Twin Mirror, la recensione per Xbox One

Si dimentica ma non si cancella

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twin mirrors recensione xbox one

Scavare nei ricordi e nel passato può essere doloroso e Twin Mirror, il titolo della nostra recensione per console Xbox One, ce ne dà un bel assaggio. Dopo le avventure romantico/paranormali, Dontnod Entertainment cambia registro. Non si tratta di una rivoluzione nel genere, ma solo si una scelta narrativa diversa. La vicinanza di Bandai Namco, in qualità di publisher, si sente e vede. Sicuramente è un videogioco “più commerciale” ma non per questo banale. Il ritmo del gameplay è lento e ragionato come tutti i giochi che portano la firma della software house parigina. Questa volta, però, di romantico non c’è molto.

Twin Mirror richiede le nostri doti di detective. Intuito e ragionamento vi faranno progredire nel gioco. Come sempre torna il famoso “butterfly effect”. Questa volta è un po’ più sottile e meno dichiarato rispetto a Life is Strange e Tell me why. Resta, comunque, il fatto che di scelte ne dovrete fare tante e tutte che influenzano il finale. D’altronde è un avventura unica per cui era l’unica strada per invogliarvi a rigiocarlo una volta finito.

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Gli eventi si svolgono a Basswood, una piccola cittadina della West Virginia. Vestirete i panni di un giornalista di nome Sam, un tipo curioso che non si ferma davanti a nulla pur di trovare e dimostrare la verità. Egli rientra nella sua città natale dopo circa due anni di assenza, costretto dalla scomparsa del suo migliore amico. Le circostanze della morte sono poco chiare ed ecco che da qui inizia la vostra avventura.

Il gameplay di Twin Mirror presenta due livelli di comprensione, quello del mondo reale e quello della mente di Sam. Il passaggio tra i due avviene in determinati momenti del gioco, e serve ad accedere al palazzo della memoria del giornalista. Questo dualismo dimensionale è il leitmotiv del gioco, anche se dovrete fare i conti con la vostra coscienza. Vi lasciamo, quindi, alla nostra recensione di Twin Mirror, titolo, vi ricordiamo, giocato in versione Xbox One.

Un pericoloso butterfly effect

Dontnod Entertainment è un po’ “fissata” con il fenomeno del butterfly effect. Ogni scelta, domanda, risposta e azione che siano, innesca degli eventi. Non esiste un solo modo per giocare e non ha nemmeno senso porsi un quesito del genere. Almeno in Twin Mirror. Sin dall’inizio bisogna accettare il fatto che non esiste il concetto di “scelta giusta”. Ha senso, invece, parlare di coerenza. Se si sceglie di seguire una condotta comportamentale la si deve seguire sino alla fine dell’avventura. I vari personaggi, a seconda del rapporto instaurato, vi danno delle risposte piuttosto che altre.

A seconda del tipo di interazione che avete con il soggetto/oggetto “X” di turno, Sam potrà o meno accedere al palazzo della memoria. Questo è un luogo in grado di nascondere l’insicurezza del giornalista, denso di sensi di colpa e tanto dolore sopito. Qui si svolge la seconda metà del gameplay. Quasi come se volesse verificare se in quel suo database sinaptico si cela una parte della verità, con i ricordi nel ruolo di indizi. Man mano che si accede a questo archivio mentale si compila il diario dei personaggi, utile per capire relazioni e connessioni.

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Il sospetto che, sotto sotto, tutti nascondano qualcosa è piuttosto chiaro sin da subito. Dovete voi capire “cosa” e “come” sbloccarli. Una volta compresi i vari membri della comunità di Basswood, capire a chi chiedere sarà piuttosto facile. Non vi nascondiamo che il fattore “scontato”, dopo qualche ora di gioco, appare piuttosto evidente. Alcuni di voi potranno definirlo tale, altri invece lo chiameranno carattere. Anche perché ogni personaggio ne ha uno è quindi conoscere chi si ha davanti è utile per capire cosa andare a chiedere e come farlo.

Per lo sviluppo del gioco è stato utilizzato l’Unreal Engine 4.0. Questa scelta paga bene per via delle ambientazioni, dense di natura e riflessi di luce. Sebbene Twin Mirror non sia tutto ambientato “all’aperto”, in quelle poche volte che vi prendete una bella boccata d’aria fermatevi qualche istante a contemplare quello che vi circonda. Anche il design in generale, dagli oggetti di gioco sino a quello dei personaggi, è ben curato.

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D’altronde non ci si poteva aspettare altro da Dontnod. Ricordiamoci sempre che nel team di sviluppo ci sono signori che hanno lavorato per Ubisoft, Criterion Games ed EA. Diciamo che qualche cosa la capiscono insomma, e in Twin Mirror, rispetto magari ad altri giochi realizzati prima, questa competenza si vede.

Tanti personaggi in cerca di una storia

Il gameplay di Twin Mirror rientra all’interno di quello che tipico delle avventure grafiche interattive. Il punto di forza del titolo, marchio di fabbrica dei giochi firmati dalla software house parigina, è la logica condizionale. A ogni nostra scelta corrisponde una conseguenza. Può essere riduttiva come meccanica ma la struttura del gioco è questa. In pratica è come se giocaste in un film e voi vestite i panni del regista di turno, scegliendo “il cosa” e “il come”. Non è escluso che in alcuni punti soffriate del problema della ripetitività. È piuttosto normale.

Dontnod Entertainment ha puntato moltissimo sulla storia e sui personaggi, dipingendoci intorno un alone di malinconia e mistero. È come se tutti sapessero tutto, e deliberatamente nascondono qualcosa. Ne abbiamo visti tanti di film e serie TV così e Twin Mirror, ambientati in strani paesini dove occhi e orecchi vedono e ascoltano ma non parlano. Il povero Sam si trova coinvolto, a suo malgrado, in qualcosa in cui lui stesso sembra aver provocato con la sua improvvisa partenza.

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Il compito del giornalista, quindi, è anche quello di ricucire quel “gap” creato con i vari personaggi e capire cosa è successo realmente. Il compito del palazzo della memoria è, infatti, non solo quello di elaborare le informazioni ma anche di ricordare eventi passati, sia essi belli che dolorosi. Come un grandissimo hard disk visuale. Sam individuerà gli elementi utili e li utilizzerà per condurre la sua personale indagine. In tutto questo, però, ci si mettono i vari personaggi, che non subiscono la storia ma ne fanno parte in tutto e per tutto.

A differenza dei titoli precedenti, Dontnod Entertainment non si è limitata a curare solo i personaggi principali ma anche quelli che possiamo definire secondari. Vanno, ovviamente, “sbloccati” nel corso del gioco. Non potete aspettarvi che vi dicano tutto e subito e dovete prestare la giusta pazienza. La sig.ra Fletcher non scopriva l’assassino alla prima scena, per cui immergetevi anche voi nella storia e scegliete e uno dei tanti percorsi che il destino ha disegnato per voi.

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Il commento

Ed eccoci giunti alla fine della nostra recensione di Twin Mirror, giocato nella sua versione per console Xbox One. Un uscita non più solitaria per Dontnod Entertainment, affiancata da Bandai Namco. Il tocco del famoso publisher è piuttosto evidente, sia sulle meccaniche di gioco che sulla storia. Le tematiche trattate sono diametralmente opposte a quelle dei giochi precedenti Dontnod. Questa volta, infatti, si vanno a toccare argomenti più vicini a noi, con lo stile e il ritmo di gioco che fanno il resto. 

La logica episodica si interrompe, anche se, a nostro parere, questo titolo era perfetto per essere suddiviso in puntate. Al pari di una serie TV, e la similitudine è cercata. La parte investigativa e narrativa convivono senza problemi, alternate da momenti “filler” che non sai se hanno senso per lo svolgimento del gioco oppure no. Non è un avventura grafica per tutti quelli che cercano un qualcosa alla Residenti Evil o Silent Hill. Twin Mirrors è sintonizzato su una frequenza diversa, ma non per questo non apprezzata.

RASSEGNA PANORAMICA
Grafica
9
Sceneggiatura
8
Gameplay
8
Controllo
8
Longevità
8
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twin-mirror-xbox-oneLe tematiche trattate sono diametralmente opposte a quelle dei giochi precedenti Dontnod. Questa volta, infatti, si vanno a toccare argomenti più vicini a noi, con lo stile e il ritmo di gioco che fanno il resto. Non è un avventura grafica per tutti quelli che cercano un qualcosa alla Residenti Evil o Silent Hill. Twin Mirrors è sintonizzato su una frequenza diversa, ma non per questo non apprezzata.