 
                                                    Prima di parlare di Assassin’s Creed: Syndicate, ripercorriamo la recente storia. Con Assassin’s Creed Unity, uscito nel novembre 2014, Ubisoft Montreal ha fallito una grande e complicata missione: far compiere alla saga pluriennale di Assassin’s Creed il salto next-gen che appassionati e critici aspettavano. Si trattava del primo titolo a sbarcare su console di nuova generazione PlayStation 4 e Xbox One, con hardware aggiornato e potenziato, ma nonostante questo il suo comparto tecnico non è mai riuscito a sorprendere positivamente, anzi. La versione Day One, come ben ricorderete, era afflitta da bug e glitch in ogni dove, controlli difficili e un gameplay stantio; in una parola, ingiocabile. Solo con il passare dei mesi, e varie patch risolutive, il tutto ha iniziato a prendere una piega di sufficienza, lasciando comunque traumi importanti nei fan della serie.
Come se tutto questo non bastasse, il colosso Ubisoft aveva ben pensato di appesantire il tutto con una companion app frustrante e superflua, necessaria a sbloccare contenuti in-game che il più delle volte restavano inutilizzati, un multiplayer forzato e vagonate di micro-transazioni, facoltative ma sempre pronte a sbloccare meccaniche di gioco altrimenti irraggiungibili. Insomma tutta l’attenzione dello studio sembrava essere rivolte su ogni fronte tranne quello dell’utente e della sua esperienza, una scelta pagata a caro prezzo all’epoca (durante la quale le shit-storm erano praticamente incalcolabili) e che paga ancora oggi, perché la fiducia di un cliente deluso è dura da riconquistare.
Esattamente un anno dopo, l’accoglienza di un nuovo capitolo è stata infatti piuttosto fredda, distaccata, dominata dal “vorrei ma non voglio fidarmi di te” come cantava Samuele Bersani; lo studio di riferimento però questa volta è cambiato, le micro-transazioni sono state ridotte all’osso, il multiplayer cancellato del tutto e ciò che conta sembra essere soltanto l’esperienza narrativa intorno all’utente. Sono stati nove gli studi Ubisoft coinvolti in tutto il mondo, sotto la direzione della sezione del Quebec che ha preso le redini per la prima volta, e due gli anni di lavoro, focalizzati sul rinnovare una serie con troppi acciacchi di anzianità, così si è presentato al mondo Assassin’s Creed: Syndicate.
Nuovo Assassin’s Creed significa innanzitutto nuova epoca e atmosfere, ci troviamo per la prima volta nella Londra vittoriana e industrializzata, a pochi chilometri e anni dalla Parigi rivoluzionaria di Unity. La capitale inglese è il cuore e l’incarto di tutto, al suo interno si svolgono missioni principali e secondarie, eventi ricorrenti e unici, gare, sfide, e si celano tutti i collezionabili disponibili, è infatti il primo gigantesco personaggio a risaltare in tutta la produzione.
Il lavoro svolto dal colosso francese in Assassin’s Creed: Syndicate è a dir poco incredibile su questo fronte, ci troviamo ai piedi di una città viva e pulsante, ricca di dettagli con una cura maniacale verso tutti quegli elementi di contorno utili a creare un’esperienza realistica attorno a noi. Passeggiare per le larghe strade della City significa fare un autentico salto temporale, riascoltare il suono degli zoccoli e delle carrozze, rivedere i vecchi attacchini, gli strilloni, i piccoli ladri aggirarsi per i vicoli dei quartieri meno agiati, opposti alle signore incipriate delle zone altolocate, imbacuccate nei loro vestiti pomposi e affascinate dall’eleganza dei loro accompagnatori. Nel cielo, sopra i nostri occhi, i fumi neri del progresso industriale appena esploso, misto agli edifici storici – come il Big Ben – che dominano le altezze.
L’AnvilNext di Assassin’s Creed: Syndicate

Dai punti più alti della città è incredibile vedere quante carrozze si muovano in strada, quante chiatte mercantili si spostino sul Tamigi, e nulla cambia quando si torna a terra; si fa fatica a contare le donne, gli uomini, i bambini, i poliziotti e i cavalli attorno a noi, gli isolati poi non sono blocchi preconfezionati, come nel III e in Unity si trovano ancora edifici aperti e arredati da attraversare, vicoli e stradine secondarie. Ci troviamo di fronte non solo all’Assassin’s Creed più bello e concreto mai visto, ma anche a uno dei migliori open world disponibili sul mercato, se non IL più bello. Un’affermazione importante, ne siamo consapevoli, ma di cui siamo abbastanza convinti anche a fronte dell’ottimo lavoro di ottimizzazione svolto dalla stessa Ubisoft, che non ha rinunciato neppure a un ciclo giorno/notte efficace, agli eventi atmosferici, ai riflessi, alle pozzanghere e alla luce dinamica.
I 60fps restano una chimera

Bisogna ricordare che le donne, gli uomini e i bambini che abbiamo nominato poco sopra godono tutti di movimenti ben precisi, azioni uniche legate ai loro mestieri e non solo, un lavoro di programmazione certosino che poche volte abbiamo visto sinora in un’opera videoludica. Un lavoro legato a doppio filo con una qualità del motion capture di livello altissimo, di grandissima varietà, più che in passato. Guardare i nostri personaggi, come tutti gli NPC, muoversi è un vero spettacolo per gli occhi, non a caso Ubisoft è maestra del settore da diversi anni. L’unico neo di Assassin’s Creed: Syndicate è forse legato ai membri dei Rooks e dei Blighters, vale a dire i nostri alleati e i nostri acerrimi nemici nella mappa di gioco: i loro modelli e le loro movenze sono piuttosto limitati, probabilmente si poteva fare di più, ma vista l’imponenza dell’intera opera possiamo forse chiudere un occhio senza molta fatica.
Il gameplay di Assassin’s Creed: Syndicate
I Rooks e i Blighters, le fazioni antagoniste del gioco, ci portano a parlare dell’aspetto forse più importante di Assassin’s Creed: Syndicate, il gameplay. Come ricordavamo sopra, gli sviluppatori hanno passato gli ultimi due anni provando a svecchiare una serie ormai a cadenza annuale, e fortunatamente ci tocca sottolineare alcune novità assolute di grande impatto. Le fazioni hanno introdotto interessanti meccaniche di lealtà, mentre nelle zone di gioco adesso ci si muove liberamente in carrozza. Veicoli trainati da un solo cavallo o da due, mezzi commerciali o della polizia, capaci di ospitare un passeggero oppure quattro, la varietà proposta è davvero eccellente e tutto si può guidare senza filtri. Per enfatizzare la cosa Ubisoft ha anche pensato di inserire gare a tempo all’interno della mappa, missioni secondarie e obiettivi/trofei da sbloccare grazie ai veicoli dell’epoca.

Si tratta di un oggetto molto utile e ben bilanciato, disponibile solo in momenti e condizioni particolari, dunque non pensate di usarlo senza freni come Batman nei suoi capitoli di Arkham; al contrario vi sarà molto utile in situazioni stealth teso fra un cornicione e un altro, anche questa meccanica del tutto inedita e funzionale, o semplicemente per raggiungere un caseggiato dall’altro lato della strada. Ad arricchire ulteriormente la carrellata di innovazioni, l’idea di rendere disponibili ben due protagonisti anziché uno soltanto. Già lo scorso anno Unity era stato bersagliato, fra le altre cose, per l’assenza di un personaggio femminile, Ubisoft ha subito colto la palla al balzo e ha inserito in Syndicate due fratelli: Jacob e Evie Frye.

Ovviamente ogni attività denota fortemente il periodo in cui ci troviamo, così la sceneggiatura principale non perde l’occasione di farci incontrare personalità famose e di spicco dell’epoca, coinvolgendole in indagini e missioni. Potremo conoscere la Regina Vittoria, Charles Darwin, Charles Dickens – che alla stessa Londra di Syndicate ha consacrato tutta la sua letteratura – Alexander Graham Bell, Florence Nightingale e Karl Marx ripercorrendo fatti realmente accaduti e costatando ancora una volta le sfumature educative degli Assassin’s Creed.
All’inizio del titolo, i protagonisti Jacob e Evie sono già degli assassini affermati, poiché hanno ereditato dal padre scomparso tutti i segreti legati alla confraternita. Cresciuti da soli nella classe operaia, condividono adesso l’eliminazione dell’oppressione templare e dunque il medesimo destino. Il file rouge della narrazione, del quale non parleremo per evitare qualsivoglia spoiler, appare come uno dei più dinamici degli ultimi anni (ma del resto dopo il III e Unity non era molto difficile), avvincente e appassionante.

Un po’ di delusione arriva invece dal fronte furtivo, essendo l’approccio più utilizzato del titolo ci aspettavamo forse più strumenti a disposizione: se si esclude il fischio, il rampino, i soliti dardi e coltelli, non resta molto altro, ma del resto non parliamo di Metal Gear Solid. La ricerca del frutto dell’Eden porterà i vostri interessi ben oltre i piccoli difetti fisiologici di un lavoro così enorme, siamo di nuovo all’inseguimento di qualcosa più grande di noi stessi, abbiamo nuovamente una chimera da scoprire attraversando le epoche e le prepotenze templari, anche seguendo i legami con i Kenway, la famiglia inglese del protagonista di Assassin’s Creed III e Black Flag.
In definitiva, senza paura di iperbole, ci troviamo finalmente di fronte al vero Assassin’s Creed next-gen, il primo a insidiare con orgoglio i fasti dei primi capitoli della serie. Un motore grafico solido e ottimizzato all’estremo ci porta in una Londra impeccabile, spettacolare, più accattivante della Parigi rivoluzionaria nonostante le ombre scure dell’industrializzazione. Parliamo di una città resa viva da un reparto motion capture da premio, che anima personaggi principali e secondari in real-time senza sbavature e bug colossali (non pensavamo potessimo scriverlo ancora per un titolo della serie). Elementi di un’opera d’arte in movimento pronta ad appassionarci anche dal punto di vista storico e narrativo, grazie ad atmosfere cupe, indagini segrete, momenti cinematografici all’estremo e una longevità di base davvero notevole. Siamo tornati alla sostanza, a mettere il giocatore al centro di tutto, bentornata Ubisoft.



