Life is Strange Episodio 5, la recensione: nella trappola finale

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Dopo un quarto episodio teso quanto una corda di violino, attraverso il quale venivano finalmente a galla alcune verità chiave dell’intera storia, Life is Strange Episodio 5 “Polarized” chiude il gioiellino di Dontnod in un modo forse inaspettato, cupo come tradizione ma incredibilmente surreale e folle. In fotografia un “filtro polarizzatore”, che probabilmente ha ispirato il titolo di questo capitolo finale, è una lente fondamentale che aiuta a ‘ordinare’ la luce, a gestire meglio i riflessi e a saturare i colori. È forse l’unico filtro che non si può riprodurre tramite software e la sua applicazione aiuta anche a rendere più limpido e naturale il blu del cielo, quando ovviamente è sgombro dalle nuvole.

Nel mondo di Maxine Caulfied, la nostra protagonista, il cielo azzurro manca dal primo episodio, dall’inizio del nostro viaggio; giocando a manipolare il tempo è infatti diventato sempre più scuro, ancora meglio oscuro, man mano che gli eventi accadevano sotto i nostri occhi. Con la scoperta della Dark Room, camera oscura solitamente utilizzata per lo sviluppo delle pellicole fotografiche e nel gioco metafora delle nostre perversioni, sopra le nostre teste vi era solo il nero e un mostruoso tornado pronto a fagocitare e distruggere ogni cosa lungo il suo cammino. Tutte le indagini erano terminate, gli elementi del puzzle avevano trovato il loro posto, bisognava solo ritrovare il sentiero per la salvezza e sfruttare il viaggio nel tempo per cancellare il marcio ed evitare il peggio.

12031401_10207828798188556_5810937658987449052_oNonostante si confermi l’episodio meno interattivo, Polarized è allo stesso tempo il più lisergico, il più visionario; una trappola a tutti gli effetti della nostra mente, un labirinto all’interno del quale paure e rimorsi ci perseguitano e ci incastrano. Ricordate i livelli folli e assurdi in Batman: Arkham Asylum, creati dal gas stupefacente dello Spaventapasseri? Più o meno ci avviciniamo a quella formula narrativa, con pro e contro annessi. Se da una parte l’idea di un loop temporale è affascinante, tanto quanto vivere il tempo al contrario e fuggire dalle torce dei nostri fantasmi, dall’altro troviamo un lungo corridoio da percorrere senza scossoni, senza particolari brividi, una passeggiata all’interno di un museo delle cere.

12032773_10207828800068603_1032267389343905859_oIl tempo delle scelte è ormai passato, è vero, anzi è ora di pagare ogni strada percorsa, ma riservare al season finale una sola, unica scelta è forse un po’ poco rispetto alle aspettative. Tutto si risolve in maniera frettolosa, con troppi livelli temporali chiamati in causa che rischiano di confondere e scene ridondanti, all’interno delle quali dovremo rimandare indietro il tempo di gioco più e più volte. Un epilogo dunque che per molti versi non regge il livello della sceneggiatura precedente, che sorprende dal punto di vista della costruzione e dell’inventiva, con alcune chicche da premio, ma che non esalta e non colpisce sul fronte emotivo.

Fronte sempre e comunque soggettivo, ma che obiettivamente potrebbe lasciare l’amaro in bocca a molti. Life is Strange, ora finalmente completo, vale comunque un giro di giostra, se non più d’uno. L’idea di poter ricominciare e poter cambiare le scelte, per vivere una storia completamente differente, lo rende anche rigiocabile e molto longevo, soprattutto se si vogliono collezionare tutte le foto e quindi i trofei/obiettivi. Max sarà, alla fine, al pari di una nostra cara amica, che farà piacere rivedere di tanto in tanto per sentire cosa avrà di nuovo da raccontare; fate solo attenzione alle sue visioni apocalittiche.

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