XVIII Romics: chi si ferma è perduto? [EDITORIALE]

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Bisogna dare per scontato una cosa molto importante prima di approcciarsi, nel 2015, ad un festival del fumetto (e altro) come il Romics: quelli che prima erano argomenti ed interessi che appassionavano una “cerchia ristretta” di persone, ormai sono di pubblico dominio. Questo significa, direttamente, che masse enormi di gente rispondono al richiamo dell’aggregazione per tali occasioni, masse composte da conglomerati più disparati di figure umane, molte delle quali non sono neanche lontamente interessate a quello che viene mostrato, quanto piuttosto a fare – appunto – massa. Non essendo questi i lidi per discutere di quanto questo esperimento sociologico sia più o meno riuscito, sicuramente però una questione da sollevare, e importante, c’è: esiste ancora spazio per l’appassionato o il curioso, quello che vuole incontrare i suoi autori preferiti, che magari è alla ricerca di un albo/gioco/gadget particolare, o che comunque vorrebbe osservare quello che viene mostrato, le parate di cosplay, e non essere parte di una folla in continuo movimento?

Il discorso vale ovviamente non solo per il Romics, ma per qualsiasi festival simile (Lucca Comics, Napoli ComicCon etc), e la risposta è paradossalmente sempre la stessa: sì, tu appassionato là fuori alla ricerca di un pomeriggio di svago ed incontri, ci sarà sempre un posto in fiera per te. Il problema è come esso viene gestito e, purtroppo per quanto riguarda il Romics, qui casca l’asino: i grandi padiglioni sono spesso confusionari e comprendono troppe cose disparate, per cui diventa quasi impossibile assistere alla proiezione o all’incontro senza comunque essere circondati dal flusso di persone di cui si parlava sopra.

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Qui si rompe la magia, l’intimità che dovrebbero avere determinati appuntamenti nel grande palinstesto della Fiera del fumetto romana. Dov’erano Francis Manapul (disegnatore di Flash), Bruno Bozzetto, Christian De Vita (storyboard artist per Tim Burton e Wes Anderson)? Erano là in mezzo, vicini ma lontanissimi, attaccati a microfoni e ad altoparlanti che non coprivano il brusio della folla. Possibili soluzioni? Settorializzare il tutto, rendere gli spazi meno aperti ma più caratteristici: si differenzia il tipo di fruibilità e quindi il tipo di pubblico.

Sia ben chiaro, tutti hanno diritto di partecipare e di festeggiare come megliono credono, di cose da fare ce ne sono tantissime anche per chi vuole partecipare in maniera “usa e getta”, come camminare e fare foto ai (bellissimi) Xwing e DeLorean portati nei padiglioni e dare la caccia al cosplay migliore, ma se festa deve essere, deve esserlo per tutti. La festa del Romics è stata questo, ma oltre i selfie dovrebbe esserci anche una sostanza che, se non si ha la pazienza e la determinazione di cercare, rischia di scomparire completamente davanti ai nostri occhi, ed è un peccato, perché di potenziali cose da fare e vedere ce n’erano e non poche – come abbiamo appena ricordato. Nella galleria in alto potrete notare come anche quest’anno ci fossero cosplayer splendidi e ottime mostre. Peccato che chi si ferma, o si vuole fermare, sia perduto.