The King of Fighter XV, la recensione su Xbox Series X

Round XV, Fight.

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Botte da orbi con The King of Fighters XV, il titolo della nostra recensione per console Xbox Series X. Abbiamo perso il conto, ma possiamo solo dirvi che la prima volta che abbiamo avuto l’onore di sferrare il primo colpo era il lontano 1994. Non c’era il comfort della poltrona di casa, ma si stava in piedi davanti ad un cabinato. Il successo di questa saga inizià nelle sale giochi tutto il mondo, prima di diventare ad uso e consumo di tutti. Nel 2004 abbandonò il suo format “annuale” per passare a quello “numerale”, più consono oltre che razionale.

Nonostante questo, l’identità non è mai cambiata. La concorrenza vedeva Street Fighter, Tekken e Mortal Kombat che lasciavano pochi spazi di manovra, ma i fedelissimi erano sempre lì, anno dopo anno, pronti per una nuova stagione di incontri. Nelle intenzioni iniziali di SNK, The King of Fighters doveva essere un titolo che viveva di luce riflessa. Ospitava, infatti, i personaggi di spicco di altri giochi di successo come Art of Fighting, Psycho Soldier, Fatal Fury e Ikari Warriors. E come succede in questi casi, quello che doveva essere un esperimento “a perdere” è divenuto, invece, una parte della grande e bellissima storia dei videogiochi.

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Ma non basta solo il nome per “campare” di rendita. Occorre anche la sostanza. Ed ecco che, seppur in maniera timida rispetto alla concorrenza, gli sviluppatori giapponesi hanno cercato di stare al passo con i tempi, rispettando sempre i principi della saga. Non è un caso che il passaggio dal 2D al 3D sia avvenuto quest’anno in maniera ufficiale, tralasciando la picola parentesi di Maximum Impacts. Anche un mostro sacro come Samurai Shodown, alla fine, si è dovuto arrendere alle tendenze del momento. The King of Fighters XV spinge l’acceleratore anche su una maggiore accessibilità, provando a scrollarsi di dosso quella difficoltà iniziale di base che lo ha sempre contraddistinto.

Sono solo alcuni degli aspetti che andremo ad analizzare in questa nostra recensione di The King of Fighters XV, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console Xbox Series X.

Semplice o accessibile?

Siamo soliti pensare che il genere di picchiaduro non sia caratterizzato da un elevata complessità. L’importante è essere svegli e stare sempre sul pezzo in termini di reattività e combo. The King of Fighters XV è stato sempre una mosca bianca, è questo vale sia delle sue origini. Non bastava solo menare le mani, ma doveva esserci un minimo di strategia di base. Non è un caso l’esistenza del livello di guardia, che smonta ogni forma di logica “troppo attendista”. Se l’avversario trova una breccia nella vostra difesa potete fare ciao ciao ai vostri punti in men che non si dica.

Al tempo stesso, però, non è nemmeno facile impostare una tattica offensiva senza conoscere prima i vizi e le virtù del personaggio e degli altri due compagni di squadra. A vostra disposizione l’arsenale offensivo, in termini di colpi e combo, è devastante ma non è gratis. Si deve sempre pagare un tributo, che sia di punti vita o di un potenziale fianco scoperto. In tutto questo marasma, SNK tenta di mettere un po’ di ordine e rendere il gioco più accessibile. Badate, questo non coincide con semplice e/o banale, ma solo con una curva di apprendimento che spaventa meno persone rispetto al passato. Il tutorial base aiuta in questa missione, ponendo degli incarichi da portare a termine che diventano, man mano, sempre più complessi. È come una specie di training on the job, dove si impara giocando in maniera molto tranquilla.

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Per quanto la decisione di abbandonare la tecnica dello sprite in 2D in favore di una tridimensionalità più moderna, è già un grande passo avanti verso il cambiamento, prima ancora delle meccaniche di base del gameplay. Tornano le EX e il Max Mode, due modi per massimizzare la potenza degli attacchi e capitalizzare il round. Di contro, fanno paura gli Shatter Strike, una specie di contromossa che scaraventa il nemico lontano da noi. Le animazioni delle supermosse sono una pura delizia a livello visivo, per quanto lo spettacolo, talvolta, distoglie l’attenzione dal combattimento. E poi sono dolori.

Tornando sul concetto di accessibilità, un grande passo avanti lo abbiamo individuato nelle cd. Autocombo. Un modo, questo, per aiutare i neofiti che non conoscono l’elenco completo delle mosse e che sono soliti abusare dello smashing buttons. Il sistema riconosce questo tipo di approccio e aiuta il giocatore con delle combo extra. Ma e solo una mera illusione, soprattutto quando si approda nel competitivo online. Una piccola parentesi su questo aspetto è più che doverosa. Il netcode è stato rivisitato per garantire una maggiore stabilità, in vista di un sospirato aumento della base d’utenza. L’obiettivo è quello di entrare nell’olimpo degli esports, con l’intento di farci le radici.

Puntare al futuro, rispettando il passato

The King of Fighters è stato, da sempre, visto come quello “diverso”. Rispetto a Samurai Shodown – aiutato dal fatto che l’ambientazione e i personaggi erano oggettivamente diversi – egli entrava in concorrenza diretta con Street Fighter. E pensare che KOF ’94 arrivava nell’anno di Street Fighter II Turbo, considerato da molti uno dei migliori capitoli in assoluto dell’intera serie. Eppure, quell’esperimento di SNK, aveva già all’epoca creato un’interessante alternativa. L’aspetto strategico era inedito per un picchiaduro a incontri.

Gli sviluppatori hanno capito che era su questo che bisognava puntare per non essere costretti a mangiare le briciole lasciate da Capcom e così è stato, anno dopo anno. Il momento più brutto è stato vissuto nel momento del fallimento di SNK, con il futuro del marchio appeso un filo. The King of Fighters XIV arrivava dopo ben 6 anni dal tredicesimo capitolo, con quella serialità annuale divenuta ormai solo un vecchio ricordo. Le sale giochi non esistono più, e i gettoni dei cabinati si sono evoluti nei migliaia di euro che gli esport sono in grado di generare.

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Ed ecco che la volontà di rendere il gioco più accessibile e anche un modo per creare un numero maggiore di potenziali giocatori che punteranno verso loro. Questo non significa abbassare la complessità del gameplay, marchio di fabbrica della saga, ma solo renderlo più comprensibile. In questa missione, il tutorial base è ancora lontano da questo intento, dando troppo per scontato alcuni aspetti e senza mai approfondire quelli più complessi.

Bisogna, però, dare a “Cesare quello che è di Cesare”. Il roster di partenza, se paragonato con quello della concorrenza, è di altissimo livello. Si parte con circa 40 combattenti, che si affronteranno in match classici e in modalità Storia. Quest’ultima non sorprende per profondità narrativa, salvo alcuni personaggi che hanno delle cut-scene dedicate. Ci sono delle grandi assenze, questo va evidenziato, ma il programma DLC è già pronto sui blocchi di partenza. Un buon pretesto per seguire il gioco verso il prossimo capitolo.

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In conclusione

The King of Fighters XV ci ha divertito, come lo ha fatto in passato. Lo possiamo definire quasi una sicurezza, anche se il nostro giudizio è alterato per colpa del background. Conosciamo i fratelli Bogard già dagli anni 90, quando investivamo la paghetta nei gettoni delle sale giochi. Ed è con quello ricordo che oggi apprezziamo quello che è diventato. La filosofia di base non è mai cambiata, sebbene ogni anno siamo lì a ripassare le mosse e le supermosse. 

Quest’anno possiamo dire compiuto il passaggio ad una grafica 3D completa, al pari degli altri picchiaduro della concorrenza. Una transizione obbligata per stare al passo con i tempi. Le meccaniche di gameplay sono state riviste in chiave accessibilità, anche se la curva di apprendimento è ancora molto ripida. Ci rendiamo conto, per chi si vuole avvicinare alla saga per la prima volta, che è uno scoglio importante da superare. Riconosciamo, però, che tra i picchiaduro a incontri in circolazione, non esiste nulla di così stratificato. 

PANORAMICA DELLE RECENSIONI

Grafica
8
Gameplay
8
Controllo
8

Sommario

Quest'anno possiamo dire compiuto il passaggio ad una grafica 3D completa, al pari degli altri picchiaduro della concorrenza. Una transizione obbligata per stare al passo con i tempi. Le meccaniche di gameplay sono state riviste in chiave accessibilità, anche se la curva di apprendimento è ancora molto ripida. Ci rendiamo conto, per chi si vuole avvicinare alla saga per la prima volta, che è uno scoglio importante da superare. Riconosciamo, però, che tra i picchiaduro a incontri in circolazione, non esiste nulla di così stratificato. 
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Quest'anno possiamo dire compiuto il passaggio ad una grafica 3D completa, al pari degli altri picchiaduro della concorrenza. Una transizione obbligata per stare al passo con i tempi. Le meccaniche di gameplay sono state riviste in chiave accessibilità, anche se la curva di apprendimento è ancora molto ripida. Ci rendiamo conto, per chi si vuole avvicinare alla saga per la prima volta, che è uno scoglio importante da superare. Riconosciamo, però, che tra i picchiaduro a incontri in circolazione, non esiste nulla di così stratificato. The King of Fighter XV, la recensione su Xbox Series X