The Witcher 3: Wild Hunt, la recensione, a cavallo del vento [UPDATE 1.04]

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The Witcher 3: Wild Hunt, la recensione

Dopo quattro anni dall’uscita di The Witcher 2: Assassins of Kings, e ben otto dal primo sperimentale The Witcher uscito solo su PC, lo studio polacco CD Projekt RED continua la saga videoludica ispirata ai racconti di Andrzej Sapkowski con The Witcher 3: Wild Hunt. Quello che probabilmente sembra un piccolo passo nell’intera storia dei videogiochi, è per il team di sviluppo un passo gigantesco poiché per la prima volta il gioco arriva su PC, su Xbox e – in forma del tutto inedita – su PlayStation. Ma non parliamo solo di un’uscita multipiattaforma, anche next-gen, dettaglio che rende ancora più intrigante l’intera produzione. Nonostante sia politica comune dei grandi studi uniformare le differenti versioni, per soddisfare al meglio tutta l’utenza, questa volta ci troviamo di fronte a tre final cut decisamente differenti, sulla carta e non solo. Sul fronte PC troviamo la versione più potente e funzionale, capace di raggiungere la risoluzione di 4K e un framerate di 60fps, sulla console di Sony si toccano invece i 1080p con 30fps, su quella Microsoft i 900p con 30fps. In questa recensione andiamo ad analizzare la versione “intermedia” per PlayStation 4, provando a capire i punti di forza del gioco generale e i dettagli che potrebbero determinare la scelta di una versione anziché di un’altra.

Continuare la nostra strada

Rispetto al passato ci vediamo catapultati in un mondo di gioco immenso, incredibilmente vasto e ricco di dettagli; un mondo in cui la natura selvaggia e variegata regna incontrastata, nonostante la mano dell’uomo abbia provato a solcare strade, a costruire edifici e città più o meno vaste. Come tradizione vestiamo i panni di Geralt di Rivia, intenti a continuare la storia iniziata nei precedenti capitoli. Il nostro caro Witcher si è preso del tempo per vivere la sua vita lontano da molti affetti, ma ora che tutto è più buio e un esercito chiamato Wild Hunt ha invaso i regni del Nord – mettendo a repentaglio la sicurezza di molti uomini – deve intervenire per porre fine a questo violento cataclisma dei tempi. Visivamente i progressi compiuti da CD Projekt RED sono davvero impressionanti, il mondo di gioco non è soltanto enorme, vive di vita propria, respira. Subisce – al pari delle anime che accoglie – gli eventi climatici e atmosferici, si sposta al ritmo del vento e si piega alla pesantezza della pioggia. Tutto attraverso un ritmo del giorno e della notte che rappresenta probabilmente il vero e assoluto capolavoro del titolo, supportato da una gestione della luce in real time di impatto notevole.

Cavalcando il giorno e la notte

Assistere infatti al trascorrere del tempo è un puro piacere, visivo e spirituale. Al calare della notte si ha l’istinto di trovare un riparo e riposare (meditare), convinti di aver trascorso un’intera giornata a cavalcare in lungo e in largo; al mattino si ha la voglia di intraprendere nuove missioni, esplorare luoghi sconosciuti, comprare e vendere oggetti. Al mattino non a caso, poiché durante la notte la popolazione – e dunque anche i fabbri, i commercianti in genere – dorme di gusto. Ogni sentiero si fa silenzioso e si trova movimento solo presso le locande e i bordelli di città, ognuno prende il proprio posto solo a una certa ora del giorno. Come accennavamo prima, siamo accompagnati costantemente da un meteo vario e piuttosto instabile, cangiante, che spazia dal cielo limpido e puro al temporale più terrificante, con tanto di fulmini pronti a squarciare l’orizzonte. Graficamente anche i volti e i personaggi principali, protagonisti delle cutscenes, rappresentano un elemento qualitativo di altissimo rango. Sulla pelle del viso ad esempio è possibile osservare textures estremamente realistiche (meno sul resto dei corpi, quando sono nudi), inoltre la costruzione dei movimenti tramite Motion Capture è di assoluta qualità.

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Non tutto è oro

Ovviamente non è però tutto oro, come ogni titolo open world che si rispetti anche The Witcher 3: Wild Hunt soffre di un problema abbastanza comune: la mole di dati su schermo. Lo studio polacco non ha davvero badato all’avarizia in termini di dettagli generali, causando non poche ripercussioni. Partendo dalla meno grave, molte strade di città risultano spesso scarne, vuote; subito dopo troviamo gli edifici, spesso eccessivamente poligonali, e gli oggetti solidi al loro interno con cui non è possibile interagire. In questi ultimi frangenti le textures si fanno quasi assenti e molte proporzioni saltano: non è difficile notare come spesso tavoli, stoviglie e pezzi di frutta risultino troppo grandi rispetto al contesto. Gli stessi topi, abbastanza numerosi in molti ambienti, risultano enormi e poco curati, affidati a movimenti del tutto abbozzati e innaturali. All’esterno, laddove la natura esplode nella sua magnificenza, si può notare come il RED Engine, per sopravvivere e cavarsela al meglio, tenda a pasticciare manto erboso e foglie, facendo assomigliare molti landscape a dipinti impressionisti. Tutt’altra storia quando si entra ad esplorare foreste di rovi, i rami degli alberi sono davvero ben ricreati così come le pozze di fango, gli stagni e i campi di battaglia. Stramba invece la gestione dei colori, eccessivamente saturati e poco realistici quando si tratta di illuminare ambienti con torce e fuoco.

Dettagli meramente tecnici che non minano certo alla fruizione del titolo, a differenza della ripercussione invece più grave che si ha sul framerate. Come abbiamo ricordato sopra, la versione Ps4 presa in esame vanta di avere un framerate fisso a 30fps, peccato che questa affermazione non sia del tutto vera. Per valutare al meglio questo aspetto abbiamo atteso e messo sotto stress l’ultima patch disponibile per il sistema Sony, la famigerata 1.04 (1.05 su PC), che va a correggere anche moltissimi bug comuni più ilari che fondamentali (che comunque hanno scatenato l’ennesimo Bug Gate in stile Assassin’s Creed Unity). Nonostante l’aggiornamento, la stabilità dei fotogrammi resta la vera palla al piede di The Witcher 3: Wild Hunt. Basta un qualsiasi elemento naturale come il fuoco, la pioggia, la nebbia o più di quattro/cinque personaggi su schermo per far crollare a picco il rendimento. Un aspetto molto frustrante e noioso che si ripercuote in maniera diretta sui feels di gioco, rendendoci spesso nervosi e insoddisfatti. Persino muoversi all’interno della mappa nel menu può risultare un’azione scattosa e incredibilmente fastidiosa.

Via della Gloria

Volendo essere pignoli, possiamo aggiungere a tutto questo anche una gestione dei controlli non del tutto precisa e un sistema di combattimento poco incisivo, ma sono due aspetti relativi e soggettivi. Per quanto riguarda il primo, bisogna ovviamente prendere familiarità con il joypad e il mondo di gioco, ma dimenticatevi la reattività oggettiva di altri titoli come Bloodborne, solo per fare un esempio molto recente. Lontani dalla naturalezza del lavoro svolto da From Software, la sensazione che si ha guidando Geralt di Rivia è di incredibile pesantezza, ogni comando arriva con un percettibile ritardo e alla lunga è un sistema che pesa come un macigno. A cavallo poi è facile rimanere impigliati in oggetti invisibili o prendere direzioni non volute. Per quanto riguarda il secondo, ci siamo trovati di fronte ad un combat system per nulla solido, macchinoso, addirittura lento, con animazioni finali forzate e poco credibili. In modalità combattimento Geralt diventa un’autentica lumaca, ogni movimento si fa forzato, a differenza invece di nemici talvolta molto agili e aggressivi. Ma ripetiamo: questi ultimi due elementi possono essere estremamente soggettivi, questa è semplicemente l’opinione di chi scrive.

Abbiamo sinora affrontato un po’ di elementi che non ci hanno convinto del tutto, ma The Witcher 3: Wild Hunt sa anche come bilanciare le cose, e sa farlo molto bene. Analizzando la sceneggiatura ci troviamo di fronte ad una vera e propria esperienza cinematica, sterminata e coinvolgente. Le 450.000 parole utilizzate per la redazione dello script si nascondono tutte fra le pieghe delle numerosissime quest e cutscenes che allietano la vostra voglia di scoperta, di farvi raccontare una storia dai mille volti e farne parte in modo interattivo. Per gli amanti della saga e del genere RPG in generale è un trionfo totale, oltre che un investimento a lunghissimo termine. Bisogna indagare, essere attenti e cauti, fare domande e ascoltare ogni singola risposta, leggere le note trovate, tentare strade insolite ed essere curiosi in ogni istante, consapevoli del fatto che le nostre scelte condizionano in modo irreversibile il contesto che ci circonda.

Velen

Regia, colonna sonora e sceneggiatura

La regia dietro i meri poligoni è impressionante, così come la colonna sonora e il lavoro di doppiaggio di tutti i personaggi parlanti che incontriamo lungo il cammino. A tal proposito attenzione perché, probabilmente proprio a causa della mole del copione, non esiste il parlato in italiano. Potete fare affidamento solo sui sottotitoli nella nostra lingua, inspiegabilmente minuscoli rapportati agli altri elementi dell’hud, a meno di masticare perfettamente il british. Non bisogna dimenticare neppure il complesso sistema di costruzione del personaggio, che in quanto a personalizzazione farà godere ogni appassionato: si possono sbloccare centinaia di armi, armature e pozioni, consultare un bestiario e le schede degli NPC, potenziare i poteri da Witcher e guadagnare punti abilità da spendere in un albero vastissimo e vario.

Molti di questi elementi sono inoltre regolati da un sistema di compravendita delizioso e complesso che coinvolge mercanti, fabbri e locandieri dei regni. Per spiegare invece l’espressione “investimento a lunghissimo termine” bisogna parlare delle decine e decine di quest (principali e non) che si incontrano lungo la strada, tutte differenti e pronte a tenervi incollati allo schermo per centinaia di ore di gioco. Bisogna aggiungere al montepremi anche quattro livelli di difficoltà, due di questi davvero impegnativi e fondamentali per portare a casa tutti i trofei e gli obiettivi, e un gioco di carte in-game come il Gwent per capire definitivamente che ci troviamo dinanzi ad uno dei videogiochi più longevi degli ultimi anni (per non osare a dire di tutti i tempi).

In conclusione

I ragazzi di CD Projekt RED hanno dunque regalato al mondo un’opera colossale, dallo scheletro assolutamente magistrale e capace di divertire e intrattenere su molti fronti. Non priva di difetti certo, ma comunque importantissima all’interno del genere di riferimento e non solo. Per goderne a pieno però bisognerebbe evitare, laddove possibile, le versioni per console e buttarsi a capofitto su un PC di fascia alta, capace di farvi volare a 60fps senza troppe rinunce a livello grafico. Le versioni PlayStation 4 e soprattutto Xbox One, che soffre anche di una risoluzione ridotta e un’immagine costantemente più sfocata, cadono sotto il peso degli elementi e non sempre riescono a garantire una fluidità ottimale, anche dopo l’ultima patch 1.04 (almeno su PS4, Xbox One è ancora in attesa del rilascio). Niente che possa compromettere totalmente il titolo, ma sicuramente un fattore importante da mettere in conto. Esclusi i cavilli tecnici, parliamo in ogni caso di uno dei migliori titoli attualmente disponibili, un autentico must per gli appassionati di Action RPG.