Crash Team Rumble, la recensione su Xbox Series X

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Dopo la closed beta dello scorso maggio si torna di nuovo sulle arene di Crash Team Rumble, il titolo di questa nostra recensione della versione per console Xbox Series X. Activision e Toys for Bob tentano la strada del MOBA, mettendo in campo 8 personaggi iconici della serie e riaddattando alcune meccaniche “platformiche” per confezionare una formula di gameplay inedita. L’operazione è riuscita in parte, con un modello di monetizzazione che definire discutibile è un mero eufemismo. 

Di materiale buon in Crash Team Rumble ce ne parecchio e se siete alla ricerca di un titolo in grado di far andare d’accordo il “competitivo” con del sano e spensierato divertimento siete decisamente nel posto giusto. Al netto di quest’ultima affermazione, vi lasciamo alle parole della nostra recensione di Crash Team Rumble, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console Xbox Series X

Crash Team Rumble

L’alba dei platform PvP

Crash Team Rumble è il classico esempio di ottima idea mal capitalizzata (principalmente dal punto di vista commerciale, più che dare la colpa gameplay). Avremo tempo e modo per analizzare quello che non ha funzionato e il margine di miglioramento “ipotetico”, motivo per cui affrontiamo prima l’argomento gameplay, analizzando la formula di gioco. Il franchise, al netto di qualche esperimento e deviazione (ed anche di questo parleremo in seguito), è sempre stato vissuto in formato platform. Sin dai tempi dell’ehi fu Playstation 1, ci siamo divertiti a saltare, collezionare Wumpa, rompere casse e ottenere potenziamenti, in vista del miniboss di livello.

La filosofia base di Crash Team Rumble è rimasta pressoché invariata, mutando quell’ossessiva e compulsiva necessità di raccolta come chiave per la vittoria. Vince, infatti, chi per primo raccoglie ben 2000 frutti Wumpa e li deposita nella propria base. Il come farlo, invece, è tutto da scoprire. 2 squadre da 4 giocatori che si affrontano all’arma bianca (o quasi), correttamente e/o con qualche scorrettezza “autorizzata”. Al momento della presente recensione, Crash Team Rumble offre 8 personaggi giocabili che rientrano in 3 categorie ben precise: marcatori, difensori e potenziatori.

Il bello è che, di questi 8, solo 3 sono presenti sin da subito (Dingodile, Crash e Coco), ognuno già incluso in una di quelle 3 categorie prima indicate. I restanti (Cortex, N.Brio, N.Tropy, Catbat e Tawna) vengono sbloccati man mano che si gioca e si avanza di livello. Lo stimolo arriva, dunque, dalla possibilità di sbloccare nuovi meta e stili di gioco, e non si ha mai l’impressione di qualche libera ispirazione di troppo tra i protagonisti. Ognuno e fortemente caratterizzato ed ancorato al suo ruolo di categoria.

Avendo già avuto modo di provare la closed beta lo scorso maggio, siamo andati subito a verificare se quelle criticità allora segnalate erano state opportunamente valutate (e quindi migliorate). Le difficoltà sul matchmaking – almeno nel corso delle prime partite – ci sono ancora, ma non abbiamo la certezza che le problematiche siano solo lato server. L’impatto sul pubblico non è stato dei migliori motivo per cui il numero di giocatori connessi non spiccherà per cifre elevate. Lato bilanciamenti, invece, il lavoro svolto è stato pregevole.

crash team rumble closed beta

Il “paradosso” dell’effetto nostalgia

Noi, giocatori, abbiamo un brutto “vizio”, quello di fare confronti ancora prima di toccare un gioco con mano. Fa parte del nostro DNA, un retaggio dell’epoca cartacea, quando si leggeva di gaming sulle riviste di settore, quando l’informazione videoludica giungeva di mese in mese. Ricordando i bei tempi che furono, la nostra memoria muscolare ci porta al cospetto di Crash Bash.

Correva l’anno 2000, Naughty Dog non era più al timone della sua fortunata IP e Sony decise creare un party game per rompere le scatole a Mario Party. Lo sviluppo venne affidato alla britannica Eurocom, con il design nelle mani di un signore chiamato Mark Cerny (ebbene sì, è proprio quel Cerny). Il gaming competitivo online era ancora fantascienza, e la sfida avveniva in locale. Anche all’epoca i personaggi giocabili erano 8, coinvolti in simpatici minigiochi che non spiccavano per differenziazione.

Ironia della sorte, un problema che riscontriamo anche in Crash Team Rumble, per quanto poi paragonarli non abbia assolutamente alcun senso. Il nuovo gioco di Toys for Bob non ha nulla del concetto di “party game”. Si tratta di un gioco competitivo a squadre online, dove il coordinamento tra i vari membri del team è fondamentale. Ogni partita ha una storia a se, che inizia nel momento in cui decidiamo in che ruolo scendere in campo. La classe disegna un preciso stile di gioco, fatto di abilità, mosse speciali e caratteristiche base del personaggio.

La presenza di una piccola componente RPG, unita alla possibilità di sbloccare dei nuovi personaggi iconici della serie, invoglia il giocatore a dedicare del tempo alla crescita dei vari PG a disposizione. La minestra, finito l’effetto WOW iniziale, diventa, però, sempre la stessa.

crash team rumble closed beta

Il problema sta nel non crederci

Activision e Toys for Bob non hanno avuto le idee molto chiare per questa nuova avventura che vede impegnati Crash & Co. darsele di santa ragione. In un momento storico dove i giochi competivi MOBA style sono quasi tutti free-to-play, la scelta di non optare per un modello di monetizzazione in linea con il mercato lo colloca, a prescindere, in una posizione scomoda rispetto alla concorrenza. Il perché di questa scelta, ad oggi, a noi è ancora poco chiaro.

Ci sono tante e troppe criticità che, legate al fatto stesso che il gioco ha un prezzo base fisso, amplificano di parecchio la loro portata. Sul banco degli imputati sale subito l’assenza di modalità alternative di gioco rispetto a quella principale. Rievocando Crash Bash, qualche libera ispirazione poteva anche funzionare, magari fornendo diverse interpretazioni ludiche del concetto di competizione. E magari, in tal senso, alcuni momenti di sano “party game” potevano essere utili alla causa.

I livelli di gioco sono pochi, troppo lineari e subiscono passivamente la presenza dei giocatori. Occorre ricordare che il bello della serie Crash era quello di riuscire a sopravvivere ad un mondo di gioco ostile, dove l’ambientazione fungeva da 12esimo nemico in campo, parafrasando un termine calcistico. Un tratto distintivo, un marchio di fabbrica che non trova spazio in un gameplay dove poteva ritagliarsi un posto privilegiato e aggirare l’annoso problema della ripetitività.

PANORAMICA DELLE RECENSIONI

Prime impressioni
8.0
Contesto di gioco
7.5
Controlli/Gameplay
7.5
Dimensione artistica
7.0
Intrattenimento
8.5

Sommario

Activision e Toys for Bob tentano la strada del MOBA, mettendo in campo 8 personaggi iconici della serie e riaddattando alcune meccaniche "platformiche" per confezionare una formula di gameplay inedita. L'operazione è riuscita in parte, con un modello di monetizzazione che definire discutibile è un mero eufemismo. 
Dino Cioce
39 anni, sposato e padre di due bellissimi bambini; anche se il tempo è poco e gli impegni sono tanti, trovo sempre un momento per dedicarmi al mio mantra e al mio credo. I AM A GAMERCRACY
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Activision e Toys for Bob tentano la strada del MOBA, mettendo in campo 8 personaggi iconici della serie e riaddattando alcune meccaniche "platformiche" per confezionare una formula di gameplay inedita. L'operazione è riuscita in parte, con un modello di monetizzazione che definire discutibile è un mero eufemismo. Crash Team Rumble, la recensione su Xbox Series X