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Forspoken, la recensione su PS5

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Forspoken, la recensione su PS5

Un viaggio in un mondo a metà tra realtà ed immaginazione, quello vissuto in Forspoken il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Square Enix e Luminous Productions, a circa 6 mesi di distanza dall’uscita di Final Fantasy XVI, tentano un colpo a sorpresa che non sembra riuscito alla perfezione. Lo avevamo già visto nella demo che qualcosa in Forspoken non andava bene, riservando eventuali sentenze una volta visto il gioco completo.

Le nostre impressioni sono rimaste tali, per quella che sembra un ennesima occasione persa. Ci sono molte cose positive nel gioco che hanno sicuramente attratto il nostro interesse e che ci hanno spinto a proseguire oltre. Il personaggio di Frey Holland, giusto per citarne qualcuna, ci è piaciuto ed è ben contestualizzato. La sua storia non spicca per originalità, ma questo è un discorso che va calato nel contesto di gioco.

Graficamente, il Luminous Engine poteva e doveva fare faville, anche rispetto quanto visto nelle prove tecniche all’indomani dell’annuncio di Project Athia, che poi si è rivelato Forspoken. Non vogliamo essere troppo “crudi”, ma è evidente che il titolo ha subito un processo di downgrade pesante, probabilmente per assicurare un tenuta stabile nel corso dell’esperienza. Senza indugiare oltre vi lasciamo alla nostra recensione di Forspoken, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.

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COINVOLGIMENTO

Le premesse potevano anche essere buone, ma si sono arenate nel corso della prima ora di gioco. Ancora una volta stiamo qui a parlare di un ennesima occasione persa, nell’anno in cui dovrebbe uscire Final Fantasy XVI. 

Prime impressioni e interpretazione del genere

Forspoken si presenta come un action RPG con una fortissima componente open world. Viaggi rapidi, check point, combattimenti randomici, crescita del personaggio con punti di esperienza e molto altro. Non ci vuole un genio per capire che più si balla e più ci si diverte, ma il divertimento è proporzionale allo sviluppo del personaggio. Il vero problema vive proprio nel bilanciamento di queste componenti, che non vanno di pari passo con l’intelligenza artificiale dei nemici, non rinnovando il nostro interesse verso i canoni del genere.

Se fossimo limitati al solo giudizio interpretativo sul genere, gli elementi previsti ci sarebbero veramente tutti, ma vengono serviti in maniera confusionaria. I punti stile, ad esempio, non vengono esplicati circa la loro assegnazione e si finisce per incorrere nello smashing buttons quando si combatte. Stesso discorso con le sequenze evasive di parkour, belle sotto il profilo stilistico ma stroboscopiche quando si entra in combattimento. La nebbia si dirada verso la seconda metà inoltrata del gioco, ma l’interesse è già bello che andato.

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Fattore ripetitività e scalabilità livello di difficoltà

La vera bestia nera di Forspoken vive nella presenza costante della ripetitività. Purtroppo questo male affligge sin da subito il gioco, che stenta a decollare nei suoi momenti iniziali con troppe cutscene (caratterizzati da un ritmo lentissimo e dei fade-in/fade-out assai fastidiosi) e poche attività da fare fuori dalle fortezze.

Le secondarie, se così si possono definire, tendono quasi tutte ad assomigliarsi, con l’unica distinzione circa la qualità del looting. Questo ultimo aspetto ci ha spinto ad andare avanti e vedere in che modo evolveva la giovane Frey Holland. La crescita del PG, infatti, viaggia assieme alla nostra volontà di proseguire nel gioco, che non trova, però, dei validi stimoli per rinnovarsi con costanza. I combattimenti, all’inizio sono piuttosto interessanti, ma una volta compresi i pattern di attacco dell’AI (e non ci vuole tantissimo a disvelarli) diventa tutto estremamente semplice.

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CONTESTO DI GIOCO

Gli elementi per costruire una storia convincente ci sono tutti ma sembrano privi di un legame che li tolga dalla evidente banalità. Frey Holland ci ha convinto subito, tutti gli altri nemmeno lontanamente. 

Storia e protagonisti

La protagonista di Forspoken è Frey Holland (interpretata da Ella Balinska), che da vivere ai margini della metropoli di New York si ritrova ad essere sul palcoscenico di Athia. Un bel salto di qualità e non solo, il tutto anche grazie al suo bracciale Cuff, che funge da grillo parlante per la giovane protagonista. Non si conosce il reale motivo, ma una volta che Frey giunge ad Athia dentro di lei si risvegliano degli antichi poteri magici.

Gli abitanti di questo mondo sono soggiogati dall’oscuro potere della corruzione, che consuma tutto quello che incontra sulla sua strada. Gli ultimi baluardi a difesa del popolo, le Tantha, dotate di poteri sovrannaturali, sembrano anche loro aver voltato le spalle alla giustizia. Spetterà alla giovane Frey, nello scomodo ruolo di protagonista principale, a riportare la gioia e la pace in questa realtà, e magari lasciare qualcosa di buono anche per se.

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Credibilità rispetto al genere

La storia raccontata in Forspoken non spicca di certo per originalità. Un sci-fi che mescola la magia a questioni timidamente morali, con il solito “potere” che annebbia la vista e cambia le persone (e che possiamo anche intuire circa alcune possibili conversioni sulla via di Damasco). Le cut-scene non aiutano in tal senso, con un montaggio pigro e dannatamente compassato. La scelta di metterle, talvolta, troppo ravvicinate tra loro alimenta una voglia matta di “skippare” e perdere frangenti importanti di storia.

L’impressione è quella di un confezionamento raffazzonato della lore del gioco, con un potenziale mal sfruttato e un disinteresse declinato nella scarsa caratterizzazione dei personaggi. Troppo vuoti e privi di un giusto posizionamento rispetto alla storia. Salviamo le Tantha, anche perché vogliamo premiare il loro “reale” significato. Per il resto, però, resta il rammarico di un ennesima occasione persa.

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CONTROLLI/GAMEPLAY

Un action RPG che non disdegna affatto la componente esplorativa ed open world, ma che punta tutta sull’evoluzione del personaggio. Man mano che la giovane acquista potere si assistono a delle sequenze di combattimento interessanti. Il problema è solo uno: avere voglia di farlo.

Feeling, complessità e accessibilità dei controlli

A livello di gameplay, il paragone che meglio si sposa con quanto visto in Forspoken è quello di una “cipolla”. Le varie componenti si svelano a mano a mano. Prima gli incantesimi offensivi, poi quelli difensivi, poi il parkour magico, la vestizione e le unghie. Ogni cosa a suo tempo, e alcuni mini boss che sembrano quasi impossibili da mandare al tappeto diventano, poi, una normale amministrazione.

Ci vuole un po’ prima di andare d’amore e d’accordo con la ruota degli incantesimi. Il selettore delle varie magie entra in funzione regalando alla giovane Frey qualche momento di stasi da combattimento. Una volta compreso il come fare, poi tutto sta a quando mettere in atto il tutto e li subentrano i vostri riflessi. Il gameplay di Forspoken premia il timing, anche se è facile prestare il fianco in situazioni del genere.

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Struttura del gameplay e coerenza con il genere

Forspoken rientra a pieno titolo nel genere degli action RPG e come tale questo dualismo si espone verso alcuni problemi di bilanciamento insiti nella tipologia stessa di gioco. L’azione regna sovrana ad Athia e Frey Holland ne è la testimone più illustre. Il suo parkour magico, oltre ad essere gradevole a livello stilistico, le permette di compiere delle evoluzioni che sono tanto epiche quanto utili in diverse occasioni. Un modo carino per esplorare la mappa “con stile”.

Questo approccio tira un freno a mano quando si entra in modalità combattimento. Gli incantesimi, almeno per quello che riguarda la prima metà del gioco, seguono la logica degli attacchi a distanza, differenziandosi solamente sulla modalità di danno (singolo o ad area). Questo porta il giocatore di turno ad entrare in una schematicità dei pattern di attacco che poteva essere aggirata introducendo l’attacco “corpo a corpo” magico, prendendosi magari qualche rischio in più.

Lo skill tree viene alimentato con i punti esperienza ottenuti in combattimento, con un moltiplicatore che premia il nostro stile. Schivate perfette ed alternanza tra incantesimi diretti e di supporto aiutano in tal senso, oltre a lanciare qualche sassolino nello stagno dell’apatia da ripetitività. Una simpatica “deviazione” arriva dalle Deviazioni, attività extra collocate nei vari punti della mappa di Athia. Queste terminano con un boss di mini-livello piuttosto impegnativo, la cui sconfitta sarà remunerata con un succulento bottino.

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DIMENSIONE ARTISTICA

Scusate ma il Luminous Engine dove è finito? Le promesse si sono trasformate in qualcosa di non definibile, con delle situazioni grafiche ai limiti del paradossale. Texture poco curate e talvolta non sembra nemmeno pronto per questa generazione di console.

Ambientazione, stile e fattore immersione

Il mondo di Athia non spicca per originalità, anche se ne elogiamo la dimensione esplorativa. Chiariamoci, non siamo ai livelli di Horizon Forbidden West o di Elden Ring. L’estensione di mappa va in larghezza, a piccoli tratti in altezza e per nulla in profondità. Questo unica dimensione ci porta a curiosare ogni anfratto possibile, guidati dal GPS magico che scansiona l’area circostante in cerca di segreti da svelare.

I 4 regni potevano essere meglio caratterizzati, magari con degli ecosistemi climatici ed ambientali più presenti. Il tutto gira intorno alle roccaforti, ultimo baluardo della presenza umana e ancora di salvezza verso l’avanzata inesorabile della corruzione. Alcuni dei suoi abitanti ci racconteranno delle storie che poco rilevano rispetto alla lore, altri richiederanno il nostro aiuto per qualche secondaria. Se evitate il contatto con loro non vi perdete nulla, e via di “straight” con le principali. Un vero peccato.

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Livello di definizione grafica

Doveva essere il punto di forza del gioco, e lo è stato a livello “emozionale” sino allo schianto con la demo. Il Luminous Engine prometteva dei risultati pazzeschi circa la gestione della luce, ciclo giorno/notte, effetti dei fenomeni atmosferici più disparati ed mutamento della vegetazione. Quando ancora Forspoken era conosciuto con il nome in codice Project Athia, in molti rimasero sorpresi dal prodigio di questo engine. E venne la DEMO e poi il titolo definitivo, e quell’attesa si è trasformata in una mezza delusione.

“Mezza” perché se si gioca con il ray tracing sempre attivo si perde leggermente in qualità ma non in fluidità, con un compromesso che non ci è sembrato una cosa poi tanto male. La definizione grafica delle bestie è a dir poco raffazzonata in alcune occasioni. La photo mode del gioco non perdona, soprattutto quando si scagliano magie ed incantesimi. Viene fuori un gran pastrocchio, dove l’unica cosa che talvolta emerge è la bellezza della giovane Frey Holland.

Stesso discorso vale anche per le ambientazioni, con la definizione grafica delle texture che non convince affatto. In un contesto open world come quello di Forspoken, questi erano aspetti che andavano curati decisamente meglio.

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Colonna sonora ed effetti audio

Per quanto il titolo in generale non le renda giustizia, le colonne sonore di Forspoken sono gradevoli. Spicca su tutte la main theme composta da Bear McCreary e Garry Schyman, un bel mix tra pop, corale e qualche slancio verso l’hip-hop. Il suo incarico da motivatore lo porta a compimento senza grossi problemi.

Quanto ad effetti sonori e resa acustica in genere, avendolo giocato su PS5 non possiamo elevarlo sull’altare dell’Audio 3D. Abbiamo avuto modo di vedere, in passato, titoli che meglio hanno reso onore a questa tecnologia sonora.

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INTRATTENIMENTO

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Modalità di gioco e rigiocabilità

E una volta arrivati all’endgame? Beh, è una domanda che tutti si pongono quando si arriva ai titoli di coda, con un silenzio assordante degli sviluppatori circa i contenuti post lancio. Square Enix è già proiettata verso il lancio di Final Fantasy XVI ed è facile che il “mantenimento” di Forspoken termini qui. Ergo, vi tocca girare per la mappa di Athia per scoprire ancora qualche segreto rimasto ancora come tale e riaffrontare qualche boss già sconfitto. O se volete ricominciate il gioco ad una difficoltà più elevata, anche se dubitiamo molto in una vostra scelta in tal senso.

Feature multigiocatore e predisposizione allo streaming

Trattandosi di un’avventura open world con i tratti tipici di un action RPG, ricordando quanto visto in Ghost of Tsushima, l’ambientazione si presta per uno show. Il problema è che le troppe – e talvolta esagerate in numero – cutscene, rischiano per annebbiare l’interesse dello spettatore. L’assenza, inoltre, di feature multigiocatore non permette alcuna condivisione di esperienza, relegando Forspoken nel regno degli standalone game.

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