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Journey to the Savage Planet: la recensione per PS4

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Journey to the Savage Planet: la recensione per PS4

Nella recensione di oggi vi parleremo di Journey to the Savage Planet e della nostra esperienza di gioco su console PS4. Typhoon Studios e 505 Games sono stati baciati dalla fortuna. Il lancio del gioco, fino allo scorso mese, era destinato a finire risucchiato nel vortice dell’hype degli imminenti tripla AAA. L’ondata di rimandi, traslazioni e rinvii ha finito per spalancare la finestra di lancio di Journey to the Savage Planet verso un oasi di tranquillità e di pace. Quando si dice al posto giusto al momento giusto.

Ebbene, giocare al nuovo lavoro di questo studio indie emergente in questo clima disteso, è stato sicuramente positivo. La calma e la tranquillità fanno emergere subito i lati positivi ma, purtroppo, anche quelli negativi. Il gioco mantiene un giusto bilanciamento tra cose che funzionano e cose che sicuramente potevano essere meglio realizzate. Nonostante questo, la prima uscita sul campo per questo giovane studio canadese e senza ombra di dubbio positiva.

Esaurita la nostra consueta (e speriamo non noiosa) introduzione, vi lasciamo alla nostra recensione di Journey to the Savage Planet e al racconto della nostra esperienza di gioco su console PS4.

Il gameplay, un bizzarro milkshake di generi 

Iniziamo la nostra recensione per PS4 di Journey to the Savage Planet con una prima impressione sul gameplay. Il videogioco mostra sin dai primi istanti il suo scopo principale e lo fa con ironia e buona dose di stravaganza. Ci troviamo in una navicella spaziale e ci mettiamo poco a realizzare che il nostro mezzo di trasporto è in panne. Su un monitor di servizio appare il volto di Jason Tweed, il nostro boss e il capo della Kindred Aerospace. Dopo essersi vantato di essere il leader della quarta miglior compagnia di spedizioni a livello interplanetario, Mr. Tweed mette subito in chiaro il meta del gioco.

Esplora, cataloga e sopravvivi. Il piccolissimo problema è che le ristrettezze finanziarie in cui versa la nostra compagnia, permette un viaggio di sola andata per cui, oltre al nostro lavoro di esploratore, dobbiamo anche ingegnarci nel come trovare le risorse necessarie per tornare a casa. Ah ci stavamo dimenticando un ennesimo piccolissimo dettaglio: gli atterraggi, in questi selvaggi e inesplorati pianeti sono sempre un po bruschi per cui può manifestarsi l’eventualità (sempre) che la nostra astronave subisca dei danni. E quindi, oltre al ruolo di esploratori e raccoglitori, dobbiamo anche fare gli straordinari con dei lavori di meccanica spaziale.

Superato quello che possiamo dire il lifemotive del videogioco, ci rendiamo subito conto del significato delle parole di Jason Tweed. Il primo pianeta, ARY-26, presenta una flora e una fauna tanto bella quanto pericolosa. Non sappiamo, di primo impatto, riconoscere quali saranno le possibili ostilità. Ed è qui che viene fuori il primo genere del gameplay, quello tipico di un FPS, dove si vive un’esperienza in prima persona, godendo l’azione in maniera immersiva. Per identificare meglio ciò che ci circonda possiamo utilizzare uno scanner che ha il compito di scansionare l’ambiente circostante. Notiamo subito che lo strumento evidenzia quali saranno gli obiettivi da catalogare.

Il level design non è quello tipico di un FPS. La linearità non appartiene a Journey to the Savage Planet. Gli scenari si sviluppano sia in lunghezza, che in altezza, ma anche in profondità, generando un breve ma iniziale smarrimento spaziale. Dura poco perchè ci si accorge subito che non è un open world bensì una serie di simpatici rompicapo. Ed è qui che viene fuori un’altra faccia del gameplay: il suo animo puzzle.

Journey To The Savage Planet recensione ps4

In realtà questo si fonde anche con un’altro aspetto, quello del crafting dei componenti. Vi sono determinate aree del gioco che possono risultare inaccessibili senza un adeguato equipaggiamento. Per accedere a piattaforme aeree, superare piante carnivore o effettuare dei salti inumani, si devono raccogliere le giuste risorse e, quando si raggiungono i requisiti del progetto, recarsi nella navicella spaziale. Qui troveremo una stampante 4D in grado di dare vita a qualsiasi nostra esigenza.

Tra missioni principali e missioni secondarie, utili per sbloccare sempre nuovi progetti, il gameplay si sviluppa seguendo l’andamento narrato. Ma il passaggio da originale a ripetitivo è veramente un attimo. Il livello di sfida è alimentato dai boss di livello che, seppur forti e duri a morire, presentano dei punti deboli non di difficile individuazione. Una volta individuato il pattern di attacco, diventa anche piuttosto facile schivare i pericolosi colpi.

I colori del divertimento

È tempo per la nostra recensione PS4 di Journey to the Savage Planet di affrontare un argomento un po’ atipico per un videogioco: il carattere. Siamo abituati a giocare con videogiochi privi di un impronta caratteriale ben definita, dove le dinamiche e le meccaniche del gameplay sono l’aspetto sui cui si fonda la nostra esperienza finale di gioco. Si guarda alla grafica, ai DLC eventuali, ai contenuti del season pass ma non ci si sofferma abbastanza sul vero lavoro svolto dagli sviluppatori. Nella realizzazione di un videogioco, ogni persona impegnata lascia qualcosa di suo, come se fosse un lascito per i gamer che decideranno di giocare alla loro creazione.

Questo aspetto, quasi metafisico, è ben presente in Journey to the Savage Planet. Sin dal primo istante di gioco si respira un aria di goliardia e divertimento. Una voglia di divertire e far sorridere chi sta dall’altra parte del joypad, senza però distrarsi dalla missione di esplorazione.

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Questa impronta caratteriale non si evince solamente dal ritmo e dallo stile narrativo, ma è anche presente nel design delle ambientazioni, delle creature, nei movimenti (talvolta goffi) del personaggio, dall’equipaggiamento utilizzato e soprattutto dagli schemi cromatici presenti intorno a noi.

Questo aspetto è quasi subliminale rispetto all’esperienza generale di gioco. E quella cosa a cui devi farci caso per accorgerti della sua presenza, altrimenti viene inghiotta dal “solito” modo di vedere un prodotto videoludico. Riteniamo, quindi, doveroso aver speso parole per sottolineare questa bella caratteristica di Journey to the Savage Planet. Ci piace pensare che, durante la sua realizzazione, i ragazzi di Typhoon Studios si siano divertiti e che parte di questo loro divertimento sia stata assorbita dal meta del gioco. In fondo anche un videogioco ha un anima.

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Consigli per un sano divertimento

Terminiamo la nostra recensione per PS4 di Journey to the Savage Planet fornendo dei brevi consigli per godersi fino in fondo questo simpatico titolo. Ricordatevi sempre quali sono gli obiettivi della vostra missione e cercate di memorizzare posti e luoghi in prima battuta inaccessibili. Anche se la voglia di procedere con il classico rush è tanta, spendete del tempo anche nelle attività collaterali. È vero che in circa 10/12 ore arriverete alla conclusione della vostra avventura ma non abbiate fretta e godetevi quello che vi offre il gameplay.

In maniera quasi didattica, il computer di bordo, che parla inglese con sottotitoli in italiano (un po’ troppo piccoli), ci guida nel corso dell’esplorazione. Fate attenzione ai suggerimenti forniti sul level design. Se davanti a voi trovate degli ostacoli insormontabili, il vostro grillo parlante elettronico vi indicherà cosa vi serve per superarlo.

L’equipaggiamento, nel corso della vostra avventura, cambia e vi migliora, rendendo possibile ogni cosa, se ve le ricordate nel posto e nel momento giusto.

Journey To The Savage Planet recensione ps4

Siamo dunque arrivati alla conclusione del nostro viaggio e della nostra recensione per PS4 di Journey to the Savage Planet. In linea di massima il gioco si è dimostrato quello che ci aspettavamo. Non tradendo le aspettative, ha saputo divertire con un gameplay modesto. Non è senz’altro il gioco dell’anno o quello che ti cambia la vita ma è un buon primo tentativo per questo studio canadese emergente. L’ombra della ripetività oscura, per ovvie ragioni, gran parte degli aspetti positivi presenti ma non invalida l’esperienza generale di gioco. Buona la prima.