decisione e si attende l’esito, bello o brutto che sia.

Non vale nemmeno il discorso legato al personaggio principale, visto che morto un papa se ne fa un altro. È quasi impossibile non simpatizzare per uno piuttosto che un altro, come anche individuarne qualcuno non necessario per lo svolgersi degli eventi. Resta il fatto che le relazioni e i connotati caratteriali giocano un ruolo fondamentale per l’interazione tra i vari protagonisti della storia. Non siamo ancora ai livelli di un’intelligenza artificiale in grado di interpretare i comportamenti, magari nella season 2 qualcosa cambia.

the devil in me grafica

I Quick Time Event tornano più in forma che mai. In alcuni momenti verrà richiesto uno sforzo ai nostri riflessi affinché si raggiunga un determinato obiettivo. Non è detto che però la nostra bravura venga premiata con un qualcosa di non doloroso. A volte, infatti, è meglio perdere che trovare. Lasciando da parte modi di dire e luoghi comuni, è interessante la presenza dei momenti stealth, un qualcosa di già visto in House of Ashes e a tratti in The Quarry.

Tra le assolute novità troviamo la possibilità di evitare gli sguardi indiscreti, nascondendosi o celando la propria presenza. Può sembrare, passateci il termine, una “fesseria” ma il tutto diventa coerente quando c’è la propria vita in gioco. Sicuramente, nelle sessioni in esterna assume una connotazione diversa rispetto ai momenti claustrofobici del tremendo escape game che ci attende dentro la residenza del sig. Du’Met.

Dimensione Artistica: Bene, ma non benissimo

Un crescendo sotto il profilo grafico, ma per il resto vi sono ancora alcuni grandi interrogativi che necessitano una risposta rapida. The Devil in Me ci porta a fare questa considerazione, al netto delle tre precedenti esperienze. La nuova generazione di console è servita, senza ombra di dubbio, ad enfatizzare le doti realizzative di Supermassive Games. I comparti grafico e sonoro dell’intera saga sono ineccepibili, e sappiamo tutti quanto queste componenti incidano in un survival degno di questo nome.

Se da una parte il “progresso” è servito ad allietare il palato del gamer esigente, da una altra vi sono degli aspetti che inspiegabilmente sono rimasti tali senza interventi correttivi. Le animazioni, in primis, appaiono piuttosto datate e talvolta anche poco verosimili. Stesso discorso vale per la mimica facciale e gli sguardi, che non sembrano minimamente far trasparire l’enfasi del momento. La sequenza iniziale, sotto questo aspetto, ci regala dei momenti piuttosto dubbi.

The devil in me finali gioco

Arrivati al termine della stagione, e senza essere intervenuti su questi aspetti (elementi già noti in Man of Medan), fa capire come la saga sia arrivata “stanca”, o quanto meno con la voglia guardare oltre. Lo abbiamo visto in Life is Strange: True Colors come questo dettaglio serva a concretizzare al meglio il fattore immersione e vivere ogni momento di gioco. Un survival non può non tener conto di questo aspetto e la Season 2 deve, senza ombra di dubbio, intervenire nel migliore dei modi.

Le sequenze in esterno regalano degli scenari che ci hanno fatto tornare in mente quanto visto in The Quarry, seppur il titolo non appartenesse alla saga di The Dark Pictures Anthology. Quell’isola con il faro è stato è un bel tributo alla terrificante esperienza vissuta nel campeggio estivo di Hackett’s Quarry. Una cura dei dettagli sopra le righe, d’altronde sotto questo aspetto, Supermassive Games non ci ha mai deluso.

The devil in me gameplay

In conclusione

Giunge il momento di tirare le somme rispetto alla nuova esperienza con il quarto capitolo della saga The Dark Pictures Anthology. The Devil in Me, come i suoi predecessori, si affida alla storia per raccontare una storia. Questa volta al primo serial killer americano, che ritorna ai giorni nostri con un efferatezza che lascia basiti. Quell’ondata cruenta che aveva toccato le coste di The House of Ashes, diventa una marea in questo nuovo episodio. Scelta che ci sembra giusta, anche rispetto alla tematica trattata. 

Ma non basta affidarsi, solo, al gore ed alla violenza per stimolare l’interesse del pubblico. Gli scary moment mancano già da qualche capitolo a questa parte, e la cosa non è un bene per un survival horror. Bene il gameplay che introduce alcune nuove dinamiche dall’aspetto molto interessante. Un po’ meno le animazioni dei personaggi, che richiedono un intervento di restyle non indifferente. Dimensione artistica, invece, sempre al top della forma. 

Crash Bandicoot 4: It’s About Time sbarca su console nex-gen

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Il marsupiale arancione più amato del mondo è sbarcato su PlayStation 5, Xbox Series X|S e Nintendo Switch grazie alla nuova versione next-gen di Crash Bandicoot 4: It’s About. E non è tutto: il 26 marzo arriverà infatti anche la versione PC su Battle.net!

In occasione del lancio di Crash Bandicoot 4: It’s About Time sulle nuove piattaforme, Activision Blizzard, Inc. (NASDAQ: ATVI) sta preparando un evento speciale per il 25° anniversario di Crash! Nella prima di molte celebrazioni per festeggiare questo speciale compleanno i giocatori potranno accedere gratuitamente alle skin Bare Bones per Crash e Coco, disponibili al completamento del secondo livello del gioco.

I giocatori di PlayStation 5 e Xbox Series X|S si troveranno di fronte a iN.credibili immagini in qualità 4K a 60FPS, per ammirare ogni dettaglio del mondo popolato da Crash  coi suoi amici e nemici. I possessori di console next-gen godranno di tempi di caricamento più rapidi, inoltre grazie all’audio 3D potranno immergersi completamente nel gioco, saltando direttamente nell’atmosfera frenetica dei livelli di gioco. Chi possiede, in particolare, una PlayStation 5 potrà divertirsi grazie ai controller DualSense ed i suoi sensibilissimi pulsanti trigger per un gameplay ancora più immersivo. Inoltre, la funzione Activity Card per PS5 permetterà ai giocatori di analizzare i propri progressi in ogni livello, fornendo una guida specifica per raggiungere obiettivi e molto altro. Xbox Series X|S utilizzerà invece la modalità Smart Delivery, la quale consente agli utenti di giocare la versione appropriata di Crash a seconda della console utilizzata. Il divertimento, inoltre, non si ferma qui! La festa arriva infatti anche su Switch, permettendo ai fan di giocare a Crash Bandicoot 4: It’s About Time ovunque essi vogliano.

realme sarà protagonista della Milan Games Week 2022

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realme, il brand di smartphone in più rapida crescita in Europa, sarà protagonista della Milan Games Week 2022 dal 25 al 27 Novembre 2022 a Rho Fiera Milano grazie alla collaborazione con il team di e-sport PSC. Durante l’intera durata della fiera sarà possibile provare, giocando anche online ad alcuni popolari mobile games, alcuni dei dispositivi di punta targati realme come realme GT 2 Pro, realme 9 Pro+, realme GT Neo 3 150W, realme 10 e molti altri all’interno dello stand PSC, Padiglione 20 – G28.

Inoltre, in occasione della partecipazione alla popolare fiera e grazie alla partnership con PSC, realme lancia la realme Cup, torneo che vedrà gli utenti sfidarsi al famoso gioco online Call of Duty in versione mobile, che inizierà ufficialmente in occasione della Milan Games Week e darà la possibilità ai vincitori di aggiudicarsi fantastici prodotti e gadget griffati realme.

La realme Cup

La piattaforma protagonista della realme Cup sarà COD Mobile in modalità Battle Royal Duo, uno dei giochi più popolari e avvincenti del momento. Le iscrizioni al torneo, completamente gratuito, saranno aperte a partire dal 25 novembre alle ore 20 sul sito www.pscesports.org/realmecup e sull’app ufficiale di PSC e si chiuderanno il 3 dicembre alle ore 20.

Il torneo prevede una prima fase di qualifiche aperta a tutti i player iscritti che si terranno dalle 21 alle 22:30 nei giorni 5 e 7 dicembre, mentre le tappe ufficiali della disfida saranno in data 12, 14, 19 e 21 dicembre, nella medesima fascia di orario. Tutte le sessioni saranno trasmesse in live streaming su Facebook al seguente link: https://www.facebook.com/gaming/GS991tv.

I vincitori del torneo e anche un fortunato spettatore, verranno premiati con numerosi prodotti realme come il nuovo smartphone lanciato dall’azienda, realme 10, e le nuove cuffie realme Buds Air 3, oltre a gadget personalizzati.

IIDEA annuncia gli appuntamenti alla Milan Games Week & Cartoomics 

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IIDEA, l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, annuncia oggi gli appuntamenti che la vedranno presente in prima persona alla prossima edizione di Milan Games Week & Cartoomics che quest’anno animeranno i padiglioni di Fiera Milano Rho dal 25 al 27 novembre.

Anche quest’anno IIDEA sarà presente all’evento per supportare gli studi di sviluppo indipendenti italiani, che potranno esporre i loro lavori all’interno di Indie Dungeon, lo spazio in cui i portabandiera del game development tricolore potranno far scoprire agli appassionati di videogiochi e addetti ai lavori il frutto delle loro fatiche creative. Nell’area all’interno del padiglione 20, in particolare, saranno presenti anche gli studi di sviluppo selezionati tramite il Bando Indie 2022BR Digital con IMAGO: Beyond the NightmaresOne O One Games con Fury Roads SurvivorMiddle Finger Entertainment con Eraze That!Open Lab con Roller DramaFantastico Studio con Circle Of FootballOrbital Games con Basket PartyOperaludica con Dragonero – L’ascesa di DraquirTrinity Team con Bud Spencer & Terence Hill – Slaps And Beans 2 e Tiny Bull Studios con Omen Exitio: 1927.

Visitando Indie Dungeon si potranno inoltre vedere dal vivo le ultime creazioni di numerosi altri studi: Crystalia Games con Music Store SimulatorRovida Games con VERSEZEROSeaRing Team con SeaRingThe Fox Software con Active Soccer 2023Glasshouse Studios con GlasshouseGiulychu Game Developer con Project: A.R.M.Commodore Industries con Steel Saviour Reloaded, Kid Onion Studio con  River Tails: Stronger Together, Panik Arcade con Yellow Taxi Goes Vroom, A Few Rounds Games con Umbral Core, Dark Tower Interactive con Ascent Project e Jollypunch Games con RoboDunk. Sarà possibile scoprire anche i 5 videogiochi finalisti del Red Bull Indie Forge, il progetto dedicato agli studi di sviluppo indipendenti italiani realizzato da Red Bull in collaborazione con IIDEA per sostenere concretamente l’ecosistema dello sviluppo di videogiochi in Italia e dare linfa vitale all’industry e visibilità ai talenti che operano nel nostro paese. Saranno presenti quindi Safe Place Game Studio con Venice 2089, CINIC Games con Extra Coin, Bad Seed con Crime ‘O Clock, Yonder con Caracoles e Green Flamingo con Spanky’s Battle Swing.

Indie Dungeon sarà anche uno show quotidiano sul Main Stage di Milan Games Week & Cartoomics: durante i giorni della manifestazione sarà infatti possibile assistere ai talk di alcuni dei principali studi di sviluppo italiani, che racconteranno la loro esperienza e incontreranno gli appassionati. Gli appuntamenti, che si terranno al padiglione 16, saranno con Ubisoft Milan che venerdì 25 alle ore 12.15 racconterà le storie dietro a Mario + Rabbids Sparks of Hope, con RaceWard Studio che venerdì 25 alle 13.45 parlerà di un titolo non ancora annunciato, con Reply Game Studios che sabato 26 alle ore 10.45 parlerà di Soulstice,  con Jyamma Games che sabato 26 alle ore 11.30 dirà la sua su Enotria The Last Song e con Stormind Games che domenica 27 alle ore 10.45 porterà l’esperienza nella realizzazione di Batora: Lost Haven. Inoltre, venerdì 25 alle 14.45 sullo Stage eBay nel padiglione 12 interverrà Operaludica per raccontare il videogioco Dragonero – L’ascesa di Draquir insieme ai creatori della serie a fumetti Dragonero, Stefano Vietti e Luca Enoch.

Call of Duty: Warzone 2.0 protagonista alla Milan Games Week  

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Fin dalla sua uscita Call of Duty: Warzone è diventato un’icona della cultura pop, appassionando milioni di giocatori – i fan della saga ma anche chi si avvicinava per la prima volta all’universo di Call of Duty. Poco più di due anni e mezzo dopo, è arrivato il secondo e attesissimo capitolo: il 16 novembre, infatti, Warzone 2.0 è approdato sugli schermi dei videogiocatori di tutto il mondo in una veste completamente rinnovata e sempre free-to-play.

Sfida eroica alla Milan Games Week

Per quello che si preannuncia come uno dei lanci più importanti dell’anno, Activision e Sony Interactive Entertainment Italia sono orgogliose di presentare: Heroes of Warzone 2.0 presented by PlayStation, un grande appuntamento dedicato alla community che si terrà venerdì 25 novembre sul main stage della Milan Games Week, all’insegna del PLAY HAS NO LIMITS.

Presentato da Fabio Rovazzi, lo spettacolo vedrà sulla scena i tre streamer Moonryde, Velox e HontasG, che saranno i capitani di altrettante squadre, ognuna formata da quattro player, che avranno così l’opportunità di essere allenati dai loro eroi e andranno a sfidarsi giocando nella nuovissima mappa Al Mazrah su PlayStation®5 (PS5™), con l’obiettivo di diventare i prossimi top streamer di Warzone 2.0. La squadra vincitrice sarà chiamata ad affrontare una battaglia finale insieme ai tre capitani e a Fabio Rovazzi.

Oltre che a Rho Fiera Milano, sede della Milan Games Week, sarà possibile seguire l’evento a partire dalle 14:30 del 25 novembre sui canali Twitch di PlayStation Italia, Moonryde, Velox  e HontasG. Anche la community avrà l’opportunità di partecipare a questo momento unico, entrando in prima persona nella storyline dell’evento. Tutto quello che bisognerà fare è inviare la propria miglior giocata in Warzone 2.0, effettuata su su piattaforma PlayStation, PS4 o PS5, con l’hashtag #HeroesofWarzone2.

Livestream per la formazione dei team il 21 novembre   

L’evento della Milan Games Week sarà anticipato da un momento fondamentale: quello della formazione delle squadre. Il 21 novembre dalle 21:30, infatti, sul canale ufficiale Twitch di PlayStation Italia, andrà in onda una livestream in cui Moonryde, Velox e Hontas, accompagnati da Rovazzi, sceglieranno i membri del proprio team tra gli streamer che sono stati invitati a candidarsi inviando le loro migliori giocate effettuate nel nuovissimo Warzone 2.0, rigorosamente su piattaforma PlayStation®. I capitani saranno chiamati a formare il proprio team rispettando una particolare condizione: la selezione dei giocatori sarà basata esclusivamente sul gameplay che verrà mostrato il 21, senza conoscere l’identità dell’autore di ogni singola giocata.

È quindi tutto pronto per rendere il lancio di Warzone 2.0 davvero memorabile. Appuntamento al 21 novembre per scoprire i membri dei team di Moonryde, Velox e Hontas, che si sfideranno poi nell’imperdibile evento del 25 novembre alla Milan Games Week.

Street Fighter 6 in anteprima in Italia Milan Games Week & Cartoomics

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Capcom e il partner distributivo PLAION, sono lieti di annunciare che i giocatori potranno provare per la prima volta in anteprima in Italia Street Fighter 6, su console PlayStation 5 (PS5), in occasione di Milan Games Week & Cartoomics dal 25 al 27 novembre. 

Presso l’area PlayStation, all’interno del Padiglione 16 dedicato all’intrattenimento videoludico nell’ambito della Gaming Zone powered by Gamestop, i partecipanti della manifestazione avranno l’opportunità di mettere le loro mani su Street Fighter™ 6, su PS5.  La demo supporterà il multiplayer locale e due giocatori potranno sfidarsi in real-time scegliendo tra otto personaggi tra cui Luke, Jamie, Ryu, Chun-Li, Ken, Guile, Kimberly e Juri.

Street Fighter 6 arriverà in tutto il mondo nel 2023 e rappresenta la prossima evoluzione della serie Street Fighter che ha venduto oltre 47 milioni di unità dal suo debutto 35 anni fa. Alimentato dal RE ENGINE proprietario di Capcom, Street Fighter 6 abbraccia tre modalità di gioco distinte, tra cui Fighting Ground, World Tour e Battle Hub. L’esperienza include anche nuove funzionalità di gioco innovative, oltre a una grafica migliorata per ogni aspetto del gioco. Con più modalità che mai per giocare, Street Fighter 6 ha qualcosa per tutti, nuovi e vecchi fan allo stesso modo, e sarà pronto per affrontare tutti i contendenti quando sarà disponibile su PlayStation 5 (PS5), PlayStation 4 (PS4), Xbox Series X|S e PC.

Sonic Frontiers, la recensione su PS5

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Il celebre riccio di casa SEGA sfreccia in un mondo aperto in Sonic Frontiers, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Il colosso giapponese tenta di dare una nuova luce alla sua famosa star, scegliendo un approccio più in linea con le tendenze attuali. Un action RPG di matrice open world, precisamente, con tanto di skill tree e stats potenziabili del personaggio. Insomma, una vera e propria novità per il franchise.

La prima impressione è quella di un ritorno al passato, quanto a modelli di fruizione del titolo. La scelta, infatti, è quella di costruire due momenti separati – quello open world e dei livelli – un po’ come succedeva in Sonic Adventure. Parliamo di un qualcosa visto oltre 20 anni fa, per cui la scelta è parsa un tantino superata. E si dimostra tale anche in fase di gameplay, con questa separazione che non fa molto bene al fattore immersione.

SONIC FRONTIERS sage

La storia non è delle migliori (anzi, è forse tra le peggiori sinora incontrate) e i personaggi si dimostrano inconsistenti e privi di una giusta collocazione. La scelta di costruire due realtà, quella dei 5 mondi e della controparte digitale, è un buon pretesto per far convivere le due anime del titolo. Sage sembra uscita direttamente da Naruto: Shippuden, e precisamnte come membro onorario dell’ehi fu Akatsuki. Un bel personaggio sì, ma non troppo originale.

La dimensione artistica non ci ha lasciato stupiti. Come open world si poteva decisamente fare molto meglio, anche se capiamo la voglia di non offuscare troppo la componente action del gioco. Sotto quest’ultimo aspetto si può stare tranquilli, Sonic torna in grandissima forma. Senza proseguire oltre, vi lasciamo alla nostra recensione di Sonic Frontiers, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.

Prime impressioni: due anime in gioco

Arriviamo al cospetto di Sonic Frontiers dopo le recenti esperienze di Sonic Colours e Sonic Forces, le ultime che vedono il famoso riccio impegnato in un contesto a 3 dimensioni. È importante fissare l’attenzione sulle ultime due uscite sul campo perché ritroviamo parecchi aspetti di queste passate esperienze, ma in un modo del tutto anomalo (e aggiungiamo anche privo di una giusta contestualizzazione).

Eravamo convinti di trovare un Sonic che scorrazzava in una nuova dimensione completamente open world, libero di fare quello che voleva, come voleva e quando voleva. E così è stato, sino al momento in cui ci siamo scontrati con quello che vi abbiamo raccontato pocanzi, che possiamo tranquillamente definire come “dimensione livellare”. Vi sono, infatti, dei momenti di gioco in cui il mondo aperto si chiude su se stesso in una sorta di dimensione digitale, a metà tra Sonic Colours e Sonic Forces.

SONIC FRONTIERS storia

Immaginate, quindi, di essere reduci da un combattimento frenetico con un’ondata di nemici agguerrita per poi ritrovarvi a collezionare monete e stelline, mentre correte e saltate su svariate piattaforme fisse e mobili. Ok, è il marchio di fabbrica del famoso riccio di casa SEGA, ma una netta separazione del genere non è “cosa buona” in chiave immersione. La separazione in “momenti di fruizione” è l’esatto opposto di quello che prevede il genere open world.

Il primo impatto è stato questo, ed è stato così sino alla fine del quinto mondo di gioco. Si, ok, gli ecosistemi cambiano così come i nemici di turno. Alla fine, però, tutto si riduce all’ossessivo compulsivo collezionare chiavi ed ingranaggi, per poter arrivare allo smeraldo del chaos. Unica nota di colore, la componente action – del solo lato open world – è ben realizzata, così come l’essenziale skill tree che potenzia il nostro Sonic.

Contesto di gioco: alla ricerca di Sonic

L’esperienza di Sonic Frontiers non può essere analizzata e, permetteteci di aggiungere anche “compresa”, se non si ricorda tutto quello che è stato. Il motivo è molto semplice: è la somma di tutte le esperienze passate, delle correzioni, degli umori della community e della voglia del famoso Team Sonic di dare un nuovo corso alla saga. Ritroviamo tutto questo nell’ultima uscita sul campo del famoso riccio blu di casa SEGA, anche se nella vita o si rischia tutto oppure ci si accontenta di un’ennesima occasione persa.

Correva l’anno 1998, quando approdava, sull’ehi fu Dreamcast, Sonic Adventure. La storia ci insegna molto in materia di videogiochi. Se si guarda, infatti, il gameplay di questo titolo ritroviamo moltissime dinamiche anche in Sonic Frontiers. Quella netta separazione tra Action Stages e Adventure Fields, una netta separazione tra dimensione livellare ed open world. La cosa simpatica è che poi nel 2001, con Sonic Adventure 2 si comprese che ci voleva un pizzico di sana novità per ravvivare la formula, inserendo nuovi personaggi giocabili e numerosi eventi in game extra-story.

SONIC FRONTIERS gameplay

Da lì in avanti siamo stati testimoni di una saga che faticava a ritrovare lo smalto di un tempo, quasi come se fosse uno specchio del declino del famoso colosso nipponico, che, dopo 18 anni di successi nel mondo delle console domestiche, lasciava ampio spazio alla concorrenza stoppando, sempre nel 2001, la produzione del Dreamcast. Coincidenze? Mah, ci crediamo veramente poco.

Negli anni che seguirono ci furono numerose sperimentazioni, ma nessuna aveva quella capacità di dire “Ohi, ma lo sai che sta cosa è proprio una novità?”. Sonic Frontiers ci prova, e vi dobbiamo dire che in parte ci riesce. La storia ospita i personaggi che abbiamo avuto modo di conoscere in questi ultimi 20 anni della serie, con numerosi contributi del mondo dell’animazione e del cinema. È, però, un’occasione persa di un team di sviluppo che è alla continua ricerca di una soluzione che è davanti ai loro occhi, ma che non vogliono cogliere per paura di “stravolgere” il credo di una saga. Conosciamo tutti il destino di chi non osa…

Gameplay: la parte action salva tutto

Piatto forte di Sonic Frontiers è senza alcun dubbio il gameplay. Il team Sonic ha puntato tutto questo aspetto, costruendo delle meccaniche di gioco basate su una progressione del personaggio non troppo complessa. Skill tree e stats del PG non viaggiano sullo stesso binario. Le cose da fare sono diverse, anche se entrambe obbligano il giocatore di turno ad esplorare la mappa in lungo e in largo.

Per invogliare nella scoperta le diverse zone della mappa appaiono come mascherate da un misterioso colore grigio. Solo dopo aver svolto alcuni incarichi minimali si ottiene come ricompensa il disvelamento di una porzione di mappa, con possibilità di individuare il POI con un segnalino. Un’operazione che dovrete ripetere in maniera sistematica onde evitare di girovagare senza meta sulla mappa.

SONIC FRONTIERS skill tree

L’obiettivo è quello di collezionare gli Emerald Chaos che ci permettono di affrontare il boss finale del mondo attraverso la trasformazione in Super Sonic (una versione Super Saiyan di Sonic, ndr). Per raggiungere questo traguardo servono essenzialmente due cose: chiavi ed ingranaggi. Gli ultimi vanno inseriti all’interno di altari che consentono il transito nella dimensione digitale, quella dedicata al classico stage in stile platform. Le nostre performance vengono valutate attraverso il rilascio di chiavi. Queste, a loro volta, trovano una giusta collocazione all’interno di un dispositivo che protegge l’Emerald Chaos. Ovviamente non finisce qui, ad attendervi ci sarà sempre un mini boss piuttosto arrabbiato.

La scelta di far crescere le potenzialità di Sonic all’interno di un sistema bifase – con skill tree e stats non direttamente connessi – invita spintaneamente il giocatore a fare quello che che si deve. Il problema è che questo loop delle meccaniche di gioco viene rifilato sempre e solo nello stesso modo, cambia solo lo scenario. Troppo poco per un titolo che si è presentato al pubblico come un action open world.

Dimensione Artistica: si poteva fare di meglio

Un aspetto che ha sempre influenzato marginalmente un titolo della serie Sonic è quello legato alla componente artistica. Sonic Frontiers sembra alzare il ditino per dirci che forse la musica è cambiata. Ad onor del vero, nel mezzo del cammin di avvicinamento all’uscita del titolo ci eravamo accorti che il celebre Team Sonic aveva riservato alla componente artistica un ruolo non marginale. Solo il fatto di avere a disposizione un’ambiente open world lascia intendere una caratterizzazione degli scenari diversa rispetta al passato.

Ed è cosi infatti, anche se non vi dovete aspettare lo stessa resa di Horizon Forbidden West, Ghost of Tsushima e God of War Ragnarok, giusto per citarne alcuni. Si difende bene, sicuramente, caratterizzando i 5 mondi a disposizione in maniera più che accettabile. Certo, la qualità generale delle texture e i dettagli di specie peccano di risoluzione e definizione. Tenendo fuori da questa considerazione i personaggi – sia essi principali che non – gli elementi di contesto non sono molto particolareggiati. Forse un’attenzione maggiore non sarebbe stata poi così malvagia.

SONIC FRONTIERS contesto gioco

Interessante il ciclo notte/giorno, in grado di caratterizzare i momenti più importanti del riccio contro le forze oscure guidate dall’imperturbabile Sage. Grindare alle prime luci dell’alba ha il suo perché, così come i temibili scontri per acciuffare il desiderato Emerald Chaos. L’inconsistenza narrativa della storia non ci ha permesso alcuna valutazione di natura immersiva: fattore catartico con la storia e i personaggi molto molto basso.

Sotto il profilo sonoro, il tutto è molto nella norma. Non vi è una colonna sonora – al netta della sola componente open world – che ci coinvolge nell’azione e nell’avventura. La musica, in tutti i sensi, cambia quando si transita nel mondo digitale. La sezione “a livelli” è aiutata da numerosi bpm di accompagnamento, che alimentano la nostra voglia di fare cose folli nei panni del celebre riccio supersonico. Alla fine, gira che ti rigira, certe cose non cambiano mai… oppure sono belle così, anche se non riescono a cambiare.

The Callisto Protocol: trailer di lancio del survival horror fantascientifico

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Striking Distance Studios ha annunciato oggi la pubblicazione del trailer di lancio di The Callisto Protocol, un nuovo gioco survival horror fantascientifico in uscita per PC e console il prossimo 2 Dicembre 2022. Il trailer mostra le emozionanti performance della star di “Transformers” Josh Duhamel nel ruolo di Jacob Lee, della star di “The Boys” Karen Fukuhara nel ruolo di Dani Nakamura e di Sam Witwer nel ruolo di Leon Ferris. Il trailer contiene anche la canzone “Lost Again”, un nuovo brano drammatico di Kings Elliot, scritto esclusivamente per The Callisto Protocol.

Ambientato sulla luna morta di Giove, Callisto, nell’anno 2302, The Callisto Protocol sfida i giocatori a sopravvivere agli orrori della Black Iron Prison e a scoprire gli oscuri segreti della United Jupiter Company dopo che una misteriosa epidemia getta Callisto nel caos. Oggi esce anche il quinto episodio di “The Callisto Protocol: Helix Station”, una serie audio in sei parti con protagonisti Gwendoline Christie e Michael Ironside. Il podcast è un prequel degli eventi e segue due tracciatori di posizioni che affrontano orrori inimmaginabili mentre sono impegnati in una lucrosa e pericolosa taglia sulla stazione Helix, abbandonata nel sistema gioviano.

I fan che si sono persi l’ultima puntata della docuserie “Engineering Horror” possono anche guardare tutti e quattro gli episodi della serie, che presenta le icone dell’horror in film, TV, giochi e fumetti.

God of War Ragnarök, la recensione su PS5

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La fine di tutto è giunta in God of War Ragnarök, il titolo di questa nostra recensione in esclusiva su console PS5. Si riparte da dove eravamo rimasti, con un Kratos che sente il peso delle sue responsabilità ed un Atreus che, invece, sfrutta ogni occasione per far irretire il severo padre. Severo sì, ma sempre presente e pronto a sacrificarsi per il “sangue del suo sangue”. A distanza di oltre 4 anni dallo storico reboot della saga, siamo dinnanzi a quello che è facile definire come un punto di arrivo.

Non è da considerare come un “oddio non ci saranno più altri capitoli di God of War”, ma si è raggiunto un culmine narrativo che è tra i più alti della serie. Uno status particolarmente importante che investe storia, personaggi e gameplay, con una scontata nuova candidatura ai The Game Awards 2022. Aggiungiamo, accanto al termine “scontata” anche “meritata”. Di fatto God of War Ragnarök è tra la più attese ed interessanti esperienze di questo 2022.

God of War Ragnarok storia

I nostri ricordi ci hanno portato a ragionare di confronti con quanto visto nel 2018. Santa Monica Studios ha edificato questo nuovo capitolo senza stravolgere quanto di buono aveva già fatto. La prima parte del gioco, infatti, è come se fosse un breve ma intenso riassunto delle puntate precedenti, con una versione next-gen di Kratos che lo vede più reattivo e dinamico. Ma è solo il preludio, un piccolo antipasto rispetto a quello che poi ci attende nel corso del gioco.

Ve lo diciamo sin da subito: ci vuole tanta pazienza e un briciolo di costanza. God of War Ragnarök non svela la sua vera natura subito. Prendetelo come un messaggio subliminale da parte degli sviluppatori americani, che vi invitano a non avere fretta e prendervi il vostro giusto tempo. Di cose da fare ce ne sono moltissime, con un’estensione della mappa di gioco che rassicura in tal senso. Vi lasciamo, quindi, alla nostra recensione di God of War Ragnarök, titolo, vi ricordiamo, giocato in esclusiva su console PS5.

Prime impressioni: subito già pronti sul “pezzo”

Era il 2018, l’ultima apparizione di Kratos e della new entry Atreus, figlio “di sangue” del guerriero spartano. Santa Monica Studios era riuscita laddove in molti pensavano avrebbe fallito, e il Game Director Cory Barlog si è ritagliato un posto nel grande libro della storia dei videogiochi. È utile ricordare questo momento in quanto God of War Ragnarök è una naturale e fisiologica prosecuzione di quell’avventura.

Andiamo, però, anche oltre questa affermazione, lanciando un monito a tutti coloro che non hanno avuto modo di concludere l’avventura di cinque anni fa: molte cose, purtroppo, non le comprenderete a dovere. Fortunatamente siamo riusciti a portare a termine – con molta fatica- quel capitolo del nuovo corso di Kratos, archiviando la pratica Baldur con molti sacrifici. Quanto appreso in quelle ore gioco lo abbiamo subito rimesso in pratica senza incorrere in esami di riparazione. La memoria muscolare del videogiocatore ci ha permesso di rimettere in moto quelle meccaniche e quelle dinamiche di gameplay che definire speciali e oltremodo riduttivo.

God of War Ragnarok prime impressioni

Il Fimbulwinter, l’antipasto servito prima dell’inizio della “Fine dei Giorni”, conosciuto come il famoso Ragnarök, soffia imperterrito sopra i nostri due eroi. La prima impressione è quella di un Kratos stanco ed un Atreus altezzoso è oltremodo sicuro di sé. L’ex generale spartano, riconosciuto da Thor stesso come Dio della Guerra, sembra quasi ricercare a tutti i costi la pace. Quasi come a voler mettere da parte, una volta per tutte, la sua vera natura.

Una costante, questa, che accompagnerà l’evolvere di tutto il contesto e degli eventi di gioco. Due cose spiccano su tutte: una reattività di controlli formidabile e una dimensione artistica che lascia a bocca aperta. Due aspetti che accenniamo solo in questa occasione ma che verranno approfonditi nel corso della nostra recensione di God of War Ragnarök. Dire che Santa Monica Studios ha appena sfornato il candidato perfetto per il GOTY 2022 è pressoché scontato, ma non possiamo andare oltre questa previsione. L’anno che sta per chiudersi ha visto tanti e troppi aspiranti al podio.

Contesto di gioco: punto e a capo

Si può giocare a God of War Ragnarök senza aver giocato a God of War (2018)? La risposta è un secco no. Non scendiamo nemmeno a compromessi e non è da noi farlo. Il rischio, però, è quello di perdersi una fetta troppo importante circa l’esperienza generale di gioco, oltre che funzionale ad una giusta digestione del sequel realizzato da Santa Monica Studios. Non si tratta, però, solo di un discorso legato alla storia e ai personaggi.

Per bypassare questo gli sviluppatori hanno introdotto una sorta di riassunto delle puntate precedenti, dove viene illustrato per sommi capi che cosa è successo nel corso del primo capitolo. Noi vi parliamo, invece, di tutto quello che riguarda il gameplay, la crescita del personaggio, il modo di combattere e di affrontare il mondo di gioco con la conseguente dimensione esplorativa. Non vogliamo fare sempre la figura dei romanticoni e dei nostalgici che ricordano i tempi che furono, ma è importante assimilare il perché di alcune scelte.

God of War Ragnarok gameplay

Al momento non ci è dato sapere se esisterà un terzo capitolo della parentesi Norrena. La famosa profezia, svelata nel corso del primo capitolo, parlava abbastanza chiaro. Addirittura, sembrava aprire la strada verso altre saghe, in altri firmamenti e mitologie. Interrogativi che permangono nel corso delle circa 20/30 ore di gioco preventivate ai fini dell’arrivo di una risposta. In questa parentesi temporale succedono “cose” che cambiano un po’ alcuni preconcetti legati al ex generale spartano.

La manifestazione del lato umano di Kratos, su tutti, è una stata una assoluta novità. Un aspetto che ha giocato un ruolo fondamentale per la costruzione di un seguito coerente e credibile rispetto quanto visto in occasione del reboot della saga di God of War. Una ripartenza che non è stata solo tecnologica ma anche ideologica dell’intero franchise. Un Kratos che (ri)scopre sé stesso attraverso la perdita della seconda moglie e la crescita del suo secondo figlio, ricordando ancora la tragica fine della sua famiglia ai tempi della guerra contro Zeus. Ed è normale incontrare un Kratos stanco, riluttante a combattere contro un Thor che che attendeva la manifestazione della vera essenza del Dio della Guerra. Kratos che si ritira dalla lotta, ci credete veramente?

Gameplay: prima ci illude e poi sorprende

Al pari di quanto visto nel 2018, God of War Ragnarök si presenta come un action RPG di matrice open world. La ricetta base non cambia di una virgola rispetto l’esperienza di cinque anni orsono, ripresentando lo stesso bilanciamento perfetto delle diverse componenti in gioco. Uno skill tree non troppo complesso, una parte action che segue la progressione del personaggio e la presenza di ondate di combattimenti randomici che culminano con la presenza di un mini-boss. Partiamo da quest’ultimo aspetto, per poi ritornare ai primi.

Prima di lanciarci in considerazioni del caso è opportuno fare presente che tutto quello che vi diremo è figlio dell’insano livello di difficoltà scelto. Giocando a God of War Ragnarök a difficoltà “Dio della Guerra” si ha la possibilità di apprezzare meglio il livello di intelligenza artificiale dei nemici in campo. Considerazione da valutare anche rispetto al grado di reattività dei controlli, che non lascia spazio a zone morte. Invero qualcosina la dobbiamo segnalare quando si è nella sfortunata situazione di sferrare un colpo mentre l’avversario prepara il suo. Ogni tanto succede, purtroppo, che ingiustamente si ha la peggio perché impossibilitati nel fare altro.

God of War Ragnarok stats crescita

Quando le situazioni diventano affollate e difficili da sostenere, l’insorgenza dell’ansia da prestazione è fisiologica. Nel corso delle nostre live siamo morti innumerevoli volte, anche solo per affrontare un gruppo “da quattro soldi” di briganti. Al netto della mediocrità dell’interprete di turno (che se non ricordiamo male coincide con lo scrivente), è possibile constatare come la IA sia nettamente migliorata rispetto quanto visto nel 2018.

Quanto a progressione del personaggio siamo rimasti contenti a metà. I nani sono sempre pronti a forgiare nuove armi e armature per potenziare le statistiche base del nostro personaggio. Il tutto, però, si ferma sempre e solo alle Lame del Chaos, al Leviatano e allo scudo. Qualcosa cambia dopo l’incontro di Tyr, quando di fatto si vede il “vero” God of War Ragnarök. Sotto questo aspetto, ahinoi, delle importanti novità non sarebbero poi state così malvagie. Interessante, infine, la presenza delle mod delle armi che non si fermano solamente alle consuete rune.

Dimensione artistica: il “solo” rammarico della photo mode

Sia in passato, che nel corso di questa “nuova giovinezza” della saga di God of War, lo storico ed inossidabile sviluppatore americano non si è mai risparmiato alla voce “Dimensione Artistica”. Certo, siamo su un nuovo livello, quello della costruzione di un mondo di gioco, fruibile secondo le logiche open world. Non più mappe chiuse e livelli visitabili in successione, ma veri e propri ecosistemi da esplorare.

La “furbata” di quelli di Santa Monica Studios è stata solo una: farsi un mazzo nel corso della prima avventura. Il mondo di gioco realizzato nel 2018 era immenso, dettagliato e variegato. La nuova versione di Midgard prevede un inverno perenne che affligge ogni angolo del regno. Gli altri, invece, non sono più acceddibili attraverso la vecchia stanza del Bifrost. Sindri e Brok costruiscono una versione “portatile” del tunnel, a discapito del saggio Mimir.

God of War Ragnarok contesto gioco

In tutto questo bianco e ghiaccio, il viaggio tra i regni e un vero godimento per i sensi. Le musiche realizzate dal talentuoso compositore Bear McCreary vanno oltre quanto ascoltato nel 2018. Un viaggio nel viaggio, in grado di incitare alla battaglia per lasciarsi andare ad intensi momenti di distensione. Il tutto con l’ausilio della piena compatibilità al formato 3D Audio, grandissima presenza di God of War Ragnarök.

Il grande rammarico, almeno per chi in questo momento vi sta scrivendo, è stato quello di non poter immortalare alcun momento di gioco mediante la modalità fotografica. Per questo motivo non ci sentiamo di esprimere un parere oggettivo circa la qualità delle texture e dei dettagli dei personaggi, in quanto apprezzabili solo nel corso delle cut-scene e quindi non del tutto veritiere. Una scelta, questa, che ci ha lasciato del tutto spiazzati, anche perché nel 2018 la photo-mode era già presente e funzionante al lancio.

God of War Ragnarok personaggi

In conclusione

God of War Ragnarök non ha solamente soddisfatto le nostre aspettative, le ha bensì superate. Quando eravamo quasi certi di quello che avevamo visto, ed eravamo anche pronti a stilare le prime valutazioni di merito, è arrivato uno scossone che ha fatto andare all’aria quelle poche certezze costruite. Si inizia come ci eravamo lasciati nel 2018, e si prosegue con un bel grazie ai tempi che furono. Personaggi divini, con un interpretazione assolutamente fuori dalle righe. Tutti mostrano il loro lato caratteriale nel migliore dei modi, anche se Kratos ruba la scena come non mai. 

La storia, anche aiutata dalla presenza di un roster di personaggi di assoluto rilievo, è ben concepita. L’eredità da raccogliere era quella di un signore chiamato Cory Barlog, che in questa avventura ha vestito i panni di producer. Fare bene come nel 2018 non era una cosa facile. Non solo ci sono riusciti, ma siamo molto vicini all’aver fatto anche meglio. I motivi sono molteplici, anche se il grosso è da ricercare nel potenziale messo a disposizione da PS5

L’ammiraglia SONY concede a Santa Monica Studio le chiavi dell’immersione sonora e visiva. Audio 3D e la possibilità di spingerci sino a 120fps: come diceva la nota pubblicità, What else? Il grande rammarico è l’assenza della photo mode. Un vero e proprio peccato. 

Monster Hunter Rise: Sunbreak, annunciato terzo capitolo!

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Durante l’evento digitale di Monster Hunter Rise: Sunbreak, la valorosa Dama Fiorayne ha annunciato che il terzo aggiornamento gratuito di Monster Hunter Rise: Sunbreak è previsto per il 24 novembre 2022, e che l’ultima espansione del gioco ha venduto più di quattro milioni di copie. Questo aggiornamento presenta tre nuovi nemici difficili da sconfiggere per i cacciatori; ancora più opzioni per personalizzare l’aspetto e le prestazioni di armi e armature, oltre ad alcune modifiche a Missioni Anomalia, Indagini Anomalia e al sistema Seguace.

L’evento digitale di novembre è disponibile sul canale YouTube ufficiale di Monster Hunter.

Attenzione Cacciatori! Gli esploratori del Regno hanno rilevato tre nuove minacce che si aggirano nelle aree circostanti l’Avamposto di Elgado: Gore Magala caotico, Teostra Risorto e Kushala Daora Risorto. I Gore Magala cambiano ripetutamente pelle fino a quando alla fine diventano Shagaru Magala, tuttavia a volte può verificarsi un difetto durante il processo di muta. Questa deformazione intrappola il Gore Magala a metà strada tra il suo stato adolescente e quello maturo, creando la variante Gore Magala Caotico. La loro doppia natura consente a queste creature incredibilmente potenti di utilizzare gli attacchi sia di Gore che di Shagaru Magala, ma la crescita limitata provoca loro anche un’intensa agonia. I cacciatori sopra al livello MR10 in grado di sedare il caos saranno ricompensati con materiali per nuove armi e armature dotate di abilità uniche.

Nonostante i massimi sforzi di Kamura e del Regno, l’attacco continua a reclamare nuove vittime. Gli avvistamenti di Teostra Risorto e Kushala Daora richiedono una risposta immediata da parte dei più abili cacciatori della coalizione. Sebbene entrambi i mostri siano già visti come forze della natura, il loro stato detto Risorto ha una capacità distruttiva ancora più potente. Fai attenzione alla loro rabbia, poiché non si sa quali attacchi devastanti potranno scatenare. I cacciatori devono prima raggiungere il livello MR120 prima di affrontare Kushala Daora Risorto e il MR140 per combattere contro Teostra Risorto, ma la ricompensa per averli sfidati è l’accesso a materiali in grado di creare armi e armature con nuove potenzialità.

I cacciatori che cercano nuovi modi per affinare le proprie abilità potranno affrontare le nuove missioni Anomaly A7★, con Espinas Ardente, Magmalo Astioso e Bazelgeuse Vulcanico. Inoltre, il sistema di Indagini Anomalia aumenterà il livello massimo a 200, con l’ulteriore possibilità di abbassare il livello delle singole missioni già ottenute dai cacciatori. I materiali delle Indagini Anomalia possono  essere usati anche per le nuove categorie di potenziamenti, armi e armature. È possibile scegliere tra “Difesa” o “Abilità” per i potenziamenti dell’armatura e ci sono ancora più opportunità per i cacciatori di costruire il loro set di armature ideale.

I cacciatori che si sono affezionati agli abitanti del villaggio e ai cavalieri di Monster Hunter Rise: Sunbreak ora possono portare con sé i propri seguaci in quasi tutte le Missioni e Indagini Anomalia. Assicurati di completare tutte le Missioni Seguaci disponibili in modo da poter trascorrere più tempo con i tuoi compagni preferiti, indipendentemente dalla sfida. L’aggiornamento 3 include anche una serie di nuovi DLC a pagamento, inclusi nuovi set di gesti, adesivi, musiche, voci dei giocatori e il set di armature a strati “Hinoa”. I fan della moda che amano le morbide creature tanto quanto Dama Fiorayne potranno anche acquistare singole armi o la collezione completa “Serie Mostri di peluche”, insieme a un elenco di altre opzioni di armi sbloccabili.Le nuove Missioni Evento continueranno a premiare i giocatori con attrezzature, adesivi, set di gesti  e altri oggetti divertenti, oltre alla possibilità di utilizzare la nuova voce del personaggio “Kagami”, rilasciata come DLC gratuito. Questo energico Dual Blade guida il Royal Secret Service nel Regno ed è un caro amico del Maestro Utsushi.

Non perdere i prossimi appuntamenti con questo titolo, nuovi mostri e molto altro sono proprio dietro l’angolo, con il quarto aggiornamento gratuito in arrivo nell’inverno 2023 e il quinto aggiornamento  gratuito previsto durante la primavera del 2023.